venerdì 6 maggio 2011

Corte costituzionale: incostituzionale la norma che attribuisce ai Sindaci il potere di emanare ordinanze in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana

Dopo le dichiarazioni del Ministro Roberto Maroni che ha annunciato di voler reintrodurre la norma che attribuisce ai Sindaci il potere di emanare ordinanze in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana, ritorniamo sul tema pubblicando il resoconto della sentenza a cura dell'ASGI. Il ministro continua a ripetere che la Corte costituzionale ha bocciato la norma per un vizio procedurale ma non è così. Scarica la sentenza...
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 115 /2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125, nella parte in cui comprende la locuzione «anche» prima delle parole «contingibili e urgenti».
E' dunque incostituzionale la facoltà dei Sindaci di adottare provvedimenti con efficacia normativa e di natura permanente in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana. Resta invece la possibilità di provvedimenti dei Sindaci in materia di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, purchè soltanto contingibili ed urgenti.
Secondo la Corte delle leggi, la disposizione introdotta nel “pacchetto sicurezza” del 2008 e che attribuiva ai Sindaci il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione al fine di “prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”, veniva in contrasto con il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto.
Infatti, la normativa del 2008 aveva come effetto quello di conferire all’autorità amministrativa un potere assolutamente indeterminato, cioè una “totale libertà” suscettibile dunque di sfociare nell’arbitrio in un ambito relativo ai diritti di libertà ovvero all’imposizione di comportamenti individuali, di fare o non fare, in contrasto quindi con la riserva di legge di cui all’art. 23 della Costituzione.
Ugualmente, la Corte ha rimarcato il contrasto della norma con l’art. 97 della Cost. relativo all’imparzialità dell’amministrazione pubblica. Infatti, secondo la Corte, l’assenza di limiti che non siano genericamente finalistici nell’operato delle amministrazioni comunali, non consente che l’imparzialità dell’agire amministrativo trovi, in via generale e preventiva, fondamento effettivo nella legge. Ne consegue, secondo la Corte, anche la violazione del principio di uguaglianza, giacchè comportamenti medesimi potrebbero essere ritenuti variamenti leciti o illeciti a seconda delle frazioni del territorio nazionale, rappresentate dagli ambiti di competenza dei Sindaci.

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