Cinquanta bambini di 25 Paesi che crescono insieme nel cuore di Roma. È la scuola dell'infanzia "Celio Azzurro" (salita San Gregorio, 3), nata vent'anni fa, nel giugno '90, "quando l'immigrazione non era neppure sentita come un problema", spiega uno dei fondatori, e oggi direttore, Massimo Guidotti. Ad avviarlo la Caritas e la Provincia, che quasi subito cedette il passo al Comune. Un progetto di nicchia, portato avanti da un pugno di coraggiosi educatori, funestato dopo sei mesi da un incendio doloso che lo distrusse. Poi Celio Azzurro fu rimesso in piedi con l'aiuto dell'Acer e da allora è cresciuto fino a diventare modello per gli altri centri interculturali della città.
Oggi gli alunni di 25 nazionalità, compresi i molti figli di coppie miste, sono quasi tutti di seconda generazione; un 30% gli italiani. Il Comune finanzia il 70-80% del budget, il resto viene dalle rette; e sono in costante aumento le richieste di famiglie senza particolari difficoltà. "Noi - osserva Guidotti - siamo la prova vivente che i discorsi sulle quote sono pretestuosi: i bambini italiani non "restano indietro". A chi ne dubita dico: venite a vedere, benché siamo pochi e in una situazione di costante precarietà". Nello staff di dieci insegnanti un'educatrice romena, un mediatore nigeriano che fa danzare i bambini sui ritmi dei loro Paesi, e tanti ex allievi che tornano a dare una mano per i "punti verdi" e i soggiorni estivi. Il clima è "divertente, poco ideologico. L'altro ingrediente è il coinvolgimento dei genitori: curano il giardino, preparano i piatti della loro infanzia, soprattutto li invitiamo a raccontare le loro storie. Un approccio all'intercultura non documentaristico né stereotipato, che credo potrebbe essere esportato anche in altre realtà".
Questa scuola del mondo alle spalle del Circo Massimo è il protagonista di "Sotto il Celio Azzurro" di Edoardo Winspeare, film documentario fuori concorso all'ultimo festival di Roma. Winspeare all'inizio credeva poco al progetto che gli fu proposto da Paolo Carnera, padre di un ex alunno e suo direttore della fotografia: "Ho deciso di passarci due settimane per rendermi conto e mi sono detto: questo film lo devo fare. Celio Azzurro è una di quelle realtà che fanno venir voglia di credere all'Italia. Sarà che sono "multiculturale" anche io: vengo dal Salento, ma nelle mie vene scorre sangue di almeno quindici paesi diversi. Forse per questo al Celio mi sento a casa". Il film, spiega, ha per protagonisti "non i bimbi ma i maestri che rendono possibile questo piccolo miracolo. Lavorano 12 ore al giorno, nel doposcuola restano lì a pensare ai menù, al teatro africano. Abbiamo giocato con la fotografia per farli tornare a loro volta bambini. Ho fatto scelte difficili, rinunciando a ingredienti che permettono di far colpo sui critici, ma non volevo ghettizzare i bambini nei loro stereotipi: il rom, l'africano e così via". L'asilo in cui Winspeare ha passato quattro stagioni è "una realtà straordinaria. Fa saltare gli stereotipi perché c'è di tutto, si scopre che non tutti gli africani sono poveri, non tutti gli italiani ricchi. E l'atmosfera, paradossalmente, è molto romana. Un aggettivo che evoca cialtroneria: invece c'è allegria, ma anche saggezza e serietà". Stasera alle 20.30 anteprima al Nuovo Cinema Aquila con il regista e il cast, domani l'uscita nelle sale. di Chiara Righetti
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