Stranamente quella parola, allora
ostile, si è trasformata via via in una parola che ha stimolato in
me molto interesse a cominciare dal giorno in cui mio padre comperò
un 33 giri con le musiche “zingare”, musiche che lui ascoltava
con grande piacere. Il suono dei violini produceva una melodia che
arrivava al cuore e che emozionava non poco.
La prima riflessione che suscitava in
me era quella di considerare come fosse possibile che un popolo così
disprezzato potesse suscitare queste emozioni così forti.
Come sempre per sconfiggere i
pregiudizi è necessario elevare la soglia della comprensione e
questo non può essere che il risultato di uno sforzo di indagine
sul tema. In questo mi hanno aiutato i viaggi e gli incontri che ho
avuto in quei paesi dell' Europa dove le Comunità sinte e rom sono
molto presenti: Romania, Ungheria e Slovacchia soprattutto. Lì ho
visto ed ho raccolto una varietà di situazioni e di impressioni che
ho recentemente letto sul libro di Santino Spinelli "Rom, genti
libere" nella cui prefazione Moni Ovadia scrive: "Oggi gli
ebrei sono entrati nel salotto buono, sono tendenzialmente un'
alterità fittizia, un' alterità di corte, si sono in gran parte
omologati. Rom e Sinti no! Mantengono con sconcertante fedeltà i
loro tratti identitari, ma non quelli espressi dagli stereotipi della
truce e falsa propaganda gagé trasversali agli schieramenti
politici, bensi quelli propri delle loro culture e soprattutto dei
valori sentiti e scelti e non perché non possano essere «come gli
altri» - in moltissimi casi sono perfettamente integrati ma perché
vogliono avere la libertà e la dignità di essere come decidono.
Questa attitudine è sempre stata e continua a essere inaccettabile
per le culture dominanti, in parte per un furore tossico contro le
alterità autentiche che ti sollecitano al confronto e alla rimessa
in questione dei tuoi modelli di vita, in parte per l'incorreggibile
vizio di ignoranza, disinformazione e manipolazione."
Per quello che è la mia esperienza con
la cultura sinta e rom, questa la rivedo molto spesso rappresentate
dai nostri Gruppi artistici di tutto il mondo con quelle musiche,
quei canti e quei balli molti dei quali sono stati più volte
rappresentati in Piazza Cavalli in occasione del nostro Festival.
Devo dire che non c' è gruppo che non abbia nel suo repertorio un
qualche " numero" tzigano.
Com'è possibile allora che tale
apprezzamento e condivisione che proviamo per la loro arte noi non la
proviamo per la loro cultura di vita (non intendo quella che mostrano
con i loro atteggiamenti delinquenziali che come i nostri mafiosi non
sono certo condivisibili).
Queste risposte io me le sono date in
più occasioni e soprattutto in una di quelle maturate in una visita
in un villaggio di rom sito sulle montagne dei Carpati nella regione
della Moldavia.
Lì fui accompagnato dal Sindaco di
Berzunti che mi invitò ad andare a
visitarlo promettendomi
che avrei visto cose
stupende: costumi e strumenti unici e
musicisti, ballerini, artisti veramente
bravi.
Arrivammo
al villaggio Bisca grazie ad una strada asfaltata, costruita
appositamente dalla Comunità Europea.
Visitai la
Scuola, conobbi
gli insegnanti. I rom lì convenuti, perchè
attratti dalla nostra presenza di ospiti, mi
dedicarono
parecchie canzoni e musiche ed alcuni
di loro mi dissero
di aver lavorato tanti estati
in Italia (a
Foggia) dove
raccoglievano le
verdure e la frutta, guadagnando
un ottimo salario, 50/60 € al giorno. Io
ero molto contento che fossero
stati trattati con il dovuto
riguardo e lo fui
ancora di più quando
il figlio di uno di loro mi disse, in
un perfetto
italiano, che nel prossimo futuro voleva
ancora ritornare in Italia in quanto aveva
lì conosciuto molti bambini italiani con
i quali aveva
stretto amicizia.
Nelle numerose visite che ho fatto in
questi anni in quelle Scuole ho incontrato molte classi in cui la
maggioranza erano rom. Le Maestre erano unanimi nel riconoscere che i
bambini rom non hanno molto interesse nella Scuola ma che sono dotati
di un grande talento artistico.
Tutto questa
premessa per invitare la nostra comunità Piacentina (penso
soprattutto alle Scuole) ad approfittare della presenza dei sinti a
Piacenza, in occasione del loro raduno Nazionale, per incontrare i
loro rappresentanti e
rivolgere loro quelle domande che troppo spesso sono state deviate da
intermediari che ne hanno fatto cattivo uso. Sarebbe anche cosa
opportuna instaurare un dialogo e poter rispondere alle domande che
anche loro intendono rivolgere agli studenti.
Sarebbe questa una dimostrazione
concreta di come la nostra Comunità intende affrontare il tema della
diversità e la considerazione che intende dare a quella comprensione
che è considerata uno dei saperi fondamentali per l' educazione al
futuro. di Carlo Devoti, Maestro di Sport e Presidente Festival
Internazionale dei Giovani
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