E’ da qualche giorno che rifletto
sull’orrenda notizia che riguarda il paese di Borgaro dove un
sindaco ed un assessore hanno deciso di sdoppiare una linea del bus
per dedicarne una al solo trasporto dei rom e l’altra per la “gente
per bene”; secondo i due amministratori sarebbe questo l’unico
modo per risolvere i casi di furto che si verificano ogni giorno sul
bus.
Avrei voluto subito scrivere al sindaco
offrendo un po’ di dati precisi: ricordargli che in Italia noi rom
e sinti siamo 150mila e che per più della metà siamo pure di
cittadinanza italiana; che non siamo caratterizzati da alcun gene
ereditario che ci induce al furto; che gli ultimi che teorizzarono
questi concetti furono coloro che ci rinchiusero nei campi di
sterminio e che a gennaio con la mia associazione partiremo proprio
dalla Toscana con il Treno della Memoria insieme a molti studenti per
riflettere su ciò che fu causato dalla teorizzazione di un’umanità
da categorizzare su base razziale.
Avrei voluto ricordargli che le
responsabilità di un furto non sono mai comunitarie, ma della
singola persona che commette il reato; avrei inoltre aggiunto che se
tu metti delle persone a vivere in delle discariche riducendole alla
stregua di topi, il tasso di criminalità sicuramente s’innalza, ma
non ha niente a che fare con gli usi e costumi di un popolo (è stato
lo stesso per gli italiani chiusi nei putridi ghetti nell’America
d’inizio secolo).; avrei voluto mostrargli i dati che rivelano che
tra rom e sinti in Italia il tasso di criminalità a livello
nazionale non è più elevato rispetto a quello di altri gruppi. Poi
ho letto l’editoriale di Massimo Gramellini e sono diventato ancora
più triste: anche il giornalista de La Stampa ammoniva «Le leggi
valgono per tutti ed è inaccettabile che la comunità rom si arroghi
il diritto di violarle con sistematicità, adducendo il rispetto di
tradizioni che giustificano il furto e l’accattonaggio infantile».
Una comunità che diventa colpevole
“tutta insieme”; non più distinta in singoli individui, ma con
mani e braccia comunitarie? Non esiste alcuna cultura dei rom che
giustifichi il furto o l’accattonaggio minorile, ma dovete
smetterla di parlare di noi ed iniziare a frequentarci per
convincervene, per accorgervi che non siamo né avanzi di galera, né
santi, ma soltanto persone come tutte le altre, in grado di operare
scelte individuali.
Volevo scrivere al sindaco, ma mentre
ci provavo a tarda notte, mi sono addormentato ed ho sognato:
Ero a Borgaro ed ero al capoolinea
della linea 69, quella sdoppiata; da un lato il bus riservato ai rom
e dall’altro quello per “la gente per bene”. Quest’ultimo era
già completo e pronto a partire, il primo continuava ad imbarcare
gente che si muoveva in una lunga fila.
Cercavo di scorgere le facce delle
persone in fila che, com’è usuale per noi rom e sinti, avevano
svariate nazionalità: il primo era mio figlio, il più piccolo,
operaio tessile a Prato finché la crisi lo ha costretto alla
disoccupazione, subito dopo venivano alcuni amici del campo di
Mezzana sempre a Prato, fanno di cognome Galliano e sono imparentati
con i Reinhardt tedeschi, chi della loro famiglia restò in Germania
trovò la morte ad Auschwitz; subito dietro venivano alcuni miei
nipoti, dalla più piccola (quasi tre anni) al più grande che di
lavoro fa il regista; dietro di loro un’amica rom di Torino che fa
la neurologa (non ha mai rivelato in ospedale la sua origine rom) ;
poi un operaio, un frate, un cantante, un calciatore, alcuni che si
occupano della raccolta del ferro, altri ancora che allevano i
cavalli; un po’ più indietro riconoscevo una parlamentare europea
e subito dopo la figura del mio povero nonno, giostraio da
generazioni (proprio come me) ed ancora più distanti un gruppo di
studenti con gli zaini in spalla, uno era mio nipote che frequenta
una delle scuole superiori più impegnative della città con ottimi
risultati. Per ultimi salivano sul bus alcuni volti noti come Antonio
Banderas, Yul Brinner, Michael Caine, Joaquin Cortés, Rita Hayworth,
Bob Hoskins, Gerhard Müller.
Il bus imbarcò tutti quanti e mentre
svoltava la via comparve dal finestrino un ultimo volto. Era Charlie
Chaplin (da poco è stata verificata la sua origine rom da parte di
madre), anche lui nato quindi su un carrozzone rom. Si voltò, guardò
il sindaco che guidava l’altro bus e sorrise.
Al risveglio mi sono sentito più
sereno. di Ernesto Grandini
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