Si parla di razzismo istituzionale quando politiche, norme e prassi amministrative perpetuano, rinforzano o producono la disuguaglianza e il malessere sociale di minoranze svantaggiate. A coniare e diffondere l’espressione institutional racism furono Stokely Carmichael e Charles Hamilton, grazie al loro libro-manifesto "Black Power. The Politics of Liberation in America".
Secondo le loro analisi esiste un razzismo individuale che si manifesta quando individui bianchi feriscono o offendono dei neri; si tratta di un razzismo palese, visibile, che «può essere ripreso dalla televisione», e per questo è facilmente riconosciuto e rigettato dalla maggioranza delle persone.
Poi vi è un’altra forma di razzismo, quello istituzionale, che «è meno esplicita, più sottile, meno smascherabile attraverso l’identificazione di specifici responsabili; ma non è meno distruttiva dell’altra. Deriva dal meccanismo delle forze costituite e rispettate dalla società e perciò è esposta molto meno della prima alla pubblica condanna».
E per chiarire ancor meglio le due tipologie di razzismo, gli autori forniscono un esempio particolarmente efficace:
«Quando i terroristi bianchi lanciano una bomba in una chiesa negra uccidendo cinque bambine, commettono un atto di razzismo individuale, largamente deplorato da una grandissima parte della società. Ma quando in quella stessa città, Birmingham nell’Alabama, non cinque ma cinquecento bambini negri muoiono ogni anno per mancanza di cibo adeguato, di un tetto e di assistenza medica, mentre migliaia di altri sono maltrattati e distrutti sul piano psichico, emotivo e intellettuale a causa di condizioni di miseria e discriminazione in cui la comunità negra è costretta a vivere, allora si può parlare di razzismo istituzionalizzato».
La pluralità di campi in cui si manifesta la discriminazione e la loro nefasta sinergia danno vita ad un sistema razzista fortificato e dagli effetti dirompenti. Tuttavia la potenza del razzismo istituzionale non corrisponde affatto ad una sua vistosità, la sua forza sta proprio nell’essere difficilmente percepibile e dunque raramente deprecato. di Clelia Bartoli, continua a leggere...
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