Nando Orfei, morto a Milano lo scorso 7
ottobre, sarà sempre ricordato per questa frase, accompagnata dalla
sua giacca bordeaux, improbabile e forte come tutti i colori e i
gusti del mondo circense. “Nandino”, prima giocoliere poi
domatore, era famoso per il momento in cui la porta in ferro gli si
chiudeva alle spalle, lasciandolo nella gabbia in compagnia di
giganteschi felini.
Il circo è stato la sua vita e la sua
famiglia. Racconta al La Città Nuova la figlia Ambra, acrobata e
cavallerizza: «Quante notti abbiamo passato a massaggiare cavalli
con le coliche! Capitava che anche gli elefanti stessero male di
pancia, magari avevano mangiato troppo fieno; allora io e papà
prendevamo i mastelloni da 80 litri, quelli che solitamente usavamo
per il bucato, e preparavamo tè caldo con whisky e miele per i
pachidermi».
Nei ricordi di Ambra, il domatore di
belve è un “gigante buono”: «Sai di cosa abbiamo parlato poco
prima della sua morte? Di quando facevamo insieme il presepe
all’ingresso del circo. Era l’evento dell’anno: una volta
vincemmo anche un premio per un presepe che era grande 20 metri per
10. In tutte le città toccate dal nostro carrozzone, compravamo
qualcosa di caratteristico da tenere da parte fino a Natale».
Ad un certo
punto della sua vita, Nando Orfei divenne una stella del cinema,
attore in Amarcord e Clowns del suo amico Federico Fellini. Da
bambina, Ambra andava spesso sul set a trovarlo: «Sentiva il bisogno
di stare con la famiglia: per questo, rinunciò alla carriera
cinematografica per tornare sotto il tendone». Scelse una vita più
dura, dove si deve smontare un palco anche se piove e dove aveva la
responsabilità di un’intera comunità di 250 persone. «Lui era
forte come un gladiatore – racconta la figlia – spostava una
roulotte con le spalle. La sua forza? Stare con la sua gente, una
famiglia allargata in cui ci si voleva bene. Dopo la fatica, c’erano
le grigliate tutti insieme».
A Natale, metteva tutti i bambini – una quarantina – su un camion
del circo e li portava al cinema a vedere i cartoni animati: «Allora
il cinepanettone era fatto dalla Disney», ricorda Ambra.
Nell’immaginario di tutti, gli Orfei sono il circo italiano: Nando,
la sorella Liana, il fratello Rinaldo, la cugina Moira, a cui era
legatissimo, e i rispettivi figli, tra cui appunto Ambra, nota anche
per le apparizioni televisive. Ma forse non tutti sanno che
all’origine del Circo Orfei c’è quello che noi oggi chiameremmo
un incontro interculturale, o un matrimonio misto. Molto misto…
Racconta Ambra: «Nel 1820, il mio
trisnonno Paolo era sacerdote a Massa Lombarda (RA), veniva da una
famiglia nobile di Urbino ma non aveva una vocazione ferrea. Si
innamorò di una sinta del Montenegro che mendicava all’uscita
della chiesa e scapparono insieme, tendando la carriera di
saltimbanco con quattro cagnolini e un orso». E qui c’è un altro
punto di interesse: sì, gli Orfei – come l’altra grande famiglia
del circo italiano, i Togni – sono di origine sinta.
Non è esattamente l’immagine che di
solito associamo a quelle persone che troppo spesso chiamiamo
“zingari”, con una parola che ha valenza dispregiativa. Eppure,
la metà dei circa 160mila rom e sinti in Italia sono di cittadinanza
italiana, attestati sulla Penisola fin dal XV secolo. Tra di loro,
appunto, le famiglie lunaparkiste e circensi, ad esempio quella da
cui è nata Gardaland, ora comprato da una multinazionale. Circensi e
quindi nomadi. Anche altri rom e sinti erano in passato nomadi per
ragioni professionali, da chi commerciava cavalli a chi girava le
cascine per riparare pentole e attrezzi di rame. Ora il mondo è
cambiato (non si riparano più le pentole di rame…) e non lo sono
più: secondo una recente indagine del Senato, in Italia solo il 2/3%
dei rom e sinti pratica ancora il nomadismo. Spesso “chi resiste”
sono appunto i circensi, ma anche loro lo sono sempre meno.
Del resto, anche il mondo del circo è
in trasformazione: Gardaland non lo è più da decenni, la stessa
Ambra ora non gira più con la compagnia, ma dalla sua casa milanese
dirige l’Ambra Orfei Entertainment che, su commissione, organizza
feste e spettacoli in tutto il mondo. «Però – precisa – non
mancano riferimenti alle radici circensi». La compagnia del padre,
invece, resiste, anche se oggi è composta solo da una cinquantina di
persone. In questi giorni, il Circo Nando Orfei è di scena a
Mirandola. Del resto, come è d’obbligo in questi casi e come
voleva “Nandino”, the show must go on. di Stefano Pasta
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