giovedì 16 giugno 2011

I rom e il diritto d’asilo

Secondo l'UNHCR, le domande di asilo presentate in Italia nel 2008 sono state 30.324, e i principali paesi di origine dei richiedenti asilo sono stati, nell'ordine, la Nigeria con 5.333 domande, la Somalia con 4.473 domande, l'Eritrea con 2.739 domande, l'Afghanistan con 2.500 domande e la Costa d'Avorio con 1.844 domande.
Il numero complessivo dei rifugiati riconosciuti residenti in Italia è indicato dall'UNHCR come pari, a giugno 2009, a circa 47.000 persone.
A titolo di confronto, può evidenziarsi che i rifugiati accolti in Germania sono circa 580.000, quelli accolti nel Regno Unito 290.000, mentre quelli ospitati nei Paesi Bassi ed in Francia sono, rispettivamente, 80.000 e 16.000.
A fronte dei numeri dobbiamo certo interrogarci su quanto la nostra legislazione riesca a recepire in maniera adeguata le richieste d’asilo ma anche le richieste per lo status di rifugiato. Ma in questo breve intervento vorrei sollevare una questione poco affrontata in Italia, ovvero il diritto d’asilo per quei Cittadini di Paesi terzi che appartengono alla minoranza linguistica rom.
In Italia sono presenti dal 1400 sinti e rom italiani, a cui per altro lo Stato italiano non ha ancora riconosciuto lo status di appartenenti ad una minoranza storica linguistica (articolo 6 della Costituzione e Legge 482/99), ma sono anche presenti rom immigrati dalla ex Yugoslavia e rom immigrati dalla Romania. Sui numeri delle presenze effettive c’è molta confusione ma incrociando le stime dell’Istituto di Cultura Sinta e i dati del Ministero dell’Interno, la presenza di queste minoranze è molto esigua. Unendo i dati riferiti sia ai sinti e rom italiani che ai rom immigrati non superiamo le centomila persone. L’immigrazione più consistente di rom in Italia si è vista negli Anni Novanta ed è essenzialmente dovuta a due fattori: la dissoluzione della ex Yugoslavia e la caduta del comunismo in Romania.
La dissoluzione della ex Yugoslavia (compresa la guerra in Kossovo nei due momenti: 1996 e 1999) è presente in tutti noi per gli orrori che ha provocato e per il diretto coinvolgimento dell’Italia. In quegli anni i rom vengono risucchiati nella voragine della guerra e della violenza ma non avendo ne ambizioni nazionalistiche ne rivendicazioni territoriali, sono stati schiacciati tra le diverse fazioni in guerra. Il risultato evidente anche per chi è stato poco attento a quanto è avvenuto è che oggi non esiste uno Stato nazionale rom.
Per queste ragioni le famiglie rom che sono scappate, principalmente dai territori della Bosnia-Erzegovina e dai territori del Kosovo, lo hanno fatto perché le loro case sono state distrutte o occupate da famiglie appartenenti ad altre minoranze, perché erano perseguitate, perché rischiavano di essere sterminati.
In Italia, al contrario degli altri Paesi europei dove si è previsto un sistema di accoglienza con il riconoscimento del diritto d’asilo, ciò non è successo. Ad un primo rilascio dei permessi di soggiorno umanitari non è seguito nessuna altra azione, tant’è che oggi ci sono intere famiglie che non hanno nessun documento. Inoltre, al contrario di quanto fatto per gli altri profughi, queste famiglie sono state costrette a vivere nei cosiddetti “campi nomadi” (sia regolari che irregolari, come ad esempio il Casilino 900 di Roma chiuso un anno fa), un’invenzione legislativa tutta italiana che non ha eguali in Europa (per la Lombardia si veda la Legge 77/89).
I pochi rom profughi dalla ex Yugoslavia che hanno ottenuto il diritto d’asilo lo hanno ottenuto dopo aver intrapreso un percorso giudiziario come è successo a R. A., nata a Sarajevo, che nel 2005 ottiene dal tribunale di Roma il riconoscimento del diritto d’asilo.
Per quanto riguarda in particolare i rom profughi dal Kosovo, il Ministero dell'Interno nel 1999/2000 stimava l'arrivo di circa 5.000 persone, la maggior parte ricevettero la protezione umanitaria temporanea, pochissimi hanno avuto il riconoscimento del diritto d’asilo e quasi nessuno lo status di rifugiato, secondo quanto stabilito dalla Convenzione di Ginevra.
Nel tempo molte famiglie provenienti dalla ex Yugoslavia, soprattutto in Toscana e in Piemonte, sono riuscite ad ottenere permessi di soggiorno permanenti ma in alcune Regioni, come la Lombardia e il Lazio, la situazione è ancora irrisolta con conseguenze prevedibili. E’ però da segnalare l’iniziativa del Comune di Roma che negli ultimi mesi ha iniziato, a partire dagli ex abitanti di Casilino 900, un processo di regolarizzazione per molte famiglie. Diversa è la situazione a Milano, dove la passata Amministrazione comunale aveva di fatto dichiarato guerra ai rom. Il Vice Sindaco di Milano, Roberto De Corato, aveva dichiarato: “Queste sono persone di pelle scura, non europee come voi e me”, ha poi aggiunto: “Il nostro obiettivo finale è quello di avere zero campi nomadi a Milano”.
La situazione milanese vede per altro coinvolti soprattutto i rom immigrati dalla Romania. La migrazione più consistente si ha nel periodo compreso tra il 1990 e il 1997 e nel 2002. Le due immigrazioni hanno avuto motivazioni diverse. La prima per sfuggire ai pogrom la seconda per motivi economici, facilitata dalla possibilità di entrare in Italia senza il bisogno del visto. Nel 2007 con l’entrata della Romania nell’Unione europea gli arrivi in Italia sono insignificanti.
Se prendiamo il periodo compreso tra il 1990 e il 2002 non troviamo nessuna persona appartenente alla minoranza rom, di fatto profughi dalla Romania, che abbiano ricevuto una qualsiasi protezione da parte dell’Italia. Eppure sono documentate da diversi organismi internazionali le esplosioni di violenza razzista nei confronti delle comunità rom. Esemplare in questo senso, e ormai tristemente famosa, è la sommossa di Hadareni, avvenuta nel 1993, durante la quale tre rom furono uccisi, 19 case bruciate e 5 distrutte.
La situazione che ho illustrato è stata fotografata alcune settimane fa anche dal Rapporto della Commissione per i diritti umani del Senato.
Questa breve riflessione vuole porre un problema che è ben presente sul nostro Paese ma che quasi nessuno sta affrontando con conseguenze drammatiche per famiglie intere che dopo essere sfuggite dai loro Paesi si ritrovano in un Paese, l’Italia, che ancora oggi non applica le convenzione internazionali che ha sottoscritto. di Carlo Berini

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