Centinaia di Rom trasferiti. Le loro case abbattute. Ben 6.500 persone «ridislocate» in una decina di campi di cui due ancora da costruire. Dopo lo sgombero di 400 rom dal Casilino 700 e di 600 dal Casilino 900 - una «vera svolta» secondo il sindaco Alemanno - il Piano Nomadi del Comune sembra fermo in attesa di una schiarita. E secondo il popolo rom sarà una giornata amara quella che, giovedì 8 aprile, celebrerà la Giornata Mondiale dei Rom, ricordando le persecuzioni nazifasciste di rom e sinti italiani.
Dopo le defezioni dal tavolo delle associazioni del volontariato (con la Comunità di Sant’Egidio che ha disertato gli ultimi incontri in polemica con alcuni spostamenti), una lettera dell’Arci al Prefetto contesta duramente il fotosegnalamento dei rom. E in città si registrano malumori diffusi per quel tetto di oltre seimila rom fissato dal Campidoglio nella Capitale.
LA SCELTA DEL POPOLO - In questo contesto la nota forse più positiva è stata la recente assunzione di responsabilità diretta sul proprio destino da parte dei rom: quelli di Roma hanno dato vita a un coordinamento di una dozzina di campi. Se ne discuterà ora anche a Cordoba, in Spagna, l’8 e il 9 aprile nel corso dell’Incontro internazionale sui rom. Sarà la Comunità di Sant’Egidio a trasmettere agli osservatori internazionali le ultime novità sulla situazione dei Rom e Sinti a Roma, già fortemente criticata dal commissario Onu ai diritti umani Pillay e da Amnesty International, che hanno parlato di «discriminazione».
L’eliminazione del campo del Casilino 900 è stata risolta con lo spostamento dei 600 rom in quattro campi esistenti (via di Salone, Camping River, Villa Gordiani e via Candoni). Un gruppo di 65 rom ha chiesto in vece di essere ospitato in via degli Amarilli. Al campo di Salone per far posto ai rom del Casilino sono stati spostati 128 rom, di cui 75 minori, con destinazione il lontano centro per rifugiati (il Cara) di Castelnuovo di Porto. Lì alla fine, tra defezioni varie, ne sono arrivati molti di meno.
SCUOLA INTERROTTA - Su tutti questi spostamenti l’aspetto più critico è considerato quello della scolarizzazione che viene interrotta e deve essere riorganizzata a partire dai nuovi siti. Il Comune intanto, dopo il Casilino, ha cercato di affrontare il problema del campo di Tor de Cenci, sulla Pontina, inizialmente proponendone il trasferimento in blocco nel campo più distante di Castel Romano e poi, di fronte alle resistenze dei rom e dell’Arci, ipotizzandone lo spostamento al campo della Barbuta, che però è osteggiato dal confinante comune di Ciampino.
IMPRONTE E SCHEDATURE - Nel frattempo sia per i 350 rom di Tor de Cenci che per i 300 di Villa Gordiani sono iniziate le fotosegnalazioni che vengono fatte all’ufficio immigrazione della Questura. Ai rom dopo mesi e mesi di contrasti e discussioni varie vengono dunque prese le impronte, una misura che l'Arci Solidarietà ha apertamente denunciato a fine marzo fa con una lettera di protesta indirizzata al Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro ricordando che tra l’altro ne sono oggetto anche cittadini italiani di etnia rom.
«Ognuno dice che segue la legge – interviene don Paolo Lo Iudice, rappresentante della Diocesi al tavolo per i rom -. Ha poco senso opporsi. Certo, le associazioni tradizionali di volontariato in genere sono poco d’accordo con queste misure. Però bisogna andare avanti. E forse la vera novità di questa ultima fase sono proprio i rom che hanno cominciato ad autorganizzarsi con i rappresentanti di una dozzina di campi». di Paolo Brogi
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