giovedì 2 luglio 2015

Sinti e rom, dalla strategia nazionale alla rieducazione

In queste settimane stiamo assistendo probabilmente ad una svolta nelle politiche attuate dallo Stato italiano nei confronti dei Cittadini italiani, appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom, nei confronti dei Cittadini immigrati e apolidi, appartenenti alla minoranza rom. Una svolta lanciata da Matteo Salvini della Lega Nord nella vincente campagna elettorale xenofoba e recepita pochi giorni fa dal Ministro Alfano con le parole pronunciate dopo un vertice con l'ANCI (in foto), guidato dal Sindaco di Torino, Piero Fassino. Un cambio di rotta che sembra ben delineato nel centro-destra, mentre nel centro-sinistra, a livello nazionale, c'è un silenzio che evidentemente è un tacito assenso. Anche se è da sottolineare che a livello locale il centro-sinistra ha posizioni che possiamo definire “sfumate”.

Prima del 2007 c'è un completo disinteresse dei politici nazionali alla situazione delle persone appartenenti la minoranza rom e sinta, nel 2008 si afferma a livello nazionale la politica della reclusione. Complice la migrazione di poche migliaia di persone dalla Romania, il Governo italiano decreta la cosiddetta “emergenza nomadi” prima nel Lazio, Lombardia e Campania e poi in Veneto e Piemonte. L'obiettivo è la costruzione di mega insediamenti lontano dalle Città, dove segregare rom e sinti in situazione di povertà, rieducarli con le cosiddette politiche di inclusione. Le famiglie sono obbligate a firmare un documento, i famosi “patti di legalità e socialità”, dove vengono imposte sanzioni discriminatorie come ha sentenziato in seguito la Magistratura. Roma è stata campionessa di questa politica nazionale ed è sotto gli occhi di tutti com'è andata finire... La politica dell'emergenza e dei patti di legalità viene demolita con una sentenza definitiva dalla Magistratura con queste parole: infondata, immotivata e illegittima. Nella recente legislazione precostituzionale l’unico analogo esempio di trattamento discriminatorio nei confronti di una popolazione identificata su base etnica è quello riferito alle cd. leggi razziali, che tra il 1938 e il 1939 hanno portato alla persecuzione degli ebrei (Cherchi, Loy, 2009).

Al pronunciamento della Magistratura il Governo italiano nel 2012 ha risposto con l'adozione del documento “Strategia nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei camminanti” dopo sollecitazione pressante della Commissione europea. Un documento condiviso dalle principali associazioni sinte e rom perchè per la prima volta in Italia contiene tre affermazioni storiche: i sinti e i rom sono una minoranza linguistica; la partecipazione diretta di sinti e rom è imprescindibile; si devono superare i “campi” con attivazione di soluzioni partecipate con gli stessi sinti e rom. Purtroppo la Strategia non è stata finanziata ed è stata lasciata la sua applicazione alla volontà delle Regioni. Dopo tre anni il risultato è disastroso, si pensi per esempio che tutte le Regioni del Nord Italia sono inadempienti. Per comprendere il clima che si respira, si pensi che in Regione Lombardia la considerano discriminatoria nei confronti dei lombardi, come se i sinti e rom non fossero lombardi...

Oggi, dopo la campagna razzista della ruspa di Salvini, ci si prepara ad un ritorno al passato, ma in maniera diversa perchè la discriminazione non si presenta mai con la stessa faccia. Il Ministro dell'Interno Alfano afferma: "Ai nomadi proponiamo un programma di assegnazione di luoghi più civili nei quali vivere. Chi non lo vorrà fare, oltre ad abbandonare comunque i campi, dovrà lasciare l'Italia". Considerando che la stragrande maggioranza dei sinti e dei rom sono Cittadini italiani, ci si chiede dove andranno i “cattivi” che non accetteranno le proposte alternative? Si noti che mentre la Strategia nazionale smonta lo stereotipo del rom o del sinto “nomade”, il Ministro usa questa parola con disinvoltura.


Ma chiediamoci quali sono le proposte alternative? A questa domanda risponde Piero Fassino, presidente Anci e promotore dell'incontro al Viminale di qualche giorno fa. Secondo il Sindaco di Torino le soluzioni sono tre: comunità alloggio, case protette, strutture gestite dalle associazioni del Terzo settore. Quindi di fatto luoghi di rieducazione. E chi non accetta di essere rieducato viene cacciato, ricordate la ruspa... Naturalmente ritorneranno i cosiddetti “patti di legalità” già sanzionati dalla Magistratura come discriminatori, ecco cosa dichiara Fassino: “La condizione per il trasferimento è che accettino un patto di emersione. Devono mandare i bambini a scuola, fare una vita normale, rispettare la legge”. Tradotto il pensiero Fassino suona così: i rom e sinti hanno comportamenti anormali e quindi devono impegnarsi a diventare normali se vogliono uscire dai “campi”.

Ma non è tutto, alla domanda: e chi vuole vivere un roulotte? Fassino risponde: «Penso a campi attrezzati ma senza lo scempio delle baracche arrugginite. Con un minimo di infrastrutture. E anche qui il rispetto assoluto della legalità». Tradotto: rifacciamo i “campi”, ma siccome vivere in roulotte presuppone illegalità, noi faremo rispettare la legalità.

Nel frattempo continuano a fioccare le ordinanze di sgombero nei confronti delle migliaia di famiglie sinte e rom che negli ultimi trent'anni per uscire dai cosiddetti “campi” hanno acquistato piccoli appezzamenti di terra per vivere con la propria famiglia allargata. Rarissimi i Comuni che hanno osservato quanto richiesto dalla Strategia nazionale, ovvero la regolarizzazione urbanistica tali proprietà.

A questa svolta sembra essersi piegata anche la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, presieduta da Luigi Manconi. La Commissione ha organizzato per il 9 luglio un convegno dal titolo "Si può fare. Superamento dei campi: esperienze a confronto". Nessun leader rom e sinto invitato. Interverranno sette rappresentanti di Amministrazioni comunali. Spicca la presenza dei dei rappresentanti dei Comuni di Roma, Milano, Torino e Napoli, dove notoriamente si sono fatte importanti esperienze di superamento dei cosiddetti “campi”... (sic!)

Quali conclusioni trarre? Lo Stato italiano e i suoi rappresentanti istituzionali sono incapaci di ritenere le comunità sinte e rom pensanti e quindi li esclude sistematicamente dalle decisioni. Lo Stato italiano e i suoi rappresentanti istituzionali sono incapaci di uscire dall'equazione rom e sinti = stranieri e di conseguenza a rom e sinti si negano i diritti sanciti dalla Costituzione, a partire dall'articolo 6. Lo Stato italiano e i suoi rappresentanti istituzionali sono incapaci di uscire dall'equazione rom e sinti = asociali e quindi si obbligano alla rieducazione in strutture apposite. I Governo italiano e i suoi rappresentanti istituzionali, vogliono migliorare la specie umana, come rileva Tommaso Vitale, allontanando i rom e sinti considerati in sé portatori di difetto. di Carlo Berini e Radames Gabrielli

3 commenti:

rubri ha detto...

Non ho ancora capito se la bellezza della vita dei sinti e dei rom dipende dalla tradizione e dalla cultura o dipende - almeno per quelli meno abbienti - dall'essere e dall'essere stata per molti e per molti anni una vita di sussistenza.

Carlo Berini ha detto...

Nessuna delle due cose. E' una questione di diritto. Le persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom devono avere il riconoscimento dello status di minoranze. E puoi leggere la nostra proposta a questo indirizzo lexsintirom.blogspot.com.

La cultura espressa dalla minoranza sinta e rom non è monolitica. E' una cultura viva in continuo cambiamento nel confronto con la cultura maggioritaria. Non è ne bella ne brutta, è una cultura.

Il problema di chi è nato e vissuto nei cosiddetti "campi nomadi", circa il 30/40% dei sinti e dei rom in Italia, è complesso. Il problema vero è che politiche serie solo in pochi territori sono state approntate.

Faccio un esempio. A Venezia con lo scoppio della guerra nel Kossovo c'eran circa 400 richiedenti protezione, appartenenti alla minoranza rom. Sono stati strutturati due campi. In due anni sono stati smantellati, alcuni sono tornati in Kossovo mentre altri sono stati inseriti nel lavoro e nelle case. C'è bisogno della volontà politica.

rubri ha detto...

A me pare che la volontà politica sia quella di "governare" i rom e i sinti.