In realtà sarei tentata da una pagina bianca, un vuoto profondo per fingermi solo per stanotte fuori dal presente. Potrei fissarla a lungo e provare con un OOOMMM prolungato, convinto, a sgombrare la mente, creare uno spazio libero e dormire finalmente.
Mi dicono, non so se crederci, che ragazzine evidentemente molto più minorenni della propria età anagrafica si stiano attualmente sedendo sulle ginocchia di papini ultrasettantenni con la benedizione di tutta la famiglia e che i papini siano incidentalmente anche i sedicenti padri della nostra patria. Ho bisogno di aiuto.
Ma quanto mi farebbe meglio, molto più di una temporanea pace, fissare lo sguardo su qualcosa che mi serva oltre questa notte, mettere in fila parole per raccontarmi un’altra possibilità. Ricordarmi di un’altra umanità che anche se è stata, è stata forse per sempre, perché se da noi è venuta può ancora e ancora esser fatta.
Pare inoltre, insistono a raccontarmi, che le infanti creature siano prodotte, manco a dirlo, a Napoli. Da napoletana, ho sempre pensato che i napoletani siano Italiani alla seconda, capaci di coltivare in particolar grado ogni vizio e virtù del carattere nazionale. Di recente abbiamo imparato a bruciare campi rom, collezionare spazzatura, picchiare a sangue quelli con un colore non perfettamente conforme. Dovevo saperlo che in un paese sperduto noi avremmo saputo smarrirci con particolare maestria, ma esserci ora resta un dolore che non vuole finire. di Silvietta, continua a leggere…
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