sabato 8 novembre 2008

Zingari di merda

Per la collana Stelle filanti, Effigie edita “Zingari di merda”, di Antonio Moresco, corredato dal reportage fotografico di Giovanni Giovannetti. Si tratta di un carnet de voyage dei giorni nostri, in cui gli autori non partono alla volta di mondi lontani dal fascino fiabesco, alla ricerca del paradiso in terra o di magici esotismi; la meta del viaggio, infatti, in questo caso ha i tratti tragici della miseria.
Il novello Virgilio, autista, guida ed interprete, si chiama Dumitru, un nome che già ci informa del contesto del viaggio. Il punto di partenza è Pavia; anzi, la periferia della periferia di Pavia: l’ex area Snia, un terreno impregnato di residuati di gasolio, benzene, antracene, zolfo e altre sostanze altamente tossiche e cancerogene.
Lo scopo del viaggio, esplicitato nelle primissime righe del libro, è chiaro: “Vogliamo andare a vedere con i nostri occhi da dove si mette in movimento tutta questa disperazione, l’origine di questa ferita.”
La meta, allora, è la Romania.
Moresco all’area Snia pare legato dal destino. Da ragazzo frequentava quella che era allora la seconda fabbrica di Pavia, spedito laggiù dal suo gruppo rivoluzionario perché facesse lavoro politico tra gli operai, che aspettava ogni giorno all’uscita. Quarant’anni dopo, in una società cambiata, in cui i ‘proletari’ non sono più quelli di allora, l’autore torna nell’area dell’industria ormai smantellata; ancora da attivista, ma in difesa – stavolta – di altri diritti.
Là, lontano dagli occhi e dai cuori di tutti, sopravvivono accampati “i miserabili di questa nuova epoca […], riapparsi in massa con le loro antiche facce, la loro disperazione e la loro puzza, gettati a riva da sistemi economici e politici esplosi”.
Migranti rumeni, in maggioranza di etnia Rom. Dumitru è uno di loro.
Il viaggio che condurrà gli autori in Romania, a tastare le origini di questi diseredati che il nostro Paese continua a cacciare, assume tratti danteschi; è un viaggio che però, diversamente dalla Commedia, non prevede paradisi, ma una serie di inferni che pare infinita.
Dall’ex area Snia, infestata da malattie, sporcizia, inquinamento, sovraffollamento e violenza, parte il viaggio di discesa agli inferi, che culminerà nel paese rumeno di Lişteava - l’inferno più inferno -, dove un paesaggio allucinato fa da sfondo alla miseria più cupa e i personaggi hanno i tratti dei dannati.
Lungo tutto il percorso, Dumitru conduce la piccola carovana, decide i tempi e i modi, fa da interprete e da mediatore culturale, donando ai suoi ospiti e al lettore la propria storia più intima; quella che di solito si tace agli estranei, quella di cui vergognarsi pur non essendone responsabili, quella storia di ingiustizia, povertà e antichi soprusi che pare destinata a non finire.
Spoglio da intenti romanzeschi e da ogni fascinazione esotica, il libro non offre facili soluzioni. Finisce male, perché è così che quasi sempre finiscono le storie vere, e queste in particolare.
È un libro che si arrabbia, questo sì, e molto; si indigna, vuole conoscere, non si accontenta della versione di qualche giornale locale, vuole informazioni di prima mano. E si pone continuamente il quesito più difficile: perché?

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