Al di là del cancello del Casilino 900 a Roma, il campo nomadi più grande d'Europa, questa mattina c'era uno strano silenzio. Un silenzio inusuale. Non si sentivano più le voci dei bambini che giocano, delle donne che chiacchierano o dei ragazzi che parlano tra loro. L'unico suono era quello della ruspa che continua a buttar giù baracche che hanno ospitato, per 40 anni, rom bosniaci, montenegrini e kosovari.
L'ultima baracca, che rimaneva protagonista in mezzo a spazzatura e oggetti di vita quotidiana, è stata buttata giù, simbolicamente, all'arrivo del sindaco di Roma Gianni Alemanno che ha chiuso definitivamente il cancello del luogo che fino a ieri ha ospitato circa 600 persone. Poco prima, nel cortile antistante l'ingresso, gli ultimi tre nuclei familiari erano saliti sui pulmini che li hanno accompagnati nei campi attrezzati che da domani saranno la loro nuova casa.
Quando anche l'ultima baracca è crollata sotto i colpi della ruspa, intorno alle 13.00, è scattato un applauso e, da un megafono, è partito un urlo: "grazie Alemanno". Poi, dopo un breve discorso delle autorità, il sindaco ha chiuso il cancello del campo nomadi che, ha detto, "ha rappresentato una vergogna" per la capitale. Adesso al posto del campo sorgerà un parco dopo la bonifica dell'area che durerà circa un mese. A custodire la zona rimarrà un nucleo familiare, quello di Najo Azdovic, che è anche il portavoce dell'associazione rom a Roma. I 620 ex abitanti del campo sono stati invece trasferiti, per la maggior parte, nelle strutture attrezzate di Candoni e via di Salone.
Con Alemanno, erano presenti anche il prefetto Giuseppe Pecoraro, l'assessore comunale alle politiche sociali, Sveva Belviso, e i rappresentati della Croce Rossa Italiana. da ANSA
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