mercoledì 19 dicembre 2007

Rom e non-zingari, vicende storiche e pratiche rieducative sotto il regime fascista

Alcuni giorni fa è stato presentato a Roma il nuovo libro di Luca Bravi: “Rom e non-zingari. Vicende storiche e pratiche rieducative sotto il regime fascista”, Edizioni CISU. Luca Bravi è dottore di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Firenze. È autore di pubblicazioni relative alla storia dei Rom e dei Sinti in Europa e si dedicato in particolare a studi sulle persecuzioni subite da queste popolazioni durante il periodo fascista in Italia, sulla didattica della memoria della Shoah e degli altri genocidi. Ha pubblicato il volume “Altre tracce sul sentiero per Auschwitz. Il genocidio dei Rom sotto il Terzo Reich” nel 2002 (edizioni CISU) e ha collaborato con l’Istituto di Cultura Sinta alla pubblicazione del volume “Porrajmos. Altre tracce sul sentiero per Auschwitz”.
Il nuovo libro di Luca Bravi, riprende il lavoro iniziato con l’Istituto di Cultura Sinta nel 2005 sulle persecuzioni subite da Rom e Sinti durante il periodo fascista in Italia, volgendo il proprio interesse su un aspetto poco approfondito fino ad oggi in Italia: la rieducazione.
Infatti la storia delle popolazioni sinte, rom, kalé, manouche e romanichals può essere descritta come un costante processo di rieducazione ed omologazione tentato dagli appartenenti alla cultura maggioritaria (in senso numerico) ai danni di quelle che oggi rappresentano le minoranze più numerose all’interno dell’Unione Europea.
Il moderno progetto di rieducare Sinti, Rom, Kalé, Manouche e Romanichals, nato a partire dalla costruzione di Stati-nazione, si è talmente radicato nella cultura occidentale che è stato riproposto anche in situazioni limite come quella del campo di concentramento.
Vengono così alla luce i documenti che narrano di scuole sorte all’interno dei campi fascisti riservati a Sinti e Rom, in concomitanza con la costruzione di tesi che sostenevano l’inferiorità genetica di queste popolazioni; anche in Italia si stava organizzando una persecuzione razziale.
I governi europei tentarono di rendere i Sinti, i Rom e i Manouche degli “utili cittadini” tramite lo strumento dell’educazione coatta, ma simili esperimenti fallirono tutti miseramente, perché queste popolazioni resistettero.
Gli insuccessi patiti furono giustificati riferendosi a un’asocialità ereditaria che rendeva inutile qualsiasi intervento governativo: era la premessa per l’attuazione di un genocidio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Lo scorso mese di dicembre ho partecipato a parte della conferenza organizzata dal dottor Bravi a Prato dal titolo CITTADINANZE IMPERFETTE, nel corso della quale ha presentato il suo nuovo libro. Ho seguito con attenzione i vari interventi. Mi è piaciuto particolamente quello di un frate francescano, che è stato ospitato per un anno in un campo nomadi. Nel corso del dibattito ha lamentato il buonismo che serpeggiava tra i partecipanti, in merito alla tematica trattata. Devo dire che in parte il frate aveva ragione. Parlare delle persecuzioni subite dai rom durante il regime nazista permette di tenere conferenze in tutta Italia. L'organizzatore della giornata di studi lo sa bene!