La decisione assunta dal Consiglio comunale di Gioia Tauro il 30 settembre 2011 di dislocare gradualmente le famiglie rom italiane sul territorio per eliminare lo stato di emarginazione e favorire l’inclusione sociale di questi cittadini è una scelta importante che costituisce una vera svolta nella politica sociale di questa città, quindi va sostenuta e incoraggiata.
Questo provvedimento ha la finalità di rendere più inclusiva la città, eliminando gradualmente quei ghetti urbani che tanti danni hanno arrecato all’intera collettività e che sono stati generati da una politica sociale e da un atteggiamento che giustificava l’emarginazione di questi cittadini con il falso assunto dell’impossibile convivenza tra cittadini rom e non rom.
L’isolamento nei ghetti ha prodotto in queste persone una condizione di esclusione sociale che viene attribuita alla loro cultura, mentre è un effetto della situazione subita. Difatti gli studiosi da tempo affermano che concentrare in un luogo per tanti anni delle persone povere, come sono i cittadini rom, significa generare automaticamente un quartiere ghetto, ossia un luogo dove gli svantaggi sociali dei singoli si sommano impedendo che questi cittadini si possano includere nel tessuto sociale.
Pertanto il ghetto quale luogo di degrado e di esclusione non è una scelta dello stile di vita dei cittadini rom, come si pensa, ma è invece una condizione generata dallo stesso concentramento subito per decenni.
Non a caso i ghetti si formano non solo dal concentramento di rom, ma pure di quello di cittadini poveri non-rom, com’è avvenuto nei quartieri-ghetto del CEP a Reggio Calabria, di Scampia a Napoli, dello Zen a Palermo, di Librino a Catania, di Tor Bella Monaca a Roma ecc…
Partendo da questo dato oggettivo, che ci viene dalle ricerche scientifiche, si comprende che le informazioni sullo stile culturale dei rom come generatore di situazioni di degrado ed autoemarginazione sono del tutto false.
I cittadini rom sono persone come tutte le altre, la cui cultura non è più diversa di quanto non lo sia quella di un qualunque vicino di casa non rom. La cultura rom ha moltissimi elementi in comune con le culture del nostro territorio, perché si è sviluppata in questa regione, e come tutte le culture si è determinata dal contatto e dall’intreccio con le altre identità culturale. La diversità culturale assoluta che viene attribuita ai rom è solo una pura invenzione che serve ad alimentare le paure della gente e a giustificare quella politica dell’emarginazione sociale e del capro espiatorio che genera l’odio ed il conflitto sociale necessari per nascondere le vere cause dei problemi sociali.
La convivenza nello stesso condominio o nello stesso quartiere con famiglie rom è assolutamente possibile com’è possibile quella con famiglie non rom. I fatti lo dimostrano ampiamente. Tante famiglie rom da anni abitano accanto a cittadini non rom, a Reggio Calabria (circa 70) a Gioia Tauro a Melito Porto Salvo (circa 18) e in tante altre città italiane. Questi nuclei non hanno riprodotto le situazioni di degrado dei ghetti, ma invece hanno avviato un percorso di autentica inclusione sociale sviluppando dei buoni rapporto con i vicini di casa.
Partendo da queste considerazioni l’amministrazione comunale di Gioia Tauro, vuole realizzare un progetto di equa dislocazione per far uscire gradualmente i cittadini rom dallo stato di emarginazione sociale in cui si trovano da decenni per farli abitare nella città accanto ai concittadini non rom, garantendo loro il diritto fondamentale all’inclusione sociale. Questo progetto porterà dei sicuri vantaggi non solo ai rom, ma all’intera collettività perché eliminerà gradualmente i ghetti e tutti i problemi ad essi connessi.
In questi giorni l’Amministrazione ha avviato il progetto assegnando un alloggio in dislocazione ad una famiglia rom, ma qualcuno ha tentato di ostacolare questa operazione vandalizzando l’alloggio per impedire l’insediarsi di questo nucleo. Invitiamo i cittadini, la Chiesa e tutta la società civile di Gioia Tauro a sostenere questo progetto e a condannare apertamente questi atti di discriminazione che non rappresentano il sentire comune di questa importante città. di Antonino Giacomo Marino, Presidente ON Reggio Calabria
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