giovedì 21 luglio 2011

Massa Carrara, "Homo migrans" prima nazionale

Lunedì 25 luglio 2011 all'Anfiteatro di Luni (Massa Carrara) si terrà la prima nazionale di HOMO MIGRANS, racconto teatrale e musicale di Marco Rovelli. Regia di Renato Sarti (assistente alla regia Marco Di Stefano). Con Moni Ovadia (in foto), Marco Rovelli, Jovica Jovic (in foto), Mohamed Ba e Camilla Barone. Produzione Teatro della Cooperativa in coproduzione con Festival Lunatica.
Homo migrans è una riflessione sull’esperienza della migrazione nella sua universalità: intreccia storie differenti per tracciare una forma comune. Ancora una volta a metà tra teatro di narrazione e teatro canzone, cinque personaggi raccontano singolarità migranti, per rivelare analogie e differenze fra le esperienze, per far risuonare comunanze. “Risuonare”, sì. Perché questo è anche un viaggio musicale che segue gli intrecci delle differenti storie e diventa, a sua volta, commistione fra linguaggi musicali di eterogenea provenienza, mescolanza fondamentale che segna il percorso narrativo.
Moni Ovadia è il maestro di scena. Apre lo spettacolo raccontando il senso dell'erranza degli umani, condensato nell'esperienza “nomade” e “ubiquitaria”, inafferrabile e irriconoscibile, del popolo ebraico. Il suo intervento avrà il compito di universalizzare le vicende specifiche raccontate dagli altri attori, attraverso il canto e le canzoni tradizionali della tradizione yiddish e rom.
Marco Rovelli racconta invece una storia ritrovata, quella di Alfredo, un giovane bracciante mugellano della campagna fiorentina. Lui deve aiutare nei campi e non può studiare come invece gli piacerebbe fare (la famiglia prova vergogna a causa della sua passione per i libri). Non vorrebbe fare il contadino, sente che fuori da quella campagna ci sono altre opportunità. Si innamora di una ragazza, ma la famiglia di lei si mette di mezzo perché lui è troppo povero. Quando la sorella resta incinta di un militare e la colpa viene gettata su di lui, decide di abbandonare la famiglia e di andare in cerca di libertà e fortuna. Fa l'ambulante in Toscana finché arriva a Milano per iniziare a lavorare in fabbrica.
Il racconto della storia di Alfredo è costellato da canti della tradizione popolare toscana, quelli del classico repertorio di Caterina Bueno che, in un'inedita ibridazione musicale, vengono eseguiti dalla fisarmonica di Jovica Jovic, rom serbo e maestro di fisarmonica cromatica. Jovica suona ma non racconta, resta muto. Pare un uomo di un altro tempo, ieratico, come se nelle pieghe del suo volto ci fosse la Storia.
La storia di Alfredo è il fil rouge di Homo migrans. Attorno ad essa si dipanano gli altri fili. Uno di questi viene raccontato Camilla Barone: è la storia di una nonna contadina del Veneto che lascia il suo paese prima per lavorare nei campi del Polesine, poi per Milano, dove andrà ad abitare costruendosi una casa in uno di quei sobborghi cresciuti nell'hinterland della città negli anni cinquanta chiamati “Coree”.
Mohamed Ba racconta invece la vicenda di un migrante senegalese di questi anni, che lascia il suo paese e arriva a Milano, dove fa prima l'ambulante e poi il muratore.
Cronache simili in molti aspetti che sembrano palesare l’incapacità dell’Uomo di imparare le lezioni della Storia. Narrare, allora, significa riportare alla memoria e allargare la comprensione della realtà presente. Poi, d’improvviso, dopo aver ascoltato le altre storie, Jovica comincia a parlare.
Jovic è un rom serbo con una storia personale iperbolica: gli zii morti ad Auschwitz, le persecuzioni in Serbia, l’emigrazione in Italia, a Milano. Anche lui ricorda i mille campi in cui ha dovuto abitare, la detenzione in un Cpt da cui però non è stato espulso solo grazie all’intervento delle autorità e di personalità come quella di Moni Ovadia.
Sarà Moni Ovadia stesso a chiudere: anche lui è stato un profugo, dalla Bulgaria. E anche per lui il punto d'arrivo del viaggio è stato Milano. Toccherà invece a Renato Sarti, milanese di adozione ma nato a Trieste (città mitteleuropea e di confine che per decenni, fino alla fine della Prima Guerra mondiale, è stata per antonomasia luogo di incontro di lingue, culture, economie), cucire queste cinque esperienze così diverse e così significative.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie di aver messo la mia foto. orgogliosa del fratello JJ :)
ivanak

u velto ha detto...

bella foto Ivana, complimenti!!