Era arrivata la primavera e dalla
montagna c'eravamo spostati più in giù per la Valle dell'Adige,
accampandoci in un vigneto vicino al fiume, tra Trento e Rovereto.
Usavo accompagnare mio nonno alla
mattina quando andava al fiume per lavarsi. Quel giorno aveva visto
un pesce nel fiume. Forse una trota. E per afferrala s'arrotolò su
la manica della camicia. Riuscì a prenderla e me la mostrò: «Se
avessimo avuto questo pesce quando eravamo nei campi...».
Nello stesso momento vidi le tracce di
un numero tatuato sul suo braccio. E il nonno aggiunse: «Questo me
lo hanno fatto i tedeschi, nei campi: nei Lager dove noi sinti
venivamo marchiati come le bestie». Si volse di scatto verso il
fiume ed io intuì che non voleva più parlare.
Solo molto più tardi, dopo due o tre
anni, mi fece capire le sofferenze che aveva patito nei campi di
concentramento.
da Appunti di Viaggio di Olimpio Cari
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