martedì 3 maggio 2011

Maroni non capisce e sfida la Corte costituzionale

Il Ministro Maroni ci riprova a trasformare i Sindaci italiani in sceriffi anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Maroni a Milano ha affermato: "Presenterò un decreto legge sulla sicurezza urbana - ha spiegato Maroni - per ovviare al problema della sentenza della Corte costituzionale" che ha bocciato il potere di ordinanza dei sindaci.
Secondo Maroni questa è una "censura più di metodo che di merito e quindi facilmente superabile con lo strumento legislativo". Il ministro ha detto che nell'ambito dello stesso dl proporrà anche un "aggiornamento sulle norme per la polizia locale che sono ferme agli anni '70".
I giudici costituzionali, con la sentenza 115 dell'aprile scorso, hanno ritenuto violati gli articoli 3, 23 e 97 della Costituzione riguardanti il principio di eguaglianza dei cittadini, la riserva di legge, il principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative.
Le ordinanze dei sindaci, così come previste dal "pacchetto sicurezza", scrive la Consulta, incidono "sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati". Ma, fa notare la Corte, "la Costituzione italiana, ispirata ai principi fondamentali della legalità e della democraticità, richiede che nessuna prestazione, personale o patrimoniale, possa essere imposta, se non in base alla legge", così come previsto dall'articolo 23 della Carta.
Pertanto, sottolinea la sentenza, "nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti", il "pacchetto sicurezza" "viola la riserva di legge relativa" perché "non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi, aggiunge la Corte, sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge".
Ma c'è di più: la "assenza di una valida base legislativa" nell'ampio potere di ordinanza conferito ai sindaci non solo "incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della pubblica amministrazione" ma, afferma la Consulta, lede anche il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

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