Il razzismo è un tema che sta agitando
da alcuni mesi il calcio italiano. Inchieste, interviste, sentenze,
ricorsi, discussioni... In questi giorni si discute di una
particolare norma introdotta nell'ordinamento sportivo nel 1989, la
discriminazione territoriale, che oggi è stata riesumata dalla
giustizia sportiva dopo la sterzata della UEFA di Platini.
L'UEFA con Platini alla sua guida ha
rafforzato la sua presa di posizione contro il razzismo, e insieme
all'associazione dei calciatori FIFPro, è attiva nel sostenere
campagne che cercano di estirpare questa piaga dal calcio e dalla
società
Il punto cruciale è il riconoscimento
che il razzismo e la discriminazione sono piaghe nel calcio e nella
società. Tale riconoscimento non è però ad oggi patrimonio in
Italia. Si pensa che il razzismo non esista, per esempio Cannavaro
parla di stupidità. C'è chi pensa che sia un affare di pochi
esagitati, ecc... Un insieme di tante sfumature che però, questo è
il dato, non riconoscono ciò che per la UEFA è un dato, il razzismo
esiste.
Alcuni calciatori hanno iniziato a
prenderne coscienza e lo denunciano. Ma le società e i gruppi
organizzati dei tifosi sono molto lontani da una presa di coscienza.
Anche tra i i politici e i giornalisti pochi ancora hanno preso
coscienza del fenomeno. E impera nel nostro Paese il pensiero
auto-assolutorio: “italiani brava gente”.
Il dato che però emerge da tutte le
ricerche e i rapporti delle principali organizzazioni internazionali
è che il razzismo e la discriminazione in Italia esistono. Il
discorso pubblico è pieno di odio e violenza contro determinati
gruppi di persone, in particolare: immigrati, rom e sinti, Lgtb
(omofobia).
La posizione iniziale della FGCI sulla
discriminazione territoriale è quella corretta. Purtroppo non è
condivisa, in Italia dare del “terrone” ad un giocatore è
considerato uno sfottò goliardico... In Irlanda del Nord non hanno
la norma sulla discriminazione territoriale ma quella sulla
discriminazione religiosa e non ci sono santi... In Italia è sempre
stata presente la discriminazione territoriale anche se qualcuno
forse si dimentica i cartelli: affittasi – no meridionali.
Il problema è complesso perchè mentre
la FIFA punta sulle multe e le penalizzazioni alle società, la UEFA
ha puntato il dito sulle tifoserie con la chiusura di un settore
o dello stadio intero. Non so quale possa essere in Italia la strada
migliore, ma sono convinto che chi è allo stadio e sente il coro
razzista, dovrebbe reagire. E le società invece che impugnare i
provvedimenti, dovrebbe lavorare con la tifoseria organizzata perchè
ciò non accada più. Ma l'impressione è che siamo solo all'inizio
di una battaglia che l'Italia non può perdere. di Carlo Berini
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