giovedì 10 luglio 2008

Ue, l'Italia discrimina i Sinti e i Rom

Il testo della risoluzione votata oggi dal Parlamento europeo sul “censimento dei rom su base etnica in Italia”contiene innanzitutto una “esortazione”alle autorità italiane “ad astenersi dal raccogliere le impronte digitali dei rom, inclusi i minori, e dall'utilizzare le impronte digitali già raccolte, in attesa dell'imminente valutazione, annunciata dalla Commissione europea, delle misure previste”.
Secondo l'Assemblea di Strasburgo, questa modalità d'identificazione degli occupanti dei campi nomadi “costituirebbe chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e l'origine etnica, vietato dall'articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e per di più un atto di discriminazione tra i cittadini dell'Ue di origine rom o nomadi e gli altri cittadini, ai quali non viene richiesto di sottoporsi a tali procedure”
Il governo italiano - e in particolare il ministro Maroni (che ha avuto colloqui diretti con il commissario Ue alla Giustizia, Jacques Barrot, durante la riunione ministeriale informale di Cannes, lunedì scorso) - ha cercato senza successo di scongiurare il voto dell'Aula, tentando di convincere la Commissione di aver già operato delle 'correzioni di rotta' che rendevano ormai obsolete certe accuse contenute nella risoluzione, e il suo stesso titolo.
Prima di procedere al voto, Barrot aveva aggiornato l'Aula sugli ultimi sviluppi intervenuti a seguito dei suoi contatti con Maroni e aveva spiegato quanto la Commissione intende fare per assicurare che la normativa europea sia rispettata. Il commissario aveva riferito anche l'intenzione, manifestatagli dal governo italiano, di raccogliere le impronte unicamente se non è possibile stabilire l'identità delle persone e, per quanto riguarda i bambini, solo a seguito dell'autorizzazione di un giudice.
Il governo aveva informato Barrot, inoltre, che saranno depennate dal censimento le richieste di indicare l'etnia e la religione. Il ministero dell'Interno, ad esempio, ha sconfessato e fatto ritirare i formulari per le impronte digitali e le richieste di precisare etnia e religione, che erano stati distribuiti in un campo nomadi di Napoli e che un eurodeputato aveva inviato per e-mail a tutti i colleghi a Straburgo.
Ma, nonostante il notevole sforzo spiegato (ancora ieri sera, ha detto Barrot, è giunta un'ulteriore lettera di spiegazioni da Roma) e pur contando sull'appoggio in Parlamento europeo del gruppo Ppe e dell'Uen (la formazione di destra in cui siedono An e la Lega), la richiesta di rinvio è stata bocciata, anche se per appena una ventina di voti.

Con la risoluzione, il Parlamento europeo “invita la Commissione a valutare approfonditamente le misure legislative ed esecutive adottate dal governo italiano per verificarne la compatibilità con i trattati dell'Ue e il diritto Ue”
Nel mirino degli europarlamentari, in particolare, è lo strumento della dichiarazione dello stato d'emergenza, attivato con il decreto del governo del 21 maggio, che permette alle autorità di agire in deroga da alcune leggi relative alle garanzie per i cittadini. Gli eurodeputati esprimono “preoccupazione” riguardo “all'affermazione - contenuta nei decreti amministrativi e nelle ordinanze del governo italiano - secondo cui la presenza di campi rom attorno alle grandi città costituisce di per sé una grave emergenza sociale, con ripercussioni sull'ordine pubblico e la sicurezza, che giustificano la dichiarazione di uno 'stato d'emergenza' per 12 mesi”.
L'Europarlamento, inoltre, esprime “preoccupazione” per il fatto che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza per i campi nomadi, i prefetti di Roma, Napoli e Milano, cui è stata delegata l'autorità dell'esecuzione dei provvedimenti, inclusa la raccolta di impronte digitali, “possano adottare misure straordinarie in deroga alle leggi”, sulla base di una legge riguardante la protezione civile in caso di “calamità naturali, catastrofi o altri eventi”. La dichiarazione dello stato d'emergenza su queste basi, osservano gli eurodeputati, “non è adeguata o proporzionata a questo caso specifico”.
Un altro punto qualificante della risoluzione è quello in cui si “condivide la posizione della Commissione, secondo cui questi atti (l'identificazione attraverso il rilevamento delle impronte digitali, ndr) costituirebbero una violazione del divieto di discriminazione diretta e indiretta, prevista dalla direttiva Ue n.2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, sancito dal Trattato Ue”.
Al momento del voto, una maggioranza stabile e netta di centro sinistra è riuscita, con un centinaio voti di scarto, a bocciare tutti gli emendamenti del centrodestra, tranne uno, che era stato presentato dai capodelegazione di An, Roberta Angelilli, e della Lega, Mario Borghezio.
Nell'emedamento approvato si ricorda una precedente risoluzione di Strasburgo in cui si sollecitavano gli Stati membri “a risolvere il fenomeno delle baraccopoli e dei campi abusivi, dove manca ogni forma igienica e di sicurezza e nei quali un gran numero di bambini rom muoiono in incidenti domestici, in particolare incendi, causati dalla mancanza di norme di sicurezza adeguate”.
Per il resto, l'Europarlamento “condivide le preoccupazioni dell'Unicef” e ritiene “inammissibile” che, con l'obiettivo di proteggere i bambini, questi ultimi “vedano i propri diritti fondamentali violati e vengano criminalizzati”, con la raccolta delle impronte digitali.
Sostiene, invece, che “il miglior modo per tutelare i diritti dei bambini rom sia di garantire loro parità di accesso a un'istruzione, ad alloggi e a un'assistenza sanitaria di qualità, nel quadro di politiche di inclusione e di integrazione, e di proteggerli dallo sfruttamento”.
Il testo ricorda anche che i rom sono “uno dei principali bersagli del razzismo e della discriminazione”, come dimostrato “dai recenti casi di attacchi e aggressioni ai danni di rom in Italia e Ungheria. Più in generale, il Parlamento chiede a tutti gli Stati membri di rivedere e abrogare le leggi e le politiche che discriminano i rom sulla base della razza e dell'origine etnica, direttamente o indirettamente, e sollecita Consiglio e Commissione a monitorare l'applicazione dei trattati dell'Ue e delle direttive comunitarie sulle misure contro la discriminazione e sulla libertà di circolazione, al fine di "assicurarne la piena e coerente attuazione”.
Invita poi gli Stati membri a intervenire a tutela dei minori non accompagnati soggetti a sfruttamento, “di qualsiasi nazionalità essi siano”. Gli europarlamentari sostengono che, laddove l'identificazione dei minori sia necessaria, gli Stati membri dovrebbero effettuarla, caso per caso, attraverso procedure ordinarie e non discriminatorie e “nel pieno rispetto di ogni garanzia e tutela giuridica”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Maroni: «Sono indignato, ma il censimento va avanti»

http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=77041

Che cattivoni questi 336 europarlamentari! Maroni vuole solo giocare a "Hitler" e loro non vogliono! ma perchè?...