In Italia e' in atto una vera e propria apartheid nei confronti delle comunità rom e sinte che pensano di inoltrare un rapporto alle Nazioni Unite. Questa, in sintesi, la situazione descritta in una conferenza stampa dalle associazioni rom e sinte che hanno partecipato Roma, presso la scuola superiore dell'amministrazione dell'Interno, alla conferenza europea sulla popolazione rom.
"Siamo disperati - racconta Nazzareno Guarnieri mediatore culturale rom - e abbiamo bisogno di un radicale cambiamento di metodo da parte dell'Italia nei nostri confronti. Non vogliamo più essere un oggetto di studio ma un soggetto di confronto".
Per Djiana Pavlovic (in foto), della comunità rom di Milano, ormai i rom non sono più "nomadi", per questo hanno bisogno di case, di lavoro e di vivere una vita normale. L'uccisione a Roma della signora Reggiani, spiega ancora, ha scatenato una vera e propria "caccia allo zingaro" ed è stato dimenticato che proprio una donna rom ha chiamato aiuto fermandoo un autobus in strada.
Per tutti la soluzione è quella di riconoscere le popolazioni rom e sinte come minoranza linguistica nazionale e riconoscere quelli che vivono in Italia da tanti anni come italiani e concedere permessi di soggiorno per chi vive nei campi regolari. Quindi e' urgente trasformare i cosiddetti "campi nomadi" in piccoli villaggi non segregati ma ben collegati con il resto della città e soprattutto prestare la massima attenzione per consentire ai bambini rom e sinti di frequentare le scuole con il coinvolgimento concreto dei genitori.
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