martedì 18 agosto 2009

La voce della Chiesa cattolica

"La chiesa non può tacere, deve far sentire a sua voce..." sono espressioni arcinote della comunicazione ecclesiastica. A chi è attento a questa voce, non sfugge, però, il suo andamento discontinuo, ora assordante ora fievole. Anche la voce ecclesiastica subisce le variazioni del clima, politico in questo caso. Quando favorevole si fa urlo, roca quando muta. La chiesa afferma di non conoscere timori reverenziali. Forti le sue prese di posizione su referendum, procreazione assistita, coppie di fatto, testamento biologico, ecc.; dure nei casi di Welbi ed Eluana, il cui padre fu dichiarato ‘assassino' da un cardinale. Oggi è la volta della pillola Ru 486 e della sentenza del Tar sull'insegnamento della religione.
Eppure, ben altro ribolle nel patrio calderone, su cui la voce della gerarchia sembra colpita da improvvisa afonia. Dice bene il cardinale Bagnasco, presidente della CEI, in un'intervista all'Avvenire, che "la cultura oggi dominante sempre più afferma l'assolutezza dell'individuo e non della persona". Tace, però, su quale sia l'alto magistero di questa cultura,i cui capisaldi sono chiari. Il successo è garantito dal denaro, onnipotente e capace di piegare tutto a sé. Il ‘parvenu' è padrone assoluto. Le persone, uomini o donne che siano, valgono in rapporto al servizio che prestano, sia professionale che di genere; il compenso sarà magnanimo. L'intelligenza è ridotta ad astuzia, verità e menzogna sono relative alla convenienza. Il principio che il fine non giustifica i mezzi è definitivamente cassato: l'Assoluto è al di sopra di ogni regola. Lui crea la norma.

Questa Weltanschauung, che si traduce in comportamenti pubblici, sta squassando il Paese. E' in corso "lo scempio morale ed il degrado culturale del nostro Paese, un disegno sociale e politico fortemente negativo sul piano etico, comportante non solo lo svuotamento della democrazia, ma anche la promozione di controvalori di avidità, egoismo, individualismo, fino a forme di persecuzione dei più deboli e al razzismo xenofobo." Così Maria Cristina Bartolomei, noto teologo, che non tace sul "pesante e negativo influsso esercitato dalla chiesa nella vita civile e politica".
Che la chiesa sia in piena immersione nella politica italiana non richiede dimostrazione. Innegabile che ciò sia all'origine dei suoi forti momenti di afasia. Se è vero che di fronte a particolari scelte governative manifesta il suo dissenso, ciò non l'assolve dal suo politicismo e non le restituisce una credibilità largamente sperperata. Barcolla e balbetta anche di fronte al massacro che si fa di valori per essa centrali: famiglia e sessualità. Non più urla, ma generici richiami a principi universali. "I giovani hanno diritto di vedersi rappresentare ideali alti e nobili e comportamenti coerenti", "C'é chi ritiene e proclama che non ha più senso parlare di moralità ed immoralità..." sussurra flebilmente Bagnasco. Più coraggioso Crociata, segretario della CEI: assistiamo ad "un disprezzo esibito di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo...E' lo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile... salvo poi, alla prima occasione, servirsi del richiamo alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti , per altri scopi, di tipo politico, economico e di altro genere". Questi gli interventi più coraggiosi degli ecclesiastici che contano. Avvenire, pur raccogliendo, con parsimonia, l'indignazione di alcuni preti e laici sulla quasi afasia gerarchica, sostiene che "non è vero che quelli degli esponenti della chiesa siano stati interventi casuali o accenni fugaci impastati dentro a testi di tutt'altro indirizzo. Ciò che si è detto, lo si voleva dire". Una difesa debole che conferma le critiche.
A nessuno, neppure oltreconfine, sfugge l'inquinamento politico della chiesa. Dice Cohn Bendit: "Fino a quando il premier farà leggi gradite al Vaticano non ci saranno problemi, la chiesa non dirà nulla di forte sui suoi comportamenti". Per ricuperare voce la chiesa dovrebbe affrontare un percorso di ecologia evangelica. Nessuno invoca novelli sant'Ambrogio o Gregorio VII che impongano a piccoli imperatori fedifraghi il saio del penitente. Il rimedio sarebbe peggiore del male. Deve finire, invece, ogni commistione tra stato e chiesa, offensiva della dignità dell'uno e dell'altra. Diversamente resteranno valide le umilianti parole di Cossiga citate da Augias su Repubblica: "Alla chiesa, che uno vada o no in chiesa interessa poco . Se devo fare una società mi scelgo come amico uno che abbia le mie stesse idee religiose. Ma se questi non capisce nulla di finanza e dall'altra parte c'è un massone che capisce di finanza, con chi crede che faccia società? La chiesa bada al concreto." di Vittorino Merinas

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