venerdì 17 maggio 2013

Piacenza, apriamo un dialogo con i sinti

"Carluccioooooo, gli Zingariiiiii!!!" urlava mia madre sporgendosi dal terrazzo della nostra casa che si affacciava sul torrente Nure. Io stavo nel letto del torrente insieme ai miei amici dedicato a qualche gioco sulla sabbia o a pescare con le mani quei pesci che poi gustavamo in serata in famiglia, fritti e croccanti. Gli “Zingari”, dunque, una parola che risultava l' unica a farmi paura, una parola che mia madre sapeva avrebbe funzionato per convincermi a ritornare a casa per consumare il pasto.

Stranamente quella parola, allora ostile, si è trasformata via via in una parola che ha stimolato in me molto interesse a cominciare dal giorno in cui mio padre comperò un 33 giri con le musiche “zingare”, musiche che lui ascoltava con grande piacere. Il suono dei violini produceva una melodia che arrivava al cuore e che emozionava non poco.

La prima riflessione che suscitava in me era quella di considerare come fosse possibile che un popolo così disprezzato potesse suscitare queste emozioni così forti.

Come sempre per sconfiggere i pregiudizi è necessario elevare la soglia della comprensione e questo non può essere che il risultato di uno sforzo di indagine sul tema. In questo mi hanno aiutato i viaggi e gli incontri che ho avuto in quei paesi dell' Europa dove le Comunità sinte e rom sono molto presenti: Romania, Ungheria e Slovacchia soprattutto. Lì ho visto ed ho raccolto una varietà di situazioni e di impressioni che ho recentemente letto sul libro di Santino Spinelli "Rom, genti libere" nella cui prefazione Moni Ovadia scrive: "Oggi gli ebrei sono entrati nel salotto buono, sono tendenzialmente un' alterità fittizia, un' alterità di corte, si sono in gran parte omologati. Rom e Sinti no! Mantengono con sconcertante fedeltà i loro tratti identitari, ma non quelli espressi dagli stereotipi della truce e falsa propaganda gagé trasversali agli schieramenti politici, bensi quelli propri delle loro culture e soprattutto dei valori sentiti e scelti e non perché non possano essere «come gli altri» - in moltissimi casi sono perfettamente integrati ma perché vogliono avere la libertà e la dignità di essere come decidono. Questa attitudine è sempre stata e continua a essere inaccettabile per le culture dominanti, in parte per un furore tossico contro le alterità autentiche che ti sollecitano al confronto e alla rimessa in questione dei tuoi modelli di vita, in parte per l'incorreggibile vizio di ignoranza, disinformazione e manipolazione."

Per quello che è la mia esperienza con la cultura sinta e rom, questa la rivedo molto spesso rappresentate dai nostri Gruppi artistici di tutto il mondo con quelle musiche, quei canti e quei balli molti dei quali sono stati più volte rappresentati in Piazza Cavalli in occasione del nostro Festival. Devo dire che non c' è gruppo che non abbia nel suo repertorio un qualche " numero" tzigano.

Com'è possibile allora che tale apprezzamento e condivisione che proviamo per la loro arte noi non la proviamo per la loro cultura di vita (non intendo quella che mostrano con i loro atteggiamenti delinquenziali che come i nostri mafiosi non sono certo condivisibili).

Queste risposte io me le sono date in più occasioni e soprattutto in una di quelle maturate in una visita in un villaggio di rom sito sulle montagne dei Carpati nella regione della Moldavia.

Lì fui accompagnato dal Sindaco di Berzunti che mi invitò ad andare a visitarlo promettendomi che avrei visto cose stupende: costumi e strumenti unici e musicisti, ballerini, artisti veramente bravi.

Arrivammo al villaggio Bisca grazie ad una strada asfaltata, costruita appositamente dalla Comunità Europea. Visitai la Scuola, conobbi gli insegnanti. I rom lì convenuti, perchè attratti dalla nostra presenza di ospiti, mi dedicarono parecchie canzoni e musiche ed alcuni di loro mi dissero di aver lavorato tanti estati in Italia (a Foggia) dove raccoglievano le verdure e la frutta, guadagnando un ottimo salario, 50/60 € al giorno. Io ero molto contento che fossero stati trattati con il dovuto riguardo e lo fui ancora di più quando il figlio di uno di loro mi disse, in un perfetto italiano, che nel prossimo futuro voleva ancora ritornare in Italia in quanto aveva lì conosciuto molti bambini italiani con i quali aveva stretto amicizia.

Nelle numerose visite che ho fatto in questi anni in quelle Scuole ho incontrato molte classi in cui la maggioranza erano rom. Le Maestre erano unanimi nel riconoscere che i bambini rom non hanno molto interesse nella Scuola ma che sono dotati di un grande talento artistico.

Tutto questa premessa per invitare la nostra comunità Piacentina (penso soprattutto alle Scuole) ad approfittare della presenza dei sinti a Piacenza, in occasione del loro raduno Nazionale, per incontrare i loro rappresentanti e rivolgere loro quelle domande che troppo spesso sono state deviate da intermediari che ne hanno fatto cattivo uso. Sarebbe anche cosa opportuna instaurare un dialogo e poter rispondere alle domande che anche loro intendono rivolgere agli studenti.

Sarebbe questa una dimostrazione concreta di come la nostra Comunità intende affrontare il tema della diversità e la considerazione che intende dare a quella comprensione che è considerata uno dei saperi fondamentali per l' educazione al futuro. di Carlo Devoti, Maestro di Sport e Presidente Festival Internazionale dei Giovani

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