Il 27 dicembre 2008 si sono svolti al cimitero del Verano a Roma i funerali del professor Claudio Marta, antropologo e attivista per i diritti di rom e sinti.
Ho conosciuto Claudio, per me allora era il professor Marta, nel autunno del 1996 quando, giovane studente di Scienze Politiche all'Istituto Universitario Orientale (ora Universita' di Napoli L'Orientale), andai da lui per chiedere qualche consiglio prima della partenza per una borsa di studio Erasmus a Londra. Era la prima volta che lo incontravo di persona. Avevo sentito parlare bene del suo corso e di lui come docente, così mi feci avanti in cerca di qualche dritta.
Lo rividi una seconda volta al mio ritorno da Londra. Mi chiese dell'Erasmus e dei miei progetti. Gli raccontai di quei corsi dai titoli strani su autobiografia e storia orale, comunicazione politica, e immaginari del futuro - corsi che l‘Orientale non aveva intenzione di riconoscermi. Ne approfittai anche per chiedergli del programma che dovevo sostenere per l'esame di Antropologia Economica e dello Sviluppo. Mi immersi in quel mondo con curiosità e stupore. Dopo qualche mese passai l'esame. Rimasi affascianato da quel suo modo onesto e semplice di essere docente universitario, senza i fronzoli e l'arroganza di molti suoi colleghi. Era sempre pronto a mettersi in discussione e abile nel suscitare domande (piuttosto che offrire facili risposte) in noi studenti. In Claudio trovai una persona acuta, schietta e aperta al dialogo. Abile oratore, comunicava a noi studenti la sua passione civile e sociale, indissociabile dal suo impegno come docente e ricercatore.
Al primo esame, ne seguì un altro di specializzazione. La biennalizzazione era obbligatoria per poter chiedere la tesi con lui. Quel corso mi aprì gli occhi su un mondo che da allora non mi ha più lasciato. Claudio, per primo, mi ha introdotto al mondo degli 'zingari' e lo ha fatto in modo critico e complesso, rifuggendo da romanticismi inutili e trasmettendomi la voglia, il bisogno e la necessità di 'andare sul campo' per vedere, toccare, sentire e capire quanto leggevamo e discutevamo in aula. Nel caso specifico andare sul campo significava andare in un 'campo nomadi'. Cosi' andai a Scampia e iniziai a collaborare con il neonato Com.p.a.re. (comitato per l’assegnazione e la realizzazione di soluzioni abitative non ghetto per i rom).
Il lavoro di tesi fu un viaggio bellissimo, in cui cercavo di associare la ricerca sulle leggi regionali a ‘tutela’ di rom e sinti con l’impegno concreto contro i campi ghetto e la discriminazione di rom e sinti. Claudio, in questa fase, seppe accompagnarmi con discrezione e curiosità, pronto a dare consiglio ma anche a farsi coinvolgere in prima persona nelle azioni di advocacy che si organizzavano. Fu un periodo di formazione, scoperta e crescita per me cruciale e il cui ricordo mi porto dentro. Discussa la tesi, ci sedemmo nel suo ufficio per parlare di futuro. Per prima cosa mi disse che, oramai, non era più il caso di rivolgermi a lui con il 'Lei'. E quel giorno il 'professor Marta' diventò Claudio. Tornavo da lui di tanto in tanto con domande da un milione di euro (anche se c’era ancora la lira) a cui, francamente, non c'era risposta. Ci vedevamo nel suo ufficio o in una trattoria a pochi passi dall’università e parlavamo. Fu molto contento quando gli dissi che avevo fatto domanda per una borsa di studio di perfezionamento all'estero dell'Universita' di Genova. Andare all'estero, diceva, poteva aprire grandi opportunità che nell'asfittica università italiana erano precluse ai più. di Nando Sigona, continua a leggere…
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