Non solo impronte. I campi, la casa, l'inserimento dei bambini a scuola, il monitoraggio dei fondi per gli interventi di inserimento. Al meeting antirazzista annuale organizzato dall'Arci a Marina di Cecina, in provincia di Livorno, irrompe la questione rom. O meglio dei rom e dei sinti.
Mercoledì, nella settimana di dibattiti e seminari, è la giornata dedicata a loro, ad una assemblea generale, specie di stati generali di 22 tra organizzazioni e comunità di varie parti d'Italia da cui prende corpo la nuova Federazione Rom e Sinti Insieme, una associazione nuova che vuole cambiare approccio e lo fa con un proprio manifesto politico, un documento pieno di proposte con cui chiede una interlocuzione al Governo e agli enti locali. L'assemblea è "salutata" da locandine terrorizzanti "sull'impatto criminogeno" e "i rischi per il turismo" del litorale toscano su alcuni quotidiani come La Nazione e addirittura con una interpellanza firmata dalla capogruppo dei consiglieri locali del Pdl.
Al villaggio della Cecinella il can can della destra su quello che sembra una calata degli Unni, e si tratta invece di una cinquantina di persone - "i costi di spostamento sono molto alti, non tutti possono permetterselo" - arriva comunque attutito e assurdo. È vero che i politici di governo che erano stati invitati, a cominciare dal ministro Maroni, non si sono presentati, e anche quelli del governo-ombra hanno dovuto declinare l'invito perché "impegnati in votazioni alla Camera" ma rappresentanti delle istituzioni ci sono: sono i rappresentanti delle amministrazioni locali che si pongono il problema non in termini di "emergenza" o "sicurezza" ma di integrazione e convivenza. E il loro riconoscimento della nuova Federazione Rom e Sinti è davvero convinta, "perché nessuna politica di integrazione vera è possibile senza un soggetto in grado di intessere un dialogo nuovo, che riesca essere credibile, protagonista di un cambiamento che metta in discussione le facili etichette affibbiate ai rom e ai sinti", riconosce Rita Zanutel, assessore alla Provincia di Venezia.
"Se siamo arrivati a questo orrore della schedatura e delle impronte da prendere ai nostri bambini - dice Nazareno Guarnieri (in foto), rom italiano, di Pescara, presidente del "nuovo soggetto politico" - è anche perché l'approccio e le politiche del passato hanno fallito. E hanno fallito anche perché troppo spesso, per non dire sempre, finora, la mediazione culturale che è stata affidata ai rom e ai sinti è stata solo improvvisata e strumentale, senza percorsi di formazione, coordinamento, solo da "orsetto". Della serie: "Tu sei rom? Bene rappresenta i rom, tutti, poco importa se sei riconosciuto, se c'è un percorso partecipativo dietro". Per evitare la logica "orsetto" la Federazione chiede ora un ufficio nazionale con una banca dati dei progetti, un monitoraggio sui fondi impiegati e ramificazioni territoriali.
La distanza viene rimarcata evitando accenti polemici con l'Opera Nomadi, finora unica organizzazione riconosciuta a livello nazionale di rom e sinti, "colpevole" ad esempio di aver accettato "l'istituzionalizzazione dei campi nomadi come fossero parte della cultura dei rom e dei sinti" mentre nella ex Jugoslavia e anche in Italia la maggior parte di Rom e Sinti abita in case di mattoni e non è più nomade. I campi - si spiega - sono stati adottati "come unica soluzione" definitivamente con legge Martelli e accettati come male inevitabile, senza nessuna possibilità di alternativa o di voce in capitolo da parte di chi doveva vivere lì. "Così siamo stati relegati sempre più ai margini, come rifiuti umani da ammassare al confine delle periferie urbane"- parla ancora Nazareno - e da lì poi è difficile affrancarsi, andare a scuola, sentirsi uguali agli altri, ai "gagi", cioè ai non zingari.
Tra i primi punti della Federazione c'è invece una pluralità di soluzioni abitative - da micro campi familiari di sosta per chi è ancora nomade, a case popolari, a mutui agevolati soprattutto per i sinti che già, come documenta uno studio della Provincia di Venezia, hanno comprato terreni e immobili spesso sfuggendo a qualsiasi censimento perché residenti da tempo. Perché come spiega Demir Mustafà, rom di Firenze "le nostre realtà sono molto diversificate". C'è chi è italiano da generazioni e vota - le prime comunità "zingare" sono arrivate in Italia nel 1400 - e chi ha comunque la residenza e almeno qualche lavoro precario, agli ultimi kosovari appena arrivati.
Dal punto di vista degli amministratori resta la difficoltà di adottare qualsiasi tipo di scelta che non sia la cacciata di chi è etichettabile come "zingaro" in un clima in cui la destra ha fatto di questa campagna un cavallo di battaglia che non ha finora incontrato resistenza culturale abbastanza forte né interventi e soluzioni alternative credibili.
Per uscire da questo circolo vizioso l'assessore alle Riforme della Regione Toscana Agostino Fragai lancia due proposte di legge e una proposta di sperimentazione nel territorio. Si tratta di una legge sulla decisione partecipata che istituisce, su problemi spinosi, che hanno bisogno del consenso popolare, un percorso di confronto con le popolazioni locali. La legge può interessare la realizzazione di un inceneritore o altro. Ma la giunta presieduta da Claudio Martini ha intenzione di avviarne la sperimentazione proprio sulla questione dei rom e dei sinti, in un comune ancora da individuare. L'altra proposta è una legge che darà il diritto al voto alle amministrative a tutti gli immigrati residenti in Toscana da più di cinque anni. "Il governo rigetta l'accusa di prendere misure razziste perché ce l'ha solo con chi delinque ma cosa fa per chi è innocente?", dice Fragai.
"Noi chiediamo solo il rispetto delle leggi esistenti e delle Direttive europee esistenti - dice Eva Rizzin - compreso la sollecitazione delle Nazioni Unite all'Italia a riconoscerci come minoranza linguistica". Difficile l'integrazione degli alunni nelle scuole però senza insegnanti di sostegno, senza fondi per la mediazione interculturale come sembra dai tagli della prossima Finanziaria. Ma questo è ancora un altro capitolo.
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