mercoledì 2 settembre 2009

Milano, ha un sapore razzista la proprosta di numero chiuso per Rom e Sinti

Vorrei fare alcune considerazioni riguardo la proposta di legge presentata dal Consigliere Regionale Silvia Ferretto Clementi, e recentemente sostenuta dall’assessore Stefano Maullu, che propone l’istituzione di un numero chiuso per i “nomadi” presenti sul territorio dei Comuni Lombardi.
Innanzitutto il Consigliere Clementi intende questa proposta come una necessaria revisione della legge regionale n.77, del 1989 attualmente in vigore, denunciando una mancanza di “doveri” attribuiti alle popolazioni rom e sinte. Probabilmente alla signora sfugge il fatto che una gran parte dei cosiddetti “nomadi” sono cittadini italiani da molte generazioni e come tali hanno gli stessi diritti e doveri di qualsiasi altro cittadino della Repubblica Italiana. Quindi la sua proposta di “numero di nomadi massimo per ogni Comune: 1 per mille della popolazione residente” non ha alcun senso visto che i Cittadini italiani, appartenenti alle minoranze sinte e rom, fanno già parte della “popolazione residente”. Se la sua attenzione era rivolta invece ai Rom immigranti provenienti dai paesi dell’est Europa alla Consigliera non potrà sfuggire il fatto che essi ricadono, per loro sfortuna, nella giurisdizione attualmente in vigore in materia di immigrazione (legge Bossi-Fini) che di certo non è manchevole nell’attribuzione dei doveri ma semmai, al contrario, in materia di diritti.
Vi è poi da segnalare un passaggio di questa proposta che così recita: “per contrastare la criminalità e dare una maggiore sicurezza è indispensabile spezzare il circolo vizioso dell’ignoranza, dell’illegalità e dello sfruttamento in cui i bambini nomadi vengono cresciuti”. Qualsiasi individuo sano di mente si renderebbe conto che questa è una generalizzazione infarcita di razzismo e di ignoranza.

Ignoranza nell’uso della parola “nomadi” per designare le popolazioni di lingua sinta e romanes, molte e multiformi, alcune delle quali nulla hanno a che fare col nomadismo (semmai è la nostra “società civile” che con queste continue “cacciate” li condanna a una fuga perenne), ignoranza circa i costrutti sociali di queste popolazioni per le quali i figli sono il bene primario, ma soprattutto grave razzismo nel bollare centinaia di migliaia di persone indiscriminatamente come criminali solo in virtù di un appartenenza etnica.
Questa proposta di legge ha lo stesso sapore razzista delle famigerate leggi razziali di hitleriana e mussoliniana memoria che infiniti lutti e disperazioni seminarono per l’Europa appena settant’anni or sono. Da questa proposta emerge una forte esigenza a circoscrivere (diciamo pure imprigionare), rieducare, e dove le prime due istanze non fossero realizzate, cacciare (ma dove, scusate?) o comunque in qualche modo eliminare chi ha come unica “colpa” quella di essere nato Sinto o Rom.
E tutto ciò che cosa risolverebbe infine, a parte creare una spirale di odio e violenza? Le strade da percorrere per arrivare a una pacifica e costruttiva convivenza tra cittadini italiani (anche di etnia rom e sinta) e migranti rom (molti dei quali oramai da tempo cercano un difficile inserimento nella nostra complessa società) non passano certo attraverso a proclami razzisti che hanno come unico scopo in realtà di aumentare la percezione di paura della gente nei confronti dei “diversi”; una paura diffusa che fa moto gioco ai politici in vista delle elezioni. La strada è quella dell’interazione e della mediazione culturale, una strada quotidianamente percorsa in molti comuni della Regione Lombardia, che ha ottenuto risultati nei campi della scolarizzazione dei bambini, nella facilitazione di reperimento del lavoro degli adulti, nell’interazione sociale e che ha anche portato nel 2005 un cittadino sinto a diventare consigliere comunale di una città lombarda. Invito per tanto i suoi lettori a riflettere sulle proposta di legge avanzata dalla Consigliera Clementi e a domandarsi se davvero una proposta di legge simile risolverebbe qualcosa o invece sarebbe soltanto l’ennesimo attacco razzista che in fondo non offre nessuna soluzione concreta e propositiva alle diverse problematiche che nell’Italia di oggi coinvolgono gli appartenenti alle popolazioni rom e sinte. di Barbara Nardi, Vicepresidente dell’associazione Sucar Drom
p.s.
Invito la signora Silvia Ferretto Clementi a rileggersi la Costituzione italiana (in particolare l’Articolo 3) e la Carta dei Diritti dell’Uomo (in particolare l’articolo 13).

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