Dopo la sassaiola, gli scontri con la polizia e i disordini di giovedì sera (guarda il video...) la tensione rimane alta nel campo rom di via Triboniano a Milano, presidiato dalle forze di polizia. A farne le spese, denuncia don Virginio Colmegna, sono stati gli operatori della Casa della Carità, che da anni operavano tra i nomadi del campo assicurando, oltre alla solidarietà, anche un tenue filo di dialogo con le istituzioni. Ora hanno dovuto andarsene. «Hanno individuato anche noi come i nemici, stanno circolando volantini nel campo nei quali anche noi veniamo descritti come una controparte», riferisce don Virgilio Colmegna, direttore della Casa della Carità. «Purtroppo questo clima di tensione non giova a nessuno, né ai rom né tantomeno alle istituzioni, magari solo a qualche "falco" che vede nello sgombero entro giugno la soluzione a tutti i problemi. Ma guai a pensare in questo modo. Ma sta di fatto che da oggi i nostri volontari non sono più presenti in via Triboniano, anche se assicuriamo a chi ce lo chiede un pasto o una doccia calda».
«RISCHIO ANTAGONISMO SOCIALE» - Don Colmegna dice di essere «non certo rassegnato» ma «sinceramente preoccupato». A suo giudizio, questo clima giova soltanto «a chi generalizza, a chi pensa che tutti i rom sono non-integrabili, a quelli che sostengono che vanno allontanati, a chi vuol creare un antagonismo sociale anche con il problema rom, un antagonismo che non ha alcuno sbocco: il risultato, grave, è che da ieri si è individuato anche in chi ha fatto e fa mediazione sociale un nemico». Don Colmegna passa quindi alla parte propositiva: «Se ci sono proposte per borse lavoro, se ci sono effettive opportunità di un alloggio messe a disposizione dal Comune, si passi dalle promesse ai fatti: ci sono famiglie rom, anche in altri campi, che sarebbero disposte a lasciare la precarietà. A nessuno piace vivere in quelle condizioni: appena qualche giorno fa in via Triboniano sono saltate le fogne. Lo sgombero non deve e non può essere la soluzione».
ASSEMBLEA DOMENICA - Intanto il Comitato antirazzista di Milano, che ha indetto un'assemblea cittadina nel campo di via Tiboniano domenica 23 maggio, fornisce la sua versione dei fatti di giovedì. Il presidio in piazza della Scala «era autorizzato», sostiene il comitato (in realtà c'era stato uno scambio di telefonate e fax), e i rom non erano in corteo, ma stavano solo andando a prendere il tram 14, l'unico mezzo pubblico in zona, per recarsi al presidio stesso. Il campo rom di via Triboniano, nel quale vivono circa 600 rom, è un campo autorizzato, che il Comune di Milano intende chiudere perché sull'area dovrà passare un'arteria di collegamento con i padiglioni di Expo 2015. I rom intendevano manifestare contro la mancanza di alternative dopo lo sgombero. «Il presidio, deciso nell'assemblea pubblica tenutasi domenica 16 maggio, era stato comunicato alle autorità competenti già lunedì mattina - si legge in un comunicato del Comitato antirazzista -, prima per via telefonica e, avendo avuto un riscontro positivo, di seguito anche via fax». «I rom sono usciti dal campo poco dopo le 16 per raggiungere i mezzi pubblici e andare al presidio di piazza della Scala, quando uno sbarramento di polizia e carabinieri gli ha fattivamente impedito di andare a prendere il tram 14, unico mezzo di comunicazione per raggiungere il centro città», prosegue il comunicato.
I LACRIMOGENI - «Per ben tre volte la polizia ha dovuto arretrare scomposta e solo dopo aver lanciato decine di lacrimogeni e aver scagliato un blindato contro i rom, è riuscita a sfondare e a farsi largo nel campo», riferisce il comunicato. «Le forze dell'ordine hanno sparato i lacrimogeni dentro il campo - afferma Stoican Petre, uno degli anziani che ha trattato ieri pomeriggio con la polizia prima dei tafferugli -. C'erano donne e bambini che piangevano, non si respirava. Ho chiesto al responsabile della Polizia di non caricarci, ma non c'è stato nulla da fare. Di fronte alla sede della Protezione civile (a circa 300 metri dal campo, ndr) siamo stati fermati. Abbiamo deciso di tornare al campo e da lì abbiamo chiesto che venisse qualcuno del Comune per parlare con noi, visto che ci veniva impedito di arrivare a Palazzo Marino. Il responsabile della Polizia presente ci ha detto che se non ci fossimo dispersi ci avrebbero caricati e così hanno fatto, anche se noi eravamo dentro il campo».
ARRESTO - Il pm di Milano Luca Poniz ha chiesto la convalida dell'arresto di un nomade arrestato ieri, con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Secondo l'accusa, avrebbe aggredito e ferito due carabinieri. Il pm ha trasmesso la richiesta di convalida al gip. Proprio per paura dell'arresto, i rom feriti durante gli scontri non si sono fatti medicare negli ospedali. «Saranno una trentina - racconta un giovane rom che vuole mantenere l'anonimato -. Alcuni forse questa notte sono andati in qualche pronto soccorso, ma non hanno detto che si erano feriti negli scontri, hanno magari detto che sono caduti, perché avevano paura di essere arrestati».
DIJANA PAVLOVIC - L'attrice e mediatrice culturale rom Dijana Pavlovic dà questa interpretazione dei fatti: «Le istituzioni non dialogano con i rom, c'è solo il comitato antirazzista che parla con loro e porta avanti assemblee». Da settimane gli esponenti del comitato si riuniscono in assemblea con i rom, e ieri avevano detto loro di aver organizzato una manifestazione per portare un documento a Palazzo Marino, anche questo scritto da loro e firmato dai rom. La manifestazione non è stata autorizzata ma, secondo quanto riferiscono i nomadi, a loro è stato detto il contrario dagli antirazzisti. Da qui, la rabbia dopo il rifiuto degli agenti a farli muovere in gruppo. Nel documento che i rom volevano consegnare si chiedono soluzioni abitative alternative ai campi, salvaguardia della continuità scolastica per i loro figli, fondi per eventuali lavori di ristrutturazione e soprattutto l'estromissione della Casa della Carità dalle trattative con il Comune. «Riconosciamo - scrivono - il consiglio di via Triboniano come unico organismo deputato a sviluppare trattative con le istituzioni». Una estromissione che arriva dopo un tavolo avviato fra Comune e Casa della Carità per discutere dell'inserimento dei rom. «Due settimane fa la Casa della Carità - spiega la Pavlovic - ha ricevuto una proposta da Palazzo Marino per inserire i rom in appartamenti e dare loro un lavoro, poi dopo due giorni è arrivata una lettera con l'ordine di lasciare il campo. Che razza di modo di fare è? Come si può completare un piano di inserimento in poche settimane?». da Corriere della Sera
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