giovedì 25 luglio 2013

Ungheria, a fuoco i rom

Una serie di delitti costata la vita a 6 rom ed il ferimento di molti altri sarebbe stata coperta da alcune strutture statali. I roghi neonazisti contro i rom non interessano all’Ungheria. Der Spiegel racconta il processo ai neonazisti che hanno dato fuoco alle case di alcuni rom ungheresi, uccidendo sei di loro a colpi di pistola e fucile

Uno degli episodi simbolo di questi omicidi razziali è avvenuto a Tatárszentgyörgy, un paese a cinquanta chilometri circa dalla capitale magiara Budapest. In questo luogo un gruppo di neonazisti hanno incendiato l’abitazione di Róbert Csorba, colpevole solo di essere rom. Quando Csorba si è dato alla fuga insieme alla sua famiglia, gli estremisti di destra hanno dato loro la caccia, colpendoli con i fucili.

Il padre famiglia e suo figlio sono morti, mentre le donne, la madre e la figlia, sono riuscite a sopravvivere. L’omicidio dei Csorba, avvenuto nel febbraio del 2009, è stato l’ultima azione criminale di una banda che ha ucciso sei rom, feriti altri 55, sempre con la tecnica dei roghi o delle fucilate. Una delle più tragiche scie di sangue legate all’odio razziale conosciute dall’Europa dal secondo dopoguerra, la più grave vissuta dall’Ungheria.


FREDDEZZA VERSO L’ORRORE
Dopo due anni e 170 udienze il processo contro i quattro neonazisti va verso la fine, come racconta Der Spiegel. Il verdetto dovrebbe arrivare a breve, e probabilmente saranno condannati i fratelli István eÁrpád K., Zsolt P. e Isvtán Cs. I quattro estremisti di destra hanno confessato di essere stati presenti sul luogo delle azioni, ed hanno altresì ammesso la loro partecipazione nell’organizzazione degli atti criminali. Si dichiarano innocenti solo per quanto riguarda gli omicidi commessi contro i rom, ma la loro condanna appare probabile.

L’orrore di simili gesta non ha però suscitato particolare indignazione in Ungheria, dove il processo è stato seguito nella più completa indifferenza. ” Questi omicidi sono stati crimini contro l’umanità, ma non hanno scosso la società ungherese. Nessuna istituzione si è assunta la responsabilità dell’odio che ha generato questi assassinii, e i familiari delle vittime non hanno ricevuto alcun sostegno finanziario”, dice a Der Spiegel Aladár Horváth, politico di etnia rom e attivista per i diritti umani.

SILENZIO DELLE AUTORITA’
Il presidente dell’epoca dell’Ungheria, László Sólyom, non aveva condannato i fatti, ed anche i socialisti all’epoca al governo avevano preferito tenere una posizione piuttosto fredda rispetto alla gravità dell’accaduto. Der Spiegel rimarca come la maggioranza che governa l’Ungheria in questi anni, i conservatori di Fidesz, abbiano preferito tacere sull’orrore commesso contro i rom.

L’elettorato che sostiene il premier Viktor Orbán si comprende anche di simpatizzanti dell’estrema destra, e il leader magiaro, molto controverso all’estero ma piuttosto popolare in patria, ha preferito evitare di intaccare i suoi consensi con dichiarazioni di ferma condanna contro l’odio razziale. Un sentimento condiviso anche dal resoconto dei media sul processo, che viene derubricato a tragico fatto di cronaca, sostanzialmente tacendo il drammatico risvolto politico della vicenda. Un’organizzazione terroristica ha dato la caccia ad una minoranza etnica, con il supporto di alcune strutture dell’organizzazione statale ungherese. Un quadro inquietante e drammatico, ma non per l’Ungheria di questo decennio evidentemente.

OMBRE SULLA POLIZIA

Il complice silenzio delle autorità copre anche il parziale coinvolgimento di alcune strutture dello stato in questa caccia ai rom che ha insanguinato l’Ungheria. Nel corso delle indagini è infatti emerso come alcune delle persone ora alla sbarra per gli omicidi fossero sorvegliate dai servizi segreti per la loro militanza nei circuiti eversivi dell’estrema destra. Uno degli accusati era informatore dell’intelligence militare, ed al momento le ricerche su eventuali altri complici sono state sostanzialmente messe nel congelatore. Altre ombre sono state gettate dal comportamento della polizia di Tatárszentgyörgy, che nella notte dell’assalto cercò di convincere la famiglia rom che si sarebbe trattato di un guasto, mentre alcuni poliziotti urinarono nella neve per coprire le tracce degli assaltatori neonazisti. DerSpiegel e Giornalettismo

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