Quattro mesi di intercettazioni telefoniche sono stati necessari agli investigatori della squadra mobile di Trieste per liberare una ragazzina rom di 14 anni "venduta", secondo l’accusa, dai genitori a scopo di matrimonio. L’operazione, ideata e gestita dal pm Federico Frezza, si è conclusa tre giorni fa in un insediamento di Correzzola, in provincia di Padova, dove hanno fatto irruzione quaranta uomini della polizia. Alcuni erano giunti da Trieste e hanno diretto l’operazione, altri, la maggioranza, erano stati mobilitati in Veneto.
Ora Giulia, la ragazzina liberata, è ospite di una struttura protetta. Giulia, dopo essere stata venduta per 200mila euro - questo dicono le intercettazioni - doveva rubare per sostenere economicamente, assieme ad altre ragazzine-ladre, la nuova famiglia di appartenenza. Dopo la “vendita” era stata sposata da un ragazzo di 15 anni.
L’operazione di Correzzola è scattata dopo una attenta sorveglianza telefonica. Giulia seguiva la nuova famiglia, che da agosto alle festività di fine anno è sempre stata col proprio camper lontana dall’Italia. Il Paese più frequentato è stato la Germania, ma le intercettazioni hanno segnalato la famiglia anche in Olanda, Belgio, Austria e Croazia. Quando gli investigatori hanno capito che la famiglia di Nebojsa Duric stava avvicinandosi al territorio italiano, l’operazione si è avviata. Un buon numero di agenti di polizia ha circondato l’insediamento e vi ha fatto irruzione. Il confronto con le persone è stato piuttosto acceso ma Giulia è stata individuata, liberata e sentita dagli inquirenti.
«Voglio ritornare dalla mamma». Lo ha detto più volte, ribadendo quanto aveva affermato ripetutamente al telefonino in questi mesi, senza minimamente sospettare di essere intercettata. Nella vicenda è coinvolta come testimone anche una donna triestina che è risultata essere la proprietaria di tre camper in cui vivevano altrettante famiglie rom. «Ho fatto loro un favore. I mezzi li hanno pagati loro. Mi è stato chiesto solo di intestarli a nome mio, ma io non ho né percepito né sborsato un soldo». da Il Piccolo
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