Il decreto Maroni sulla sicurezza è stato firmato il 5 agosto, e quattro giorni dopo è apparso sulle plumbee colonne della Gazzetta Ufficiale. Non è un atto normativo come i tanti che l’hanno preceduto: trasforma i sindaci in sceriffi, e d’altronde anche nel Far West gli sceriffi venivano pur sempre eletti dai propri concittadini. Gonfia il potere d’ordinanza sindacale, ben oltre i limiti concessi dal principio di legalità, che in uno Stato di diritto significa primato della legge, ovvero monopolio della legge, quando entrano in gioco le libertà dell’individuo.
In nome del «decoro urbano» e della «pubblica decenza» fa appello alla creatività delle amministrazioni locali, che il minuto dopo ne hanno profittato per coniugare la fantasia a una robusta dose di sadismo. E in conclusione fa esordire alle nostre latitudini una nuova specie di federalismo: il federalismo dei divieti. Insomma una multa per ogni campanile, quando si sa che l’Italia è il paese dei mille campanili, ciascuno ben distinto da quello che svetta nella collina accanto.
Ma dopotutto questo giro di vite risponde sotto sotto all’esigenza di far cassa, di rimpinguare le esauste casse dei Comuni. Sicché a suo modo anticipa il federalismo fiscale, già annunziato con le prime piogge d’autunno. Nel senso che il federalismo dei divieti è fiscale con lavavetri, zingari, vu’ cumprà, prostitute, homeless, clandestini e mendicanti delle più varie risme.
Non a caso, dopo il decreto Maroni, a Milano in un solo giorno sono state identificate 2412 persone senza fissa dimora. Ma siccome quando bombardi dall’alto un esercito nemico devi sempre mettere nel conto un po’ di vittime collaterali, il risultato è che questa guerra ci coinvolge tutti, non solo i deboli, non solo gli straccioni. Ammesso e non concesso che sia giusto, oltre che redditizio, appioppare multe salatissime a chi chiede l’elemosina per sfangare la giornata.
Le prove? Mettiamoci idealmente in viaggio, dal Sud al Nord della Penisola. Dove le nuove proibizioni si sommano a quelle già esistenti, trasformando il nostro pellegrinaggio in un’autentica via crucis. Così, a Taormina è vietato girare a torso nudo fuori dalla spiaggia; un divieto che d’altronde si ripete pari pari a Capri, Amalfi, Riccione, Forte dei Marmi, Venezia, Alassio. Più originale il bando agli zoccoli di legno, vigente a Capri e Positano. Sempre a Capri, guai a chi addenta un tramezzino sul lido o dentro un parco; ma a quanto pare c’è tolleranza sul gelato. Tolleranza zero viceversa a Is Aruttas, in provincia di Oristano: chi fuma in spiaggia rischia una sanzione da 360 euro.
Però nel Mezzogiorno dopotutto il clima è più mite, più clemente. Man mano che risali la Penisola, t’imbatti nei rigori dell’inverno. Metti per esempio Assisi, la città di san Francesco: lui chiedeva la carità, ma qualche giorno addietro il sindaco ha vietato accattonaggio e nomadismo. E oltretutto (secondo una nota dell’Ansa) con il plauso dei frati, dato che i mendicanti allontanavano i turisti dalla basilica e dalla tomba del santo. Ma la caccia al barbone ormai imperversa in lungo e in largo: divieti analoghi s’incontrano a Pescara, Bologna, Firenze, Padova, Verona, Torino, Trieste, Cortina. di Michele Ainis, continua a leggere…
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