Annunciato il 30 luglio 2013 dalla
Ministra dell'Integrazione Cécile Kyenge e dalla Vice Ministra con
delega alle Pari Opportunità M. Cecilia Guerra (facenti parte del
precedente Governo Letta), il Piano nazionale contro il razzismo e la xenofobia avrebbe dovuto essere presentato in novembre, ma non se ne
sa più nulla.
Ci ricorda questo anche il grido contro
la discriminazione e l'indifferenza che un cittadino di Pietrasanta
(Lucca), Stefano Pierotti, ha riposto in otto cartelli grondanti
gocce di sangue con disegnate alcune figure umane che, come
deportate, vengono allontanate con un carro attrezzi: una protesta
"artistica" efficace per denunciare l’intolleranza verso
i venditori ambulanti di origine straniera. Si può leggere
l'articolo qui.
Per ‘discriminazione territoriale’
s’intendono cori, insulti e provocazioni che, generalmente, una
tifoseria rivolge a quella ospite, ‘colpevole’ di provenire da
un’altra regione d’Italia. Nella maggior parte dei casi, il
bersaglio dei cori sono i napoletani, definiti ‘colerosi’, e la
città di Napoli.
Nel maggio 2013, il congresso dell’UEFA
ha inasprito le pene per i casi di razzismo negli stadi. Punto di
partenza è l’articolo 14 delle Regole Disciplinari della UEFA, che
si riferisce a “chi insulta la dignità umana di una persona o di
un gruppo di persone in qualsiasi modo, inclusi il colore della
pelle, la razza, la religione o l’etnia”.
Ogni singola federazione ha dovuto,
poi, recepire le direttive europee, i cui provvedimenti prevedono
avvertimenti ai singoli club, sospensione o interruzione di partite
in caso di cori e ululati razzisti, la chiusura del settore
‘colpevole’ (se la prima volta) o dello stadio intero (a partire
dalla seconda volta) e, addirittura, dieci turni di squalifica ai
giocatori che si macchina di un’azione, gesto o insulti razzisti.
La modifica del codice di giustizia
sportiva della FIGC ha, però, causato un’estensione del concetto
di razzismo a tutta un’altra serie di discriminazione, compresa
quella che riguarda l’origine territoriale. Al punto 11, comma 1,
il documento recita, infatti, che “costituisce comportamento
discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni
condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa,
denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione,
lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale e/o etnica, ovvero
configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque
inneggiante a comportamenti discriminatori”.
di Emanuele Nitri e Carlo Berini in
Newsletter Articolo 3 Febbraio 2014
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