«Sul cofano della sua auto c’era una persona viva, anziana, con una gamba spezzata, ma disperatamente attaccata alla vita e lui lo ha trascinato per 120 metri e l'ha gettato a terra come un pupazzo». Con queste parole il pm di Milano Grazia Pradella ha concluso le sue argomentazioni chiedendo una condanna a 24 anni di reclusione per Alessandro Braidic, di 26 anni, processato per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà per aver investito sulle strisce pedonali un pensionato di 71 anni.
I giudici della prima Corte d'Assise non hanno accolto in pieno la tesi del Pubblico ministero e hanno condannato Alessandro Braidic a 18 anni di reclusione. Il collegio ha escluso l'aggravante della crudeltà e ha concesso le attenuanti generiche a Braidic che, fino all'ultimo, dalla gabbia in cui si trovava recluso nell'aula del processo, ha continuato a ripetere: «Non ero io su quella macchina, si sono sbagliati».
L'anziano stava attraversando sulle strisce pedonali in via Padova a Milano la sera del 17 settembre 2007 e, secondo l'accusa, venne investito dal nomade che guidava l'auto, intestata alla sua fidanzata, senza patente. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il pensionato restò aggrappato al cofano per 120 metri circa, mentre l'auto zigzagava, cercando di buttarlo a terra. L'uomo alla fine cadde e, secondo l'accusa, la macchina gli passò sopra uccidendolo. Il pm Grazia Pradella ha chiesto la concessione delle attenuanti generiche all'imputato «per adeguare meglio la pena, anche se non le meriterebbe». Braidic, infatti, ha spiegato il magistrato, «ha una carriera criminale impressionante, fatta di furti, rapine, lesioni. Ha picchiato la sua fidanzata fino a farle perdere un bambino».
La donna, Angelica De Bon, venne in un primo momento arrestata per l'uccisione del pensionato, perché se ne era assunta la colpa, seguendo, come ha chiarito il pm, «un piano organizzato da Braidic, che con lucidità voleva sfuggire alla sue responsabilità». Braidic, secondo l'accusa, dopo che il pensionato era caduto a terra, fuggì a forte velocità verso il “campo nomadi” dove viveva, cambiando la targa all'auto e dandole fuoco.
«Un investimento, un omicidio colposo, può capitare, ma chiunque di noi si fermerebbe subito dopo», ha aggiunto il pm. In questo caso, invece, la dinamica dell'episodio «non può che portare alla contestazione della volontarietà e dell'aggravante della crudeltà». Dopo il Pm ha preso la parola la difesa di Braidic. «Si può ipotizzare che un altro soggetto fosse alla guida del veicolo», ha detto l'avvocato Roberta Ligotti. Braidic, nella scorsa udienza, aveva spiegato di aver consegnato l'auto a degli albanesi quella sera. da Corriere della Sera
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