domenica 14 settembre 2008

Le ville dei Sinti nelle metropoli per principianti

Il 18 agosto scorso abbiamo saputo dal Tg5 che il Vice Sindaco di Milano, Riccardo De Corato, ha istituito un ufficio apposito per espropriare le piccole proprietà (terreni di circa 1000 mq) dove vivono alcune famiglie sinte e rom italiane da decine di anni.
La ragione di questo massiccio intervento (ha istituito addirittura un ufficio apposito) è che i Sinti e i Rom non sono rispettosi delle aree verdi milanesi. Secondo De Corato hanno “invaso” l’area verde del parco Lambro. Ma stiamo parlando di una decina di terreni. Anche l’assessore all’urbanistica della Regione Lombardia, Davide Boni, si è occupato spesso di questi insediamenti, come anche di altri. E si è subito fatto paladino del verde deturpato a Milano.
Per questa ragione pubblichiamo per deliziarvi la domenica pomeriggio un interessante paginetta scritta dell’architetto Gianni Biondillo e tratta dal suo ultimo libro “metropoli per principianti” che consigliamo vivamente a tutti i lettori. Anche perché all’interno di questo libro si parla di Sinti e Rom in maniera semplice diretta e sopratutto lo si fa insieme agli stessi Sinti e Rom. Opera rara e preziosa non fosse altro che può aiutare molti italiani ad uscire dall’ovvio e triste abitare di oggi.

Parchi. E qui altro che realtà virtuale: siamo nella mistica delle intenzioni! A Milano, si sa, il verde è una perdita di tempo. E di denaro. La città dentro i confini amministrativi (non quella reale, smisurata per ben oltre tutta la provincia) copre un’area relativamente piccola e densamente costruita.
Mancano vere e proprie piazze a Milano, sentite come tali, se si esclude quella del Duomo. Il verde urbano, i parchi, i luoghi d’incontro insomma, scarseggiano e sono da sempre trattati come spazi residuali, poco valorizzati. Siamo in una città dove perdere tempo, fermarsi, non ha letteralmente senso. Bisogna correre, produrre, guadagnare. Siamo, per capirci, in una città perfettamente piatta alla quale però manca completamente una rete minimamente dignitosa di piste ciclabili, una città che ha tombinato tutti i suoi Navigli per poter meglio viaggiare in automobile (speranza, ovviamente, vana).
Quindi se poco all’edificazione dei grattaceli previsti (per l’inerzia cittadina, più che per il voluminoso giro d’affari che porta con sé e che, anzi, può essere il vero motore agente della realizzazione), credo ancora meno alla sbornia dei parchi in previsione. Chi ci guadagna? I polmoni dei cittadini, certo. Ma loro non fanno testo. Se a Milano non ci guadagna nessuno, nessuno vuole investire.

Io ovviamente ci spero: spero nella valorizzazione del Parco Sud (ché tanto oramai a quello Nord ce lo siamo già giocati), un pezzo di cintura agricola a sud della città che ha un potenziale immenso. Spero nella realizzazione dei giardini di Porta Nuova – la Biblioteca degli Alberi -, nel completamento del parco nell’area Innocenti-Maserati e, soprattutto, nel ridisegno del Parco Forlanini di Gonçalo Byrne. Non sarebbe bella una città così? Dove piuttosto che difendere il micragnoso e spelacchiato parchettino sottocasa fatto di tre alberi moribondi – difenderlo dalla costruzione di grattacieli che verranno comunque edificati (quindi forse sarebbe stato più opportuno discutere della loro qualità e non della loro realizzazione) – la cittadinanza premesse affinché vengano prima realizzati i parchi in questione – che danno finalmente una dimensione europea al verde milanese – e poi, solo poi, l’edificato in progetto.
Insisto, spero proprio di essere smentito. A Milano i parchi sono una perdita di tempo. Una specie di discarica di tutto quello che non serve (e non a caso la Montagnetta è stata realizzata con le macerie della guerra e il Parco delle Cave a Baggio è la bonifica di una discarica a cielo aperto).
Caso esemplare la dichiarazione della Moratti (vedi: piazze), che vuole spostare l’Ago di Oldenburg in un parco. Uno qualsiasi. Ché lì in Cadorna la irrita. Mi ha fato venire in mento la triste storia del monumento davanti alla Stazione Centrale, L’alba di Milano di Ian Ritchie, caldamente voluto dall’amministrazione per commemorare il cambio di millennio.
Mente le città del mondo realizzavano opere faraoniche da inaugurare la notte fra il 1999 e il 2000, noi, in ritardo giusto di un anno (2001) siamo riusciti a fare un concorso internazionale per un normalissimo monumentino, pagato dallo sponsor qualcosa come un miliardo e mezzo di vecchie lire. Nella giuria c’era il vice sindaco da sempre sensibile all’arredo urbano, che ha premiato un’opera, l’ha fatta realizzare, l’ha fatta installare, e poi si è reso conto che non piaceva a nessuno, che copriva la vista della facciata della stazione ( ma non poteva accorgersene prima?). E allora non ha mai fatto togliere la staccionata attorno alla scultura, l’ha tenuta così, precaria, per ancora un anno circa, poi –colpo di genio- l’ha fatta smantellare (siamo riusciti a smantellare l’opera che celebrava il nuovo millennio, qui a Milano, appena un anno dopo. Avrà un significato simbolico?) affermando che non era il suo posto ideale quello (rendersene conto prima?), ma che si sarebbe l più presto trovata una nuova collocazione. In un parco, ovviamente.
Aspetto ancora di vederla quell’alba luminosa fatta di fibre ottiche, magari in un parco di nuova realizzazione, che strizza l’occhio all’ago e il filo di piazzale Cadorna, anch’essi d’imperio trasferiti con ignominia, nel nome del mortifero, borghese, decoro urbano meneghino.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ho sentito Biondillo al festival della letteratura di Mantova (sucardrom è di mantova?) e mi è piciuto molto.
il suo libro "metropoli per principianti" è già un classico

Anonimo ha detto...

Anche se in ritardo.
A Milano questo pomeriggio alle 16.30, Gianni Biondillo parteciperà al dibattito "Sconfinamenti. Cultura e periferia, la sfida aperta"
Alla Festa democratica (MM Lampugnano) presso lo spazio coop