La cultura rom non accetta facilmente
la diversità sessuale, considerata come una forma di peccato o di
devianza: "Non giudichiamo bene l'omosessualità e il concetto
di bisessualità non esiste neppure. Sono tutti argomenti tabù.
Quando il discorso proprio viene fuori, tutti dicono che quella è
gente malata" racconta Enis.
D'altra parte, però, anche la comunità
gay si dimostra poco accogliente, troppo chiusa e sospettosa: "Se
dico di essere rom e di religione islamica, mi mollano con una scusa,
sono molto ipocriti e fifoni". La vicenda di Cristiana Alicata,
la dirigente lesbica del PD laziale che si è dimessa dopo alcune
affermazioni sui rom giudicate razziste, si presenta allora solo come
la punta di un iceberg, come la dimostrazione che nessuna minoranza è
davvero immune al pregiudizio. Enis commenta il fatto con
rassegnazione: "La politica è fatta così e lei non è
l'unica".
Nell'intervista Enis racconta senza
reticenze il matrimonio celebrato a undici anni, la scoperta della
propria sessualità, il suo rapporto con gli italiani e con il clima
politico e culturale del paese, che percepisce come sempre più
intriso di razzismo.
Il ragazzo rom parla anche del suo
rapporto con la religione: "Credo molto in Allah, ma non credo
nelle persone che vogliono rappresentarlo, come gli imam" dice
Enis. L'intervista, infatti, è stata rilasciata a "Il grande
colibrì" perché il blog ha sviluppato il progetto "Musulmani
Omosessuali in Italia", l'unico punto di riferimento per le
persone LGBTQ* di fede islamica nel nostro paese. "Grazie a Enis
e ad altri ragazzi, stiamo rompendo un tabù e stiamo creando un
circolo virtuoso: ogni testimonianza raccolta dimostra che gli
omosessuali musulmani non solo hanno finalmente qualcuno che li
ascolta, ma soprattutto hanno diritto a far sentire la propria voce".
Nessun commento:
Posta un commento