lunedì 11 gennaio 2010

Una brutta storia!

Quattro mesi di intercettazioni telefoniche sono stati necessari agli investigatori della squadra mobile di Trieste per liberare una ragazzina rom di 14 anni "venduta", secondo l’accusa, dai genitori a scopo di matrimonio. L’operazione, ideata e gestita dal pm Federico Frezza, si è conclusa tre giorni fa in un insediamento di Correzzola, in provincia di Padova, dove hanno fatto irruzione quaranta uomini della polizia. Alcuni erano giunti da Trieste e hanno diretto l’operazione, altri, la maggioranza, erano stati mobilitati in Veneto.
Ora Giulia, la ragazzina liberata, è ospite di una struttura protetta. Giulia, dopo essere stata venduta per 200mila euro - questo dicono le intercettazioni - doveva rubare per sostenere economicamente, assieme ad altre ragazzine-ladre, la nuova famiglia di appartenenza. Dopo la “vendita” era stata sposata da un ragazzo di 15 anni.
L’operazione di Correzzola è scattata dopo una attenta sorveglianza telefonica. Giulia seguiva la nuova famiglia, che da agosto alle festività di fine anno è sempre stata col proprio camper lontana dall’Italia. Il Paese più frequentato è stato la Germania, ma le intercettazioni hanno segnalato la famiglia anche in Olanda, Belgio, Austria e Croazia. Quando gli investigatori hanno capito che la famiglia di Nebojsa Duric stava avvicinandosi al territorio italiano, l’operazione si è avviata. Un buon numero di agenti di polizia ha circondato l’insediamento e vi ha fatto irruzione. Il confronto con le persone è stato piuttosto acceso ma Giulia è stata individuata, liberata e sentita dagli inquirenti.
«Voglio ritornare dalla mamma». Lo ha detto più volte, ribadendo quanto aveva affermato ripetutamente al telefonino in questi mesi, senza minimamente sospettare di essere intercettata. Nella vicenda è coinvolta come testimone anche una donna triestina che è risultata essere la proprietaria di tre camper in cui vivevano altrettante famiglie rom. «Ho fatto loro un favore. I mezzi li hanno pagati loro. Mi è stato chiesto solo di intestarli a nome mio, ma io non ho né percepito né sborsato un soldo». da Il Piccolo

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