venerdì 28 febbraio 2020

La strategia nazionale rom e sinti post 2020


Il 2020 è l'ultimo anno di attuazione della Strategia nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei camminanti 2012 – 2020 comunicazione della Commissione europea n. 173/2011, approvata dal Governo italiano nel febbraio 2012. Sucar Drom, Istituto di cultura sinta e Articolo 3 Osservatorio sulle discriminazioni e Nevo Drom hanno raccolto l'invito dell'UNAR di indicare le criticità rilevate in questi anni e offrire proposte per la scrittura della nuova Strategia nazionale. Il documento, inviato alcune settimane fa al Governo, lo pubblichiamo in due post distinti per facilitare la lettura. Nelle prossime settimane il documento sarà inviato alla Commissione europea con alcune modifiche. Per ricevere il documento completo in formato pdf scrivi a osservatorio@articolo3.org.

Offrire un bilancio esaustivo sulla Strategia 2012 – 2020 è impossibile perché non è stato consegnato alle associazioni un consuntivo sulle azioni/progettualità attuate. Difficile anche indicare priorità od offrire una considerazione sugli spunti di riflessione sulle sei possibili linee di policy discusse a livello europeo perché sono state offerte scarne informazioni alle associazioni e non vi è stato un confronto politico tra la piattaforma e l'attuale Governo italiano.

L'approvazione della Strategia nazionale è stata preceduta da:
- il Rapporto conclusivo dell'indagine sulla condizione dei rom, sinti e camminanti in Italia della Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani del Senato italiano;
- l'azione della Magistratura che ha demolito l'impianto discriminatorio delle politiche (decreti emergenza nomadi) volute dal Governo italiano a partire dal giugno 2008;
- le manifestazioni in tutto il Paese della Federazione Rom e Sinti Insieme, culminate nella grande manifestazione di novembre 2011.

La Strategia approvata a febbraio 2012
- annunciava «[…] è necessario superare l'approccio di tipo assistenzialista e/o emergenziale ed attuare misure adeguate e specifiche, affinché siano pienamente affermati l'uguaglianza, la parità di trattamento (art. 3 della Costituzione italiana) e la titolarità dei diritti fondamentali e dei doveri inderogabili (art.2 della Costituzione italiana). Il richiamo all'articolo 3 della Costituzione, che riconosce la pari dignità sociale a tutti i cittadini, appare essenziale per la condizione dei Rom, Sinti e Caminanti, popolazioni spesso discriminate, emarginate e stigmatizzate»;
- definiva «[…] obiettivo generale […] quello di promuovere la parità di trattamento e l'inclusione economica e sociale delle comunità RSC nella società […]».

L'approccio della Strategia prevedeva, alla sua base e ossatura, il contrasto delle discriminazioni per poi costruire l'azione sui quattro assi d'intervento: lavoro, istruzione, salute e abitazione.


Le azioni di sistema a contrasto delle discriminazioni non sono state attuate e di conseguenza le persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom rimangono le più colpite da discorsi d'odio e discriminazioni, anche istituzionali. Le persone subiscono una discriminazione sistemica (etnico-razziale) che ha effetti più gravi nei confronti dei minori e anziani (età), delle donne (genere), dei disabili (disabilità), degli stranieri (nazionalità) e degli appartenenti alla comunità lgbt+ (affettività). La maggior parte delle persone appartenenti alla minoranza sinta e rom subisce discriminazioni su fattori multipli.

Il Governo italiano non ha implementato azioni concrete per contrastare i discorsi xenofobi, i discorsi da odio e l'incitamento alla violenza a cui sono sottoposti nel discorso pubblico e politico le persone appartenenti alla minoranza. La Campagna Dosta è stata implementata per soli due anni con una dotazione finanziaria irrisoria.

Le associazioni sinte e rom non sono sostenute nel lavoro di monitoraggio e denuncia delle autrici e degli autori di discorsi sulla superiorità razziale che colpiscono le persone appartenenti alla minoranza. Il comma 12 dell'articolo 44 del D.lgs 286/1998 non è applicato e manca in tutto il Paese, ad esclusione, in parte, della Regione Emilia Romagna, una rete di centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per le vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Le Provincie, che hanno la competenza del contrasto alle discriminazioni sul lavoro, non svolgono nessuna azione in tal senso.

Il fondo attivato per tutte le vittime di discriminazioni dall'UNAR e dato in gestione al Consiglio Nazionale Forense risarcisce euro 600,00 per grado di giudizio. Il procedimento per accedervi è complicato e scoraggia sia la maggior parte delle vittime che le stesse associazioni sinte e rom.

Il Governo italiano non ha attivato nessuna azione per promuovere e sostenere l'associazionismo espressione della minoranza, né si è impegnato attraverso l'UNAR ad implementare la partecipazione dei singoli nei processi economici, sociali e politici. Esiste una segregazione culturale oltre che fisica come quella dei campi nomadi. Questa segregazione si è incrinata solo 15 anni fa con il lavoro svolto da Sucar Drom che ha portato l’elezione di Yuri Del Bar nel consiglio comunale di Mantova e la nascita di tante associazioni formate da persone appartenenti alla minoranza. Mancano tutt'ora azioni del Governo italiano per implementare percorsi di partecipazione diretta.

Il Governo italiano e lo stesso UNAR continuano ad attuare azioni che escludono la partecipazione delle persone appartenenti alla minoranza dai processi sia decisionali che operativi.

Il Governo italiano non svolge nessuna politica a contrasto delle discriminazioni e delle molestie subite dalle e dai minori appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom nella scuola. In molte città italiane la maggior parte delle bambine e dei bambini subiscono la Certificazione DSA (Disturbi specifici dell'apprendimento) che li immettono in percorsi differenziati. Nelle scuole non si contrasta l'antiziganismo e la stragrande maggioranza dei bambini e delle bambine è vittima di bullismo. La scuola non condanna le molestie che i bambini e le bambine subiscono tutti i giorni, come l'essere apostrofati con epiteti tipo: “zingara”, “zingara di merda”, “vattene zingara”.

In questo contesto l'Italia non riconosce
- alle persone lo status di minoranza linguistica e i Governi succeduti negli anni non hanno stimolato la discussione nel Parlamento italiano. Le proposte di legge presentate in Parlamento fin dal 3 luglio 2007 (XV legislatura, proposta di legge n. 2858) non sono mai state discusse dal Parlamento italiano;
- l’inserimento nella Legge 211/2000 del Porrajmos (divoramento), la persecuzione su base razziale subita dalle persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom durante il fascismo.

Solo nove (9) su ventuno (21) sono le Regioni italiane dove si è implementata la Strategia nazionale, ma nella sola Regione Emilia Romagna è attivo e finanziato un Piano regionale dal 2015 e solo in due Regioni (Emilia Romagna e Calabria) è stata approvata una nuova Legge regionale in linea con la stessa Strategia. Il Governo non si adopera per implementare nelle altre Regioni italiane la Strategia nazionale. In particolare è da segnalare che la Regione Veneto e la Regione Lombardia – da dove riceviamo il maggior numero di segnalazioni di discriminazioni – non hanno costituito in sette anni nemmeno un tavolo di lavoro. In Lombardia è stata cancellata la Legge regionale 77/89 e i consiglieri regionali al termine della votazione nell'aula sono stati fotografati intorno ad una ruspa; l'UNAR non è intervenuto.

Il Governo Monti aveva previsto la riconversione dei fondi destinati alla cosiddetta Emergenza nomadi – dichiarata illegittima e discriminatoria dalla Magistratura – per finanziare azioni dettate dalla Strategia. Nel febbraio 2012 a poche ore dall'approvazione, Sucar Drom interveniva sull'incoerenza tra il quadro di azioni da attuare rispetto alle risorse messe a disposizione. La stessa Conferenza delle Regioni e delle province autonome riteneva i fondi a disposizione – pari a 17 milioni ''peraltro non ancora utilizzabili del ministero dell'Interno'' – insufficienti ''soprattutto se attengono interventi sociali e soluzioni abitative, richiedono impegni finanziari ben più consistenti di quelli messi a disposizione''. Tutto ciò in un momento in cui le risorse per le politiche sociali avevano subito, nell'ultimo triennio, un forte decremento in Italia. Purtroppo nel 2014 è stato chiaro che i pochi fondi messi a disposizione (circa cinquanta milioni di euro) sono stati spesi in azioni completamente in contrasto alle azioni previste nella Strategia come ad esempio a Vicenza dove si è deciso di ristrutturare il “campo nomadi” invece di realizzare tre micro-aree per le famiglie sinte residenti. A Milano e Roma i fondi sono stati utilizzati per sgomberare senza soluzione alternativa intere famiglie o per finanziare progetti di guardiania e gestione dei “campi nomadi”. A Roma i fondi sono finiti nell'inchiesta denominata "Mondo di mezzo” che ha portato alla condanna definitiva di Buzzi, Carminati, Gramazio e altri. A tal proposito la Commissione diritti umani del Senato, all'inizio del 2015, ha licenziato una risoluzione in cui si legge «Le recenti inchieste giudiziarie hanno evidenziato come la gestione dei "campi nomadi" a Roma rientrasse all'interno di un sistema corruttivo finalizzato all'assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici che ha portato negli ultimi anni a un peggioramento delle condizioni di vita delle comunità rom, alla loro segregazione e a un spreco di risorse pubbliche: nel solo 2013 e nella sola Capitale sono stati impegnati oltre sedici milioni di euro, di cui circa il 60% rappresentato dai soli costi di gestione».

La strategia ha sempre vissuto un'inadeguatezza delle risorse rispetto agli obiettivi prefissati, la stessa ministra Cécile Kyenge e la viceministra con delega alle pari opportunità Maria Cecilia Guerra evidenziavano, nel settembre 2013, il bisogno di unire le forze e di “un maggiore coordinamento delle politiche di inclusione di Rom e Sinti in ambito regionale e di favorire lo sviluppo di piani locali di integrazione sociale, d’intesa con i comuni, oltre allo sviluppo di linee di indirizzo tematico a livello nazionale sui fronti dell’occupazione, della salute, dell’educazione e delle politiche abitative”.

In tale contesto è rilevante ricordare le tantissime difficoltà in cui è occorso l'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (UNAR), individuato dal Governo italiano quale Punto di Contatto Nazionale per la Strategia: dal ridimensionamento dell'estate 2012, agli infortuni accorsi ai Direttori De Giorgi e Spano. UNAR ha attuato un'azione esile a favore dell'implementazione della Strategia che in alcuni momenti è stata evidentemente assente. Un'azione frammentata e in assenza di risorse.

La Strategia in Italia ha dato pochissimi risultati anche dove è stata implementata e lo stesso è successo nel resto dell'Unione europea per le ragioni esposte e per un errore di fondo: l'inclusione sociale. Lo Stato italiano dagli Anni Sessanta ad oggi ha attuato nei confronti delle persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom politiche di separazione (abitare) con l'obiettivo finale di integrare ovvero assimilare, attraverso la scuola (a partire dalle scuole Lacio Drom), le persone in una società dove le regole erano dettate da una maggioranza che non ha mai ritenuto utile ridiscuterle con la minoranza. Ghetti separati e scuole per “insegnare il vivere civile” alle bambine e ai bambini con lo scopo di arrivare all'assimilazione.

L'inclusione sociale, come scrive Gustavo Zagrebelsky, «mira alla società omogenea, in cui le differenze culturali si attenuino fino a scomparire. Il suo presupposto è che con la seduzione o con la forza le culture possano cambiarsi confluendo l'una nell'altra. L'integrazione non è ostile all'ingresso, ma rinvia la dinamica tra una cultura che integra e una che è integrata, cioè ad una asimmetria tra l'una, più vitale e l'altra, considerata meno vitale. L'integrazionismo è così fatalmente ideologia della cultura dominante e prima o poi manifesta la sua vera natura che non è l'integrazione, ma l'assimilazione. L'assimilazionismo, presupponendo la superiorità di una cultura sulle altre, è una versione mite di razzismo culturale che giustifica la pretesa di fagocitare culture recessive e così di cancellarle dalla faccia della terra o al più di lasciarle sopravvivere come folklore. Ma può tradursi anche in azione violenta. Se la cultura diversa non è integrabile, o si dice che così sia, (come accadde nella Germania nazista per ebrei o oggi per le comunità islamiche), la società omogenea si sente autorizzata a praticare politiche di segregazione e perfino di annientamento».

In Italia le persone appartenenti alla minoranza subiscono spesso una politica caritativa paternalista che “offre il diritto ad un alloggio solo a chi lo meritava”: dovevi meritare il diritto all'abitazione ma anche all'istruzione, alla cura ecc. Questa politica si è imposta in maniera totalizzante a partire dal dicembre 2006 quando ad Opera (MI) la Casa della Carità ha proposto di far firmare ad ogni capo famiglia appartenente alla minoranza il “Patto di legalità” diventato poi “Patto di socialità e legalità” e poi “Patto di cittadinanza” ecc. Ad Opera finì in un pogrom contro le tende, allestite dalla Protezione civile, dove dormivano settantasei persone. Ciò non scoraggiò il Governo italiano e le amministrazioni comunali che tutt'ora fanno firmare tale patto in violazione dei principi costituzionali, in particolare quello di uguaglianza di fronte alla legge stabilito dall’articolo 3.

Il processo di segregazione e discriminazione abitativa subito dalle persone appartenenti alla minoranza è così evidente in Italia che la stessa Commissione europea, a partire dal 2016, è stata sul punto di avviare un processo d'infrazione.

L'Italia non riconosce il patrimonio culturale e sociale apportato dalle persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom. La lingua non è tutelata, le espressioni culturali e artistiche -si pensi alle centinaia di giostre in legno perdute per sempre- non sono supportate ma in molti casi sono anche brutalmente ostacolate. Lo Stato italiano non sostiene le espressioni artistiche né le tutela dalla possibile scomparsa. La Strategia non ha un'asse cultura né si adopera in maniera efficace nella ricerca storica sull'apporto culturale, sociale, politico e artistico offerto dalle persone appartenenti alla minoranza.



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