martedì 6 ottobre 2009

Il film Barbarossa e le contraddizioni leghiste

Personaggi di ieri in scena al cospetto di personaggi di oggi, al Castello Sforzesco di Milano in anteprima mondiale. Quasi mille anni di storia dividono imperatori, condottieri, sindaci e politici. Si rivive lo spirito che muove un popolo a conquistare i propri diritti e la propria libertà mettendo a rischio la vita stessa come dice commosso il Senatur. Una trama che lega storia, politica, popolazioni, rappresentata egregiamente dal regista Renzo Martinelli, e con, tra gli altri, Alberto da Giussano interpretato da Raz Degan e Federico Barbarossa da Rutger Hauer.
Per le comparse sono stati assoldati rom nei panni dei milanesi e il set non è stato ricostruito in Lombardia e neanche in una qualche zona dello Stivale. La scelta del territorio su cui lavorare è stata dettata da questioni di budget e proprio la Romania delle badanti senza permesso di soggiorno e di clandestini da rispedire al loro paese ha impersonato la gloriosa terra di Legnano. Se quanto detto viene interpretato in chiave politica non avrebbe un senso logico e quindi l'evento si può analizzare sotto un profilo antropologico e simbolico.
Il messaggio che si vuole trasmettere tramite il cinema e la tv è quello di alimentare curiosità, interesse, spunti per approfondire conoscenze, coinvolgimento emotivo, e in questo caso specifico comprendere meglio la natura umana. Un film che ripercorre un periodo storico molto caldo in cui si intrecciano mito e realtà, voluto fortemente dalla Lega per celebrare la sconfitta subita da Barbarossa, che rappresenta il centralismo, contro le truppe della lega dei comuni, ma soprattutto per omaggiare Alberto da Giussano, che formò e capeggiò la Compagnia della morte, associazione militare di 900 cavalieri che ebbe grande importanza nella battaglia di Legnano per avere difeso fino allo stremo il Carroccio.

Martinelli, sommerso da polemiche, ha ribadito di non essere al servizio di nessun leader politico e ha voluto puntualizzare il suo preciso ruolo di ricercatore storico (anche se poi la figura di Alberto da Giussano non ha ancora una collocazione ben definita). Strumentalizzazioni ed etichette hanno creato un turbinio di voci, opinioni e considerazioni che rendono l'attesa del film molto eccitante e che sicuramente non lascerà delusi gli amanti del grande schermo e soprattutto del romanzo storico.
Solo una riflessione, forse un po' banale, ma che nasce spontanea... Se siamo tanto patriottici, con un budget di 30 milioni di dollari un kolossal coprodotto da Rai Fiction e Rai Cinema, non si poteva dare lavoro anche a qualche comparsa italiana? di Adelaide Nascetti

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