In questo primo anno della nuova
gestione socialista di François Hollande, la Francia si è distinta
almeno per tre elementi: per alcune controverse misure di politica
economica atte a far fronte alla crisi incombente, per un lacerante,
ma comunque portato a termine, processo di ampliamento dei diritti
civili alle coppie omosessuali, e per un crescendo dell’ossessione
securitaria. Com’è noto, quest’ultima si esprime essenzialmente
in due forme, entrambe ben evidenti nelle attuali politiche
d’Oltralpe, quella della perimetrazione territoriale del “rischio”
e quella dell’identificazione di gruppi “a rischio” o
“rischiosi”.
Per quanto riguarda la spazializzazione
del rischio, il primo provvedimento del ministro dell’Interno
Manuel Valls è stata l’istituzione delle “zones de sécurité prioritaire”, ovvero di aree urbane o suburbane che «soffrono più
di altre di una insicurezza quotidiana e di una delinquenza radicata»
o che «conoscono da alcuni anni una degradazione importante delle
loro condizioni di sicurezza». Dal settembre 2012 ad oggi, in tutto
il Paese sono state individuate ed istituite 64 ZSP, in cui vivono
circa 1,7 milioni di abitanti. In concreto, nelle ZSP viene aumentata
la presenza della gendarmerie nationale e della police nationale (per
la fine del 2014 saranno circa 700 gli agenti di forze dell’ordine
impiegati nelle ZSP). Nel breve periodo sono attesi buoni risultati
in merito alla diminuzione dei reati, ma molte perplessità
permangono sull’efficacia che tale militarizzazione possa realmente
incidere sul disagio e sulla precarietà sociale, che come sappiamo
sono problematiche di medio-lungo periodo, affrontabili
esclusivamente con continue e durature politiche del lavoro e
dell’istruzione.
Per quanto riguarda il secondo punto,
cioè l’identificazione di gruppi “a rischio” o “rischiosi”,
l’era Hollande sembra sempre più in continuità con la presidenza
precedente: in particolare, un gruppo etnico tra gli altri è
ripetutamente nel mirino, tanto di azioni poliziesche “muscolari”,
quanto di esternazioni a dir poco incredibili da parte di taluni
politici. Dopo il quinquennio Sarkozy, infatti, i Rom continuano ad
essere indicati come un’entità irregolare, ovvero minacciosa e,
dunque, che va sfiancata con innumerevoli sgomberi, se non
addirittura da espellere. Politici di destra e di sinistra, di
livello nazionale come di influenza regionale, si lanciano
frequentemente in dichiarazioni piuttosto surreali nell’Europa
Unita (e Premio Nobel per la Pace), affermazioni che tuttavia hanno
effetti concreti devastanti per migliaia di persone. In un’intervista
del marzo scorso, il ministro socialista Valls ha detto che i Rom non
«vogliono integrarsi» e che il loro «destino» è «restare in
Romania o di farvi ritorno», mentre qualche settimana fa il
Presidente del Consiglio Generale della regione nizzarda, Eric Ciotti
(Ump), ha affermato che «il posto dei Rom è in Romania e in
Ungheria, non nelle Alpes Maritimes».
Tutto ciò fa da sfondo ad una serie di
azioni legali e poliziesche che hanno portato l’Associazione
Europea per la Difesa dei Diritti dell’Uomo a denunciare che nel
2012 sono stati espulsi dalla Francia 12mila Rom, con un picco nella
seconda metà dell’anno, e che dei 63 sgomberi effettuati da luglio
a dicembre, solo 15 sono stati accompagnati con un alloggio
alternativo.
Come riportava la settimana scorsa
Giulia Siviero su “Il Post”, negli ultimi mesi in Francia sono
stati sgomberati campi Rom in varie località, da Saint-Denis a
Lione, da Nizza a Lille. Lo smantellamento dei campi in cui si
sistemano le famiglie Rom, però, non è improvviso, si tratta solo
dell’apice di una pressione esercitata dalle autorità che è
quotidiana e costante. Il recente ed eclatante sgombero avvenuto a
Nizza, ad esempio, è il culmine di una situazione che si trascina da
mesi e che, portata allo stremo, si è risolta con l’ennesima
espulsione, senza che gli inflessibili amministratori locali avessero
avanzato alcuna soluzione dignitosa e duratura.
Per tutto l’inverno, sulle rive
destra e sinistra del fiume Var, due accampamenti Rom si erano
installati su dei terreni rispettivamente del comune di
Saint-Laurent-du-Var (riva destra) e della municipalità di Nizza
(riva sinistra). Già a gennaio il sindaco nizzardo Christian Estrosi
(Ump) aveva instaurato un braccio di ferro, in merito all’occupazione
illegale del suolo, con il prefetto Christian Mirmand, il quale si
era impegnato nella ricerca di un altro luogo che potesse accogliere
i Rom. La situazione, però, è precipitata agli inizi di maggio,
quando le autorità hanno colto il rischio di inondazione del fiume
(il cui corso irregolare dà effettivamente luogo a ricorrenti
esondazioni) per imporre lo sgombero dei due campi. Attraverso una
sentenza del tribunale amministrativo di Nizza (e «per la sicurezza
stessa dei Rom», come ha dichiarato Eric Ciotti), l’ordine di
evacuazione dell’area è diventato esecutivo, fissato per il 17
maggio. Prima di quella data, tuttavia, gran parte delle famiglie
accampate sulle due sponde del fiume ha lasciato spontaneamente il
sito, mentre solo alcune hanno continuato a rimanervi, per poi
partire anch’esse il 20 maggio.
A questo punto il contenzioso si è
spostato nel centro cittadino, dove il 29 maggio è stato sgomberato
un immobile privato, che non aveva né acqua né elettricità, dove
da alcuni mesi vivevano una quarantina di persone, tra cui 12
bambini, il più piccolo di 3 mesi. Anche in questo caso l’operazione
è stata resa esecutiva da una sentenza emessa una settimana prima
dal tribunale e che, come nei casi precedenti, non indicava nessuna
soluzione alternativa o di sostegno agli sfrattati. Le famiglie
interessate sono state portate a Gilette, un paese dell’entroterra
nizzardo ad una ventina di chilometri dal capoluogo, presso un altro
campo già esistente. Tuttavia, in seguito alle proteste di Viorel
Costache (il rappresentante della comunità), il Viceprefetto ha
dovuto chiedere alla gendarmerie di riportare i Rom a Nizza. In città
l’unico aiuto a queste persone è giunto da alcune associazioni
locali, come “Droit au logement 06” e “Collectif Notre Dame des
Landes 06” e dalla consigliera comunale Emmanuelle Gaziello (Front
de Gauche), che hanno fornito tende e coperte per far fronte
all'emergenza. Di lì a poco i membri di tali associazioni hanno
individuato un immobile in cui avrebbero potuto soggiornare le
famiglie Rom, uno stabile che si trova in un’area agricola
abbandonata di proprietà – a loro dire – di un ente pubblico
(EPFR, Etablissement Public Foncier Régional). Seguendo il principio
- riconosciuto dalla legge - della “réquisition citoyenne”, cioè
dell’occupazione simbolica e temporanea a fini di protesta (che si
differenzia dallo squat, cioè dall’occupazione stabile di una
proprietà altrui), gli attivisti hanno proceduto nella loro
iniziativa. Lo scopo non era solo di fornire un tetto alle famiglie
sloggiate (tutte con i documenti in regola e con i figli
scolarizzati), ma anche di dare loro la possibilità di coltivare un
orto, così da «uscire dalla mendicità e inserirsi nella società»,
come ha affermato la consigliera Gaziello.
L’operazione, però, non è stata
effettuata perché, sebbene senza scontri, il massiccio intervento
della polizia ha reso impossibile ai militanti di entrare nello
stabile, il cui ingresso, tra l’altro, è stato repentinamente
murato dagli agenti.
Quel muro di mattoni è l’immagine
più appropriata e concreta per rappresentare la caparbia volontà di
esclusione da parte del potere locale. In un dispaccio del sindaco di
Nizza, il comportamento delle associazioni per il diritto alla casa e
quello dei consiglieri d’opposizione impegnati attivamente nel caso
è definito «scandaloso, irresponsabile e antirepubblicano».
Costoro, ha scritto Estrosi, «incitano gli stranieri irregolari e i
Rom a commettere dei reati», per cui «mi auguro che tutti sappiano
che coloro che non rispettano le leggi della Repubblica, che i Rom,
gli squatter e gli stranieri irregolari non sono i benvenuti sul
territorio della città di Nizza». Tutta questa incresciosa
situazione, ha concluso il sindaco, è colpa della «politica
lassista del Governo».
La Costa Azzurra e il suo celebre
capoluogo sono in pieno fermento per il clou della stagione
turistica, l’immagine oleografica non può permettersi sbavature,
pertanto allontanare ed espellere i non graditi si impone come
un’azione urgente e inderogabile. Con buona pace di decine di
persone abbandonate a loro stesse e, ancora una volta, stigmatizzate
per la loro alterità. di Giovanni Gugg
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