lunedì 20 giugno 2011

Sant'Egidio: «Quella dei campi è una vergogna tutta italiana»

I campi sosta sono amati dai rom e dai sinti come, nel dopoguerra, le baracche di periferia dai calabresi o dagli abruzzesi, partiti a cercare fortuna nelle metropoli italiane. I pochi gruppi che qualche decennio fa ancora viaggiavano si sono sedentarizzati da tempo. Per l'opinione pubblica, però, sono sempre “nomadi”, condannati a vivere ai margini. Con pochissime possibilità di inserimento sociale. «Quella dei campi è una vergogna tutta italiana», dice Andrea Riccardi (in foto). «Serve uno sforzo comune per superarla, come fu fatto negli anni '60 e '70 per le borgate romane». Per il fondatore della Comunità di Sant'Egidio occorre una svolta: «Una nuova politica abitativa, l'istruzione e la ricerca attiva del lavoro devono essere i capisaldi su cui tentare di risolvere il problema dei rom. Come ha detto recentemente il Papa, bisogna avere la volontà di scrivere una nuova pagina di storia».
L'appello del professor Riccardi arriva alla presentazione del Rapporto conclusivo dell'indagine sulla condizione di rom e sinti in Italia, preparato dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato. Un dossier di 109 pagine di cui va fiero il presidente della Commissione, Pietro Marcenaro: «In una politica italiana caratterizzata da una rissosità quotidiana — dice il senatore del Pd — questo rapporto, approvato all'unanimità da tutti i gruppi può costruire la base per un confronto più costruttivo», perché «strappa il velo di ignoranza diffusa sul problema: io stesso condividevo luoghi comuni e stereotipi».
In Italia quella delle minoranze rom e sinte è una presenza ridotta, tra le 130 e le 170mila persone. Oltre la metà sono nati e cresciuti in Italia. E il ministero dell'Interno a certificare che le famiglie che viaggiano ancora in carovana sono il 2 o il 3%. Circensi e giostrai sono una sparuta minoranza. Ma per tutti — opinione pubblica, amministrazioni locali, giornali che hanno adottato il termine più "politicamente corretto" rispetto a “zingari” — sono «nomadi». Ma ancora 40mila vivono in campi fatiscenti e ghettizzanti.
«Se la politica smettesse di agitare il drappo rosso dei rom per ottenere consensi, sarebbe gia un buon risultato: le comunali milanesi hanno dimostrato l'inefficacia dei messaggi che giocano sulla paura», ragiona Marcenaro che cita le parole del presidente Napolitano: «Bisogna dare ai rom abitazioni accettabili e accettate».
Sintomo significativo della rimozione dei rom dalla cultura sta nell'oblìo che circonda il porrajmos, letteralmente il «divoramento», la strage nazista di 500mila rom. Il Rapporto indica due segnali simbolici ma significativi: l'inserimento del genocidio degli zingara, oggi dimenticato, tra quelli ricordati il 27 gennaio, Giorno della Memoria. E l'inserimento dei rom e dei sinti e delle lingue romanès e sinta nella legge 482 del 1999 sulle minoranze linguistiche italiane.
Poi servono atti concreti per rompere il circolo vizioso dell'emarginazione. La Commissione diritti umani propone la creazione di una banca dati nazionale che raccolga ed elabori sistematicamente le informazioni. Chiede una strategia nazionale, oggi inesistente, per usare le risorse europee a disposizione per l'integrazione. E l'istituzione di una task force nazionale al servizio delle istituzioni locali, per passare dalle idee ai progetti. C'è poi il nodo dei minori nati e cresciuti in Italia cui va riconosciuta la cittadinanza. Ed ecco il problema dei campi, un unicum in Europa, «da superare con politiche abitative accettabili e accettate, cioè discusse e confrontate». da Avvenire

1 commento:

Daniela De Rentiis ha detto...

Finalmente!!!
Sono solo 20 anni che i Rom e gli Sinti italiani dicono la stessa cosa!!!
Forse ora quest'acqua piatta comincerà ad incresparsi.
Spero solo che per il prossimo rapporto chiedano "veramente" ai Rom e Sinti italiani cosa pensano della propria situazione, invece di intervistare "gli esperti".