venerdì 17 luglio 2009

Rai Tre, "Io, la mia famiglia rom e Woody Allen"

Come molti altri padri moderni e orgogliosi, anche Fikert Halilovic ha filmato e fotografato tutta la sua famiglia. Dev´essere da lì che Laura, vent´anni il prossimo novembre, ha ereditato i primi germi di una passione che l´ha portata alla regia, e a un´opera prima, "Io, la mia famiglia rom e Woody Allen", leggera come una piuma, buffa e agrodolce come una scenetta di Moni Ovadia, poetica e, da ultimo, anche un po´ partigiana.
Ora il suo film, girato tra il "campo nomadi" di via Germagnano, le case popolari della Falchera e le mille storie di zii, cugini e altri amici che si spostano sulle roulotte, sognano un posto tutto per loro e raccontano fughe e ricette di cucina andrà in onda su Rai Tre il 30 luglio alle 23,40 (un orario da amatori, non male per un ventenne però). Dovevano proiettarlo a Porta Palazzo ma organizzare la cosa si è rivelato troppo difficile, e non sapremo mai se - chissà? - l´antica e incaccellabile diffidenza con la quale i gagé circondano i rom non abbia colpito anche questa volta.
Il Woody Allen del titolo è, naturalmente, il regista preferito di Laura (insieme a Gabriele Muccino), ma anche la figura un po´ mitologica che le ha dato la forza di cominciare: dalle lettere iniziate e subito buttate nel cestino ("Caro Woody..., no, non va bene, non è mica mio cugino... mmm... Dear mister Allen, no, neppure questo..."), fino all´avventuroso viaggio a Venezia per chiedere e ottenere il suo autografo.
Ora Laura lavora come assistente alla regia sul set di una delle tante fiction che in questo momento si realizzano a Torino (e, del resto, anche il suo film, distribuito da Zenit e sceneggiato dalla stessa Laura con Nicola Rondolino e Davide Tosco, ha avuto il sostegno di Film Commission). E´ "Il sorteggio", la storia della giuria popolare al primo grande processo contro le Brigate Rosse, qualcosa di molto lontano da lei per storia, dati e luoghi dalla storia di Laura. E, anche per questo, una grande occasione.

Racconta: «E´ da quando avevo nove anni che voglio fare questo lavoro. Non ho avuto la possibilità di studiare oltre la terza media, solo lavoretti da barista o nelle pulizie, quello che so sul cinema l´ho imparato facendolo, guardando, sognando davanti ai film degli altri. Con le mie sorelle, i fratelli, i cugini, divoravo film alla televisione, al cinema da bambina non ci andavo quasi mai. Strada facendo, ho scoperto che sui rom c´erano molti documentari, cose anche belle, ma nulla in cui potessimo davvero riconoscerci... Ci sono molti pregiudizi su di noi, tanti non immaginano che la maggior parte dei rom, potendo, sarebbe ben felice di vivere in una casa». Come ogni giovane regista che si rispetti, Laura ha già un progetto nel cassetto. Si chiamerà "Profumo di pesche" e racconterà la storia di un amore tra un cuoco (gagé) e una ragazza (rom). «Ma - avverte lei - tra i due succederà ben poco. Non ho voglia di girare e mostrare scene di sesso, preferisco l´allusione, i sentimenti, gli sguardi».
La storia di Laura, una famiglia arrivata da Banjaluka, dove è nata sua madre, e spinta verso ovest dalla guerra che dilaniava la ex Jugoslavia, comincia nel "campo" di via Germagnano, lungo una strada dove la maggior parte dei torinesi non è mai scesa. Con tutta l´ironia e la grinta di una diciannovenne, che mostra attraverso la sua telecamera gli unici vicini di casa del nuovo insediamento: la discarica e il canile municipale. E si sposta alla Falchera, nell´alloggio di cento metri dove la famiglia Halilovic vive oggi: impossibile dire se tutto è stato tirato a lucido per l´occasione, certo sembra l´appartamento di una pubblicità di detersivi, con l´unica nota esotica di un gran numero di tappeti e oggetti di rame. E un gran numero di persone. In cucina, la mamma impasta, insegna a impastare e racconta, mentre alle immagini si alternano vecchie foto e filmini amatoriali. Poi, madre e figlia vanno al supermercato: «Hai diciannove anni, scegliti un fidanzato e sposalo. Chi penserà a te?». Stesso messaggio da papà, nel garage di casa. Ma Laura non è pronta. «Sono una ventenne col cervello di una quarantenne - sentenzia lei - Mi sento molto lontana dall´idea di un fidanzato». Un piede dentro, uno fuori dalla tradizione ben sintetizzata dalla nonna: «Viviamo così da sempre. In un posto metti l´acqua in pentola, in un altro inizia a bollire, in un terzo mangi. E aspetti che la polizia venga a cacciarti via». E dallo zio, che ha comprato un terreno agricolo per piazzarci la roulotte, con annessi e connessi, trasformandosi così in abusivo. Che farà ora? «Mah, è sempre la stessa storia... Lascio tutto qui e magari compro un altro campo da un´altra parte». Laura, invece, cercherà un produttore per il suo nuovo film. di Vera Schiavazzi

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