venerdì 14 marzo 2014

Elezioni Ue, Dijana Pavlovic è candidata

Dijana Pavlovic (foto), di origine rom, attrice, mediatrice culturale e attivista per i diritti umani è nata in Serbia nel 1976, laureata all’Accademia di Belgrado, dal 1999 vive a Milano con il suo compagno e un figlio di 4 anni. Attrice di teatro, è stata interprete di fiction televisive e film. Prende consapevolezza delle condizione dei Rom e inizia l’impegno per il suo popolo come mediatrice culturale. Da questa esperienza inizia la sua attività di militante per i diritti dei rom e delle minoranze sul piano artistico, come protagonista e autrice di spettacoli sulla condizione rom e su quello politico, come cofondatrice della Federazione Rom e Sinti Insieme che unisce le diverse associazioni sinte e rom per il diritto a essere portavoce di se stessi. Interviene presso le istituzioni europee (OCSE, ERRC, ecc.) che si occupano delle discriminazioni etniche, sociali e politiche. E’ fondatrice della Consulta Rom e Sinti di Milano.

Candidata al Comune di Milano nella lista civica Uniti con Dario Fo nel 2006, poi nella lista Arcobaleno rompe un tabù e diventa la prima candidata rom alle elezioni politiche in Italia nel 2008, mentre nelle precedenti elezioni per il Parlamento europeo accetta la candidatura per la Federazione della sinistra. Attualmente lavora come Responsabile italiana per i programmi ROMED e ROMACT del Consiglio d’Europa e della Commissione europea. Per le prossime europee è candidata nella Lista Tsipras. A Euronews la Pavolcic ha illustrato questo suo impegno.

Come è nata questa candidatura e con quali obiettivi?
Non è la prima volta, alle ultime elezioni europee mi sono candidata con la Sinistra Arcobaleno. La partecipazione politica nella mia vita ha sempre avuto un ruolo fondamentale. Ero impegnata prima in Serbia dove ho vissuto fino al ‘99 e poi in Italia, attraverso l’attivismo per i diritti del mio popolo e delle minoranze in generale. Rom e sinti sono la più grande minoranza europea, siamo 12 milioni di persone, viviamo in tutti i Paesi, parliamo tutte le lingue europee, pratichiamo tutte le religioni, e nonostante questo non abbiamo una degna rappresentanza a livello europeo.
Un problema di tutte le minoranze. De 751 seggi del Parlamento europeo solo 15 sono di parlamentari che rappresentano una minoranza etnica, di questi 15 soltanto 2 sono di etnia rom. Eppure il Parlamento europeo è fondamentale per le azioni che riguardano questioni come l’uguaglianza dei diritti, l’inclusione sociale delle fasce deboli, la tutela delle minoranze. Temi che trovo pienamente nella Lista Tsipras e dunque ho accettato la candidatura con entusiasmo.


Quali sono oggi le principali discriminazioni avvertite alla Comunità rom e sinta in Italia e in Europa?
Le condizioni delle nostre Comunità in Italia e in Europa sono pessime. Stiamo parlando di un popolo nel quale la vita media è di 63 anni, la mortalità infantile altissima, la disoccupazione è del 93%. Possiamo parla re di discriminazioni istituzionali (vi ricordo l’emergenza nomadi del 2008 con il censimento etnico del Ministro degli interni Maroni), di crimini d’odio come i raid razzisti sempre più frequenti in tutta Europa, di discriminazione culturale (siamo presenti sul territorio italiano dal 1400, eppure non siamo riconosciuti come minoranza), di discriminazioni quotidiane, nel lavoro, nella scuola o semplicemente sul tram, e anche di discriminazioni subdole come quelle di coloro che ci vogliono bene e che da 30 anni hanno tenuto in stato di minorità le nostre Comunità con politiche solo assistenziali non permettendo a un popolo intero di crescere e migliorare mettendo in gioco la propria responsabilità … scelga lei.

Non v’è dubbio che esistono forti pregiudizi da parte della popolazione nei riguardi dei Rom. Però lei deve ammettere che qualche colpa c’è l’hanno anche quei Rom che con certi comportamenti poco civili non facilitano l’auspicato processo d’integrazione. In parole povere, non crede che per cambiare radicalmente l’immagine collettiva è necessario che una forte spinta arrivi anche all’interno della Comunità rom?
Certo, non le rispondo con la banalità che non tutti gli italiani sono mafiosi, ma la spinta deve essere nella crescita e nella responsabilizzazione delle Comunità. Bisogna accogliere la richiesta dei rom di essere ascoltati e considerati come parte in causa. Vi siete mai chiesti perché tutti parlano a nome dei rom e nessuno chiede loro cosa ne pensano, per esempio, con quali politiche si potrebbe migliorare la loro condizione e di conseguenza anche di quella di chi è infastidito da loro? Come mai la questione rom è diventata quasi un’industria? Pensate che solo a Roma ci sono 500 persone che lavorano con un contratto per la questione rom e nessuna di loro è rom.

Durante la celebrazione a Roma dell’8 marzo delle donne rom diverse giovani ragazze hanno raccontato d’essere riusciti a integrarsi perfettamente sul piano sociale ed economico. Lei, che rappresenta un esempio concreto di quest’ integrazione, sul piano strettamente personale, onestamente si sente ancora discriminata?
Mi sento personalmente discriminata e profondamente toccata ogni volta che in televisione sento i vari Borghezio, Salvini e Gentilini, ogni volta che mio figlio nel parco giochi si trova vicino a bambini che giocano a caccia allo zingaro, ogni volta che qualcuno non sapendo delle mie origini cerca complicità nei miei occhi contro qualche zingarello che suona nella metropolitana. Certo, adesso ho mezzi e capacità per affrontarlo a differenza di quando ero bambina. Per questo faccio molta attenzione nell’ educare mio figlio a essere consapevole orgoglioso di quello che è.

Cambiamo argomento. Quando nel 1991 è scoppiata la guerra civile nell’ex Yugoslavia lei era ancora una bambina. Oggi, da adulta, come si spiega questa guerra di tutti contro tutti, che ha visto massacri inauditi tra gente che fino a poco tempo prima conviveva pacificamente sulla stessa terra?
E’ un argomento per me difficile e doloroso. Se vuole un’ analisi politica, fredda e disinteressata, non sono in grado di dargliela. L’ignoranza, la superficialità e la mancanza di analisi storica politica e economica per quanto riguarda la penisola balcanica da sempre è un paravento dietro il quale si nasconde una politica di pura espansione economica e religiosa. Non dimentichiamoci che la prima rottura fu della cattolicissima Slovenia che scelse la sfera d’influenza economica della Germania grazie anche all’iniziativa di Papa Wojytila. In questi casi si mescolano sempre i grandi interessi dei Paesi forti, che con la scusa di esportare la democrazia importano le materie prime e il controllo geopolitico, con le complessità storiche profonde di regioni come le nostre.
Per quanto riguarda le responsabilità e il comportamento di Europa e Stati Uniti vi posso fare un esempio. Vi ricordate la dichiarazione dell’indipendenza del Kosovo? L’indipendenza dichiarata unilateralmente venne riconosciuta da alcuni Stati europei, nonostante il diritto internazionale e la sovranità dello Stato serbo, per opportunità politica e con una superficialità assoluta. Il risultato fu disastroso, la Serbia si accese come un fiammifero, poi seguirono i bombardamenti di Belgrado.
Sono morte tante persone, alcune le conoscevo. Erano con me in piazza per protestare contro il regime di Milosevic. E poi il Kosovo fu consegnato agli esponenti del UCK, terroristi con lunghe fedine penali, diventò la terra di tutti i traffici, dalle armi, agli organi, alle donne, mentre in Serbia venne importata la ‘democrazia’ con le bombe dei grandi salvatori che partivano dall’Italia. Una democrazia dalla quale ancora oggi non riusciamo a riprenderci visto il livello di disoccupazione e di corruzione.
In ogni caso, la mia generazione che ha vissuto quell’orrore, che da studenti ha combattuto nelle piazze contro il regime di Milosevic e mentre aveva bisogno di un piccolo supporto della comunità internazionale, questa considerava Milosevic l’unico uomo che poteva risolvere i problemi dei Balcani, quella generazione che poi si è vista arrivare le bombe sulla testa, ha sempre comunque avuto il sogno dell’Europa, come una casa propria, un Europa dei popoli, solidale, senza confini, senza prepotenze, senza nazionalismi e senza guerre. di Rainero Schembri


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