Sarà idealmente dedicata a Napoli la serata di premiazione della terza edizione del Premio Testimone di Pace. Una Napoli diversa da quella che abitualmente ci consegnano i media, una città che non si arrende e che rappresenta, con le sue migliori esperienze di lotta, un osservatorio e un laboratorio straordinario di “resistenza” alla criminalità e alla violenza. Al traguardo della terza edizione, la giuria del Premio Testimone di Pace ha voluto insomma focalizzarsi sull'Italia - che pure non è un teatro di conflitti bellici - con uno sguardo ulteriore verso un territorio, la Bosnia, in cui perdurano le conseguenze della guerra.
"L'indicazione che ne emerge è duplice" – spiega Sabrina Caneva, assessore alla Pace e Partecipazione del Comune di Ovada - "la pace non è solo assenza di guerra; le origini della guerra affondano nella violenza e nell'illegalità, vengono alimentate dalla paura e dal pregiudizio. Testimoni di pace sono coloro che lottano contro le cause nascoste della guerra, che minano la convivenza civile e preparano gli animi al cedimento, alla regressione morale e politica". A raccontarci “l’altra Napoli”, stasera, 11 settembre presso il Teatro Comunale di Ovada a partire dalle ore 21, saranno il vincitore dell’edizione 2008 Padre Fabrizio Valletti, dal 2001 animatore del "Progetto Scampia" e direttore del Centro Hurtado di Napoli, e Rosaria Capacchione, cronista giudiziaria della redazione casertana de “Il Mattino”, che si è aggiudicata il riconoscimento nella sezione “Informazione” Insieme a loro gli studenti dell’ Istituto Tecnico per Geometri “Pier Luigi Nervi” di Alessandria, primi nella sezione “Scuola” con il loro bel video racconto dei segni lasciati dalla guerra nella ex Jugoslavia.
"Testimone di Pace nasce in un luogo fortemente segnato dal ricordo della lotta partigiana, costata alle nostre terre il sacrificio dei giovani uccisi alla Benedicta, a Piancastagna, ad Olbicella e Masone" – ha ricordato il sindaco Andrea Oddone - "Sono state quelle generazioni così duramente provate a trasmetterci i principi di libertà, democrazia e pace che desideriamo caratterizzino oggi la nostra terra". Alla serata di premiazione interverranno il Procuratore Capo Giancarlo Caselli, lo scrittore e sceneggiatore Maurizio Braucci, reduce dalla collaborazione con Matteo Garrone per il film “Gomorra”, e lo storico e editorialista de “La Stampa” Giovanni de Luna. Coordinati da Marino Sinibaldi (RAI Radio 3), gli ospiti affiancheranno le loro esperienze a quelle dei premiati, per un dibattito sui temi della lotta alla criminalità e della presenza dello Stato in realtà particolarmente difficili.
Verrà inoltre conferito il Premio Speciale “Rachel Corrie” a Najo Adzovic, rom, profugo dalla ex Jugoslavia, scrittore, una delle anime del progetto “Savorengo Ker: la casa di tutti”. Najo Adzovic vive con la moglie e i figli a Roma, nel Campo Casilino 900. E’ fuggito dalla ex Jugoslavia nel 1990, essendo considerato traditore e disertore, perché agli inizi della guerra civile si era rifiutato di uccidere a tradimento, come gli era stato ordinato, quindici giovani musulmani, suoi commilitoni, nei reparti speciali dell’esercito jugoslavo. Nel 2005 ha pubblicato, presso i Fratelli Palombi, il libro: “Rom. Il popolo invisibile”.
E’ presidente dell’Associazione “Novavita” e uno dei portavoce del Campo “Casilino 900”, per il Progetto “Savorengo Ker” di autocostruzione di unità abitative all’interno del Campo “Rom”, originariamente nato a Roma più di quarant’anni anni fa per accogliere le baracche degli immigrati italiani dal meridione. Savorengo Ker (in lingua Romanés “la casa di tutti”) è stata progettata e realizzata insieme da Rom e Gagè con l’idea di valorizzare le pratiche abitative e costruttive proprie dei Rom: il progetto, realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Studi Urbani dell’Università di “Roma Tre”, dimostra che allo stesso costo di un container di 32 metri è possibile costruire una casa di 70 metri quadrati su due piani, che in futuro costituirà uno spazio gioco e studio per i bambini, un laboratorio per il centro di medicina solidale nonché un concreto contributo di integrazione fra le diverse etnie presenti nel campo.
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