Un fatto di cronaca efferato, la morte di una donna per mano di un uomo di nazionalità romena fermato per le accuse di una sua connazionale, è stato cinicamente usato per una pessima politica che ha rappresentato l'omicidio come conseguenza di un'emergenza rumena - dei rom - degli immigrati. Un cinismo che ha invocato perfino la cacciata (dove?) dei Rom reclusi nella drammatica realtà, dei "campi", una vergogna da affrontare con ben altre politiche su cui molti amministratori locali sono impegnati.
Politica pessima perché si insinua in un sentimento di paura, avvampandolo e orientandolo contro un capro espiatorio di turno. Ieri gli albanesi, oggi i rumeni. Politica pericolosa che pensa di difendere una comunità nella contrapposizione di "noi contro il nemico identificato con l'altro, lo straniero" e per questo produce segregazione, razzismo e xenofobia. Un'impostazione che ha prodotto le pagine più terribili della storia del novecento. La generalizzazione usata contro i romeni è ancor più grave perché ha suscitato un' onda emotiva che neutralizzato la principale caratteristica del manifestarsi delle violenze: quella di essere legate alla sessualità maschile. Ha rimosso tutte le storie di ordinaria violenza da parte di uomini su donne consumate dentro relazioni d'amore o dentro normali legami familiari. I dati parlano chiaro, le donne muoiono principalmente per mano di uomini di tutte le classi, le fedi, le culture, i territori.
La manifestazione di donne del 24 novembre scorso ha espresso un'altra reazione all'omicidio della signora Reggiani, di tutt'altro segno, critica verso le misure securitarie. di Marisa Nicchi (Deputata SD, Commissione Affari Costituzionali), continua a leggere…
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