Dopo il raid notturno di Villa Gordiani (Roma), dove la comunità bengalese si preparava ad allestire una festa per il Capodanno, e l’aggressione di Tor Bella Monaca ai danni di due Albanesi, due episodi tra i più recenti di xenofobia applicata, tocca riflettere per l’ennesima volta sullo stato di questa nazione.
È difficile trovare le ragioni di una deriva così esasperata, rintracciare stralci di razionalità dentro un sentire nazionale che si fa di giorno in giorno più belluino: un vulcano in cui la paura, la povertà culturale ed economica, il vuoto di ideali, la mania semplificatrice, l’infelicità diffusa e la rabbia che monta formano un magma, che ribollisce e borbotta, finché diviene incontenibile e deborda incandescente.
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Completa il magma anche un altro ingrediente, essenziale perché la narrazione ferina attecchisca: è l’ignoranza.
Un tipo di ignoranza speciale, però: composta non (solo) dall’aver poco e male frequentato le istituzioni scolastiche, ma anche dal coltivare in sé una granitica resistenza all’umana curiosità, all’istinto di conoscenza, al miglioramento e al progredire.
Un’ignoranza ben salda, indossata con orgoglio.
Un’ignoranza che farebbe tenerezza, se non fosse così feroce.
La narrazione xenofoba scalda gli animi della popolazione più semplice, tra i cui ranghi si sente forte il bisogno del nemico, il colpevole di ogni male.
Il messaggio passa per i media di più popolare accesso, televisione in primis. È un messaggio facile, tagliato su misura.
Slogan, piuttosto che discorsi; etichette approssimative, non descrizioni; terrorismo psicologico, non fatti; spot, non approfondimenti.
A chi non ha i mezzi per leggere la realtà in modo personale e articolato, viene data in pasto la propaganda; una rivisitazione del reale, in versione piccolo schermo, funzionale al potere.
Si rispolverano allora i temi classici, che da sempre e ovunque, dal conflitto dei Balcani a quello in Rwanda, infiammano i bassi ventri.
Si rispolverano allora i temi classici, che da sempre e ovunque, dal conflitto dei Balcani a quello in Rwanda, infiammano i bassi ventri.
È una pratica assodata, di sicuro successo.
Siete in pericolo: voi, le vostre donne, i vostri figli, le vostre proprietà, le vostre tradizioni.
Una retorica patriarcale e maschiocentrica è d’obbligo, naturalmente, dato il pubblico cui la narrazione si rivolge; come sono dei must i temi della proprietà da difendere (“la robba mia” della citazione iniziale, in cui rientrano anche le donne di famiglia) e della cultura/tradizione, una categoria imprecisata e fai-da-te, in cui ognuno fa rientrare quello che crede, dalla fede religiosa a quella calcistica.
Giorno dopo giorno, cronaca dopo cronaca, si costruisce l’immagine demoniaca dello “straniero” e del "diverso", minacciosi nella loro divergenza dalla presunta normalità, depositari dei mali di una nazione, e punching-ball contro cui sfogare tutta la propria frustrazione e la propria inadeguatezza.
Ai propri cittadini ignoranti, intristiti e senza risorse, un paese degno di questo nome dovrebbe fornire delle soluzioni, qualche mezzo in più, affinché la loro energia distruttiva possa diventare costruttiva, e la rabbia si trasformi in apertura.
In Italia, invece, pare che il kit per alleviare questi mali comprenda altro. Cose più… semplici, appunto: qualche divisa para militare, oggetti contundenti, accenni d’apartheid, urlacci, folklore violento e incitazioni all’odio.
Più tante, tante dosi di paura, iniettate nelle vene del paese. E la paura, si sa, diventa presto ferocia.
L’elettorato è garantito, e le spese le fanno sempre i soliti: sempre gli Altri. di Elena Borghi
Siete in pericolo: voi, le vostre donne, i vostri figli, le vostre proprietà, le vostre tradizioni.
Una retorica patriarcale e maschiocentrica è d’obbligo, naturalmente, dato il pubblico cui la narrazione si rivolge; come sono dei must i temi della proprietà da difendere (“la robba mia” della citazione iniziale, in cui rientrano anche le donne di famiglia) e della cultura/tradizione, una categoria imprecisata e fai-da-te, in cui ognuno fa rientrare quello che crede, dalla fede religiosa a quella calcistica.
Giorno dopo giorno, cronaca dopo cronaca, si costruisce l’immagine demoniaca dello “straniero” e del "diverso", minacciosi nella loro divergenza dalla presunta normalità, depositari dei mali di una nazione, e punching-ball contro cui sfogare tutta la propria frustrazione e la propria inadeguatezza.
Ai propri cittadini ignoranti, intristiti e senza risorse, un paese degno di questo nome dovrebbe fornire delle soluzioni, qualche mezzo in più, affinché la loro energia distruttiva possa diventare costruttiva, e la rabbia si trasformi in apertura.
In Italia, invece, pare che il kit per alleviare questi mali comprenda altro. Cose più… semplici, appunto: qualche divisa para militare, oggetti contundenti, accenni d’apartheid, urlacci, folklore violento e incitazioni all’odio.
Più tante, tante dosi di paura, iniettate nelle vene del paese. E la paura, si sa, diventa presto ferocia.
L’elettorato è garantito, e le spese le fanno sempre i soliti: sempre gli Altri. di Elena Borghi
10 commenti:
E cresce la paura per la diversità, le leggende metropolitane diventano realtà attraverso i media.
L'isteria collettiva crea i mostri.
Se non è "lo zingaro" a rapire i bambini è l'"uomo nero".
L'inverosimiglianza delle notizie, l'assenza di ogni plausibile movente non fanno desistere la stampa da urlare le notizie senza un minimo di verifica sul campo.
La stessa agenzia raccolta da chi sa quale cronista poco scrupoloso rimbalza da testata a testata (*) senza un soldo di verifica per fomentare i pregiudizi.
Lei generalizza un po', quando scrive: "paura, la povertà culturale ed economica, il vuoto di ideali, la mania semplificatrice, l’infelicità diffusa e la rabbia che monta". Gli Italiani non sono tutti così.
ci chiamano gagè......che vuol dire????
Mi sembra ovvio, che gli Italiani non siano "tutti così"! E per fortuna!
Non intendevo certo sostenere che il 100% del paese si riconosca in questo non-pensiero; volevo, invece, dire che quegli elementi che lei cita formano probabilmente il sostrato che permette alla xenofobia di attecchire. Elena
che vuol dire gagè? che vuol dire? qualcuno di voi può rispondere alla domanda cortesemente?
ciao Anonimo, non conosciamo il termine esatto nella lingua italiana. è un termine dispregiativo per indicare una persona che non è ne sinta ne rom.
alcune possibili traduzioni dalla lingua sinta possono essere: persona villana, persona cruda.
Dare la colpa a qualcuno o a qualche partito è abbastanza inutile, questo è il frutto di anni d'immobilità e di inutile buonismo controproducente.
Il mancato controllo delle frontiere, la quasi totale mancanza di strutture, enti, ecc preparati per un'accoglienza/integrazione adeguata hanno portato a questa situazione dove frange di estremisti(purtroppo diffusi ovunque) hanno buon gioco per cercare giustificazioni(??) ai loro giochi violenti.
D'altra parte chi come Lei analizza queste cose ha la medesima leggerezza nell'analizzare e generalizzare di questi personaggi.
Non analizza le cose per come sono o per gli esiti che avranno ma per CHI le propone.
La lotta tra bande di poveri è partita e non ci capisce bene come mai c'è chi ha già scelto chi sono le vittime e chi icarnefici.
Basta guardare il primo commento che già ha assolto, senza nessuna prova, un caso che potrebbe essere di normale delinquenza...ma siccome i protagonisti sono "abbronzati" è già stabilito che non possono essere colpevoli ma semplici vittime di razzismo(????)
Dovremmo fare tutti un passo indietro e fermrci un secondo, tutti stiamo affrontanto un momento fondamentale per il futuro di questo paese con troppa convinzione nelle nostre certezze(?) senza MAI guardare quelli che stanno dall'altra parte con il risultato(secondo me) di sbagliare sempre e comunque.
Scusi Elena ma riporto testualmente ciò che ha scritto:
"...un sentire nazionale che si fa di giorno in giorno più belluino"...
Io leggo che il sentire è nazionale. Lo stesso sostrato, però, produce il cambiamento in positivo, solo che il positivo non si guarda mai.
Anonimo di lunedì 25 maggio h.22.06
A proposito del rapimento da parte dell'uomo nero di cui parlavo sopra (il presunto rapimento di una ragazzina a Forcella a Napoli da parte di 5 nigeriani).
Dopo lunghe settimane di silenzio seguite alla notizia strombazzata da tutti i media del rapimento, comincia a venir fuori che la cosa non era vera e che forse i cinque erano stati incastrati.
Forcella e Ponticelli non sono molto differenti come tessuto sociale ... qui la prima notizia "revisionista".
grazie Hidden Side.
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