mercoledì 13 agosto 2008

Roma, Mosca: dialogo e partecipazione

Il caso Roma per i Rom è uno dei più spinosi. Le cronache raccontano di tensioni a volte dure e difficili da risolvere. Come per il Casilino 900, campo non autorizzato e teatro di proteste contro i rom a causa di una serie di incendi di pnemautici. Carlo Mosca, prefetto della capitale, ha scelto però la via del dialogo e, soprattutto, «del riconoscimento e della capacità di capire fino in fondo questa realtà che non conosciamo e che, per questo, non possiamo giudicare a priori».
Ma ci sono convinzioni diffuse e radicate sui nomadi, prefetto. Come l'indisponibilità all'integrazione.
Non è affatto così. Occorre, certo, trovare gli strumenti per capire meglio i fenomeni. È i inaccettabile, però, liquidare tutto con schemi che sfiorano il razzismo.
Cosa sta facendo per questo?
Si parte da un principio: politiche di sicurezza positive. Tradotto, significa valutare le possibilità di impiegare i giovani ragazzi rom, molto bravi nei lavori manuali.
Ha idee precise?
Perché non metterli, per esempio, davanti alle grandi sedi dei supermercati a fare gli sciuscià? Le soluzioni potrebbero essere molte.
Com'è possibile capire il fenomeno senza preconcetti?
Io ho messo al lavoro, oltre all'attività di censimento della Croce Rossa, l'Istituto Guglielmo Tagliacarne e un pool di professori delle università romane.
Oltre al lavoro di censimento e di conoscenza, quali sono gli altri passaggi prioritari?
È f fondamentale aver presente che queste popolazioni hanno la necessità fdi potersi rappresentare. Il dialogo, insomma, deve avvenire anche con loro e non soltanto attraverso le associazioni di volontariato, che possono accompagnarli verso il riscatto.
Un passaggio, quello del riscatto, che attraversa la conquista di condizioni di vita dignitose.
È quello che occorre, con pazienza, realizzare. Per questo lavoriamo anche con il Comune, la Provincia e la Regione.
Lei ha visitato più di un campo: quali sono i dati più significativi?
Abbiamo trovato non solo Rom, Sinti e Caminanti, ma anche disperati di altre nazionalità. Perfino italiani.
Ma che cosa l'ha colpita più di tutto?
I bambini: numerosi, sorridenti e spensierati. Perciò osservo: se una popolazione ha il senso della famiglia, ha il senso del futuro. E l'identità, allora, va conservata.
Resta il solito e non infondato sospetto dell'attività delinquenziale.
L'ho sempre detto: per chi commette reati, nessuna tolleranza. Ma la severità è per i delinquenti, non per tutti. di Marco Ludovico

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