mercoledì 27 maggio 2009

Napoli, la cronaca di un omicidio

Martedì 26 maggio ore 19,45. Attraverso con passo svelto Piazza Montesanto per raggiungere la Funicolare che mi porterà su al Vomero. Nella piazza il solito formicolio di gente che va, che viene, che parlotta, che vende, che osserva. E’ l’ombelico di Napoli: vi confluiscono due linee di metropolitana regionale, la linea della più antica metropolitana d’Italia, la svelta funicolare.
Un via vai di gente di ogni condizione, di ogni età, di ogni colore che a volta forma un vero e proprio ingorgo di persone proprio come nelle più affollate e attive megalopoli del mondo.
La Chiesa di S. Maria delle Grazie ha da poco chiuso i battenti dopo la messa vespertina; i pochi fedeli sono sciamati via. A quest’ora, in questa stagione, nella piazza e nelle strade circostanti cresce l’eccitazione, le voci si fanno più alte. Sta per finire un’altra giornata; le motorette con una, due, tre persone a bordo, tutte rigorosamente senza casco, sciamano in ogni direzione anche attraverso il piazzale pedonale antistante la stazione della Cumana.
In questo animato teatro di caos ordinario avverto subito qualcosa di anomalo. E’ un motorino con due (giovani?) a bordo che risale velocemente contromano via Portamedina irrompendo nella piazza tra la folla, velocemente. Troppo velocemente per l’ordinario caos. A breve distanza due moto più potenti, scure. Ciascuna porta due uomini vestiti di nero con caschi integrali neri. Avanzano altrettanto velocemente. Osservo più incredulo che incuriosito. Alla mia altezza, ad una ventina di metri di distanza, vedo il centauro passeggero della prima moto che estrae una grossa pistola. Si erge sul predellino della moto e così con la pistola nel braccio levato in alto grida qualcosa di concitato in quello che mi sembra essere dialetto napoletano. Intuisco che sta per accadere qualcosa di drammatico e guadagno ... molto coraggiosamente... l’androne della Stazione Cumana. Faccio appena in tempo. Tre – quattro colpi come quelli dei mortaretti di capodanno echeggiano nell’aria. Una marea di gente si riversa dalla piazza all’interno della stazione in preda al panico.. Decido di avviarmi verso la funicolare, più al sicuro. Domani leggerò in cronaca la notizia di un’ordinaria giornata malavitosa.
Sulla terrazza coperta della stazione un mare di persone osserva tra il preoccupato e l’intimorito la sottostante piazza ora ripopolatasi all’inverosimile da curiosi discesi dalle strade e dai vicoli vicini. Supero i varchi liberi della Funicolare (misura di sicurezza?); il trenino non è ancora partito, si attarda. Intravedo nel passetto che mette in comunicazione la piattaforma d’imbarco della funicolare con quella della Circumflegrea un uomo riverso a terra piegato su se stesso; una fisarmonica a terra; un colore scuro che macchia la maglietta a righe dietro le spalle, appena sotto il cuore... Una donna in ginocchio si dispera accanto a lui; mi è sembrata essere rom.

Ritorno correndo sui miei passi e rivolto alla massa di persone che si accalca alla balaustra della terrazza mi sento gridare: “c’è un medico? c’è un medico? c’è una persona ferita là dietro!” . Tre vigilantes si girano di scatto e si precipitano verso il luogo indicato; uno di questi nella concitazione perde qualcosa di metallico che striscia sul pavimento...
Ritorno verso il ferito; il poveretto non si muove più, la donna che era con lui piange in silenzio.
Sulle ampie scale d’uscita della funicolare, una borsa nera ricolma di qualcosa è lì, riversa a terra a metà della rampa. E’ stata abbandonata. D’istinto tento di mettere in relazione quel corpo esamine con quanto è accaduto poco prima nella piazza e mi chiedo come sia stato possibile. Io ho impiegato ben poco, portato dalla scala mobile, a raggiungere il piazzale superiore e lì ho trovato quell’uomo. Certamente non mi ha preceduto nel mio percorso. Forse è stato raggiunto da uno di quei maledetti proiettili mentre era nella piazza o mentre guadagnava l’uscita della funicolare ed è poi risalito spaventato cercando rifugio e protezione, chissà..
Sento delle sirene, penso: è l’autoambulanza chiamata dagli addetti delle stazioni o da altre persone che con il telefonino si sono messe in contatto con un’emergenza, forse il 113 o il 118. No, è una volante della Polizia. Sono disorientato... eppure l’Ospedale dei Pellegrini è lì a 100 metri; chissà .. portarvi quell’uomo a braccia o in barella... Alle 20 gli addetti della funicolare chiudono le porte a vetro del passetto di comunicazione per isolare più degnamente quel poveretto che è ancora lì e non si muove più...
Risalgo con la funicolare al Vomero e quindi ridiscendo per via Scarlatti. E’ tutto così normale... non posso non notare la stridente differenza. E’ un altro mondo.
Passo da una realtà dove sembra che regni l’anarchia a un mondo ordinato e tranquillo.
Un mondo fatto di diversi; volti conformi, appagati, compiaciuti che camminano e passeggiano tranquilli sotto la tutela di presìdi interforze: Vigili Urbani, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Esercito. Sì proprio l’Esercito. E mi viene da pensare: ‘ma tutto questo folto nucleo di presenze vigili che s’intercambiano per difendere la tranquillità di borghesi di destra, di centro e di sinistra (talvolta anch’io fra questi) dall’esuberanza anche spinta di quei ragazzi della 167, non sarebbe più opportuno farli stazionare o almeno anche stazionare nell’ombelico di Napoli, nel luogo più trafficato di tutta la città, dove transitano decine di migliaia di persone al giorno?’. Gente che lavora, gente che vive, gente che si agita. Certamente la gente più attiva e rappresentativa della nostra realtà cittadina. Gente che rischia di perdere la vita nelle pieghe di sciagurati raid camorristici.
Perché questa disparità? Non potrebbe sembrare anche questa una forma di razzismo strisciante?
Quante volte ho sentito dire: ..lì, in quella zona.. ..mamma mia.., statevi attenti.., ..ho paura di camminare.. E’ la zona della Pignasecca, talvolta sottolineata con tono dispregiativo. E’ il suk di Montesanto.
C’è da chiedersi, se così stanno veramente le cose, perché mai questa zona, la più centrale, la più trafficata di Napoli sia diventata così. Non certo perché è abitata dal ‘popolo delle scimmie’ come sentii dire inorridito da un illustre personaggio ma perché lì lo Stato lì non è stato mai presente tra la gente.
Ci si è mai chiesti seriamente perché mai quando le forze dell’ordine compiono un’azione di tutela, persone e personaggi tentano di impedirne l’azione? evidentemente perché si sentono minacciati. Minacciati da che cosa? Da alieni nel loro territorio. Quel territorio che è considerato proprio, non della comunità. E allora si possono osservare le cose più incredibili, quelle che fanno in negativo il colore di Napoli: paletti davanti a tutti i bassi, negozi, locali, sottolocali, portoni per garantire il proprio posto auto o per impedire che quello spazio venga occupato da altri... Verande ben curate, costruite a livello strada, che implementano all’esterno, sulla strada pubblica, bassi rimessi a nuovo. Mercanzie esposte che occupano tutto lo spazio del marciapiede, proprio lì dove è avvenuto il raid. Bancarelle improvvisate di cingalesi che occupano come un nastro colorito lo stretto passaggio pedonale di via Forno Vecchio e quando sei con la carrozzina del nipotino e ti lamenti con loro, ti sorridono dicendo ‘..sì, sì..’ (povero fesso?).
L’Ospedale dei Pellegrini, il più antico e glorioso della nostra città è cinto d’assedio da bancarelle che non vengono smontate neanche la notte. Sulla ringhiera di recinzione addirittura è installato un rullo di tendaggio già quasi arrugginito... E’ il suk di Montesanto, uno dei tanti di Napoli.
Come è possibile sperare che le cose cambino? Altro che azioni di polizia e di pulizia dimostrativa. Quelle durano due-tre giorni, poi tutto ritorna come prima. Altro che azione di facciata, forse Occorrerebbe ben altro, forse il Genio Militare per risistemare territorio e suolo pubblico, l’Esercito.
Già, quell’Esercito che è presente in via Scarlatti e che non si è mai visto a Piazza Montesanto. di Ernesto Cravero, Cittadino, Docente della Federico II, Confratello (pubblicato da Il Mattino)

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