venerdì 11 ottobre 2013

Calcio e razzismo

Il razzismo è un tema che sta agitando da alcuni mesi il calcio italiano. Inchieste, interviste, sentenze, ricorsi, discussioni... In questi giorni si discute di una particolare norma introdotta nell'ordinamento sportivo nel 1989, la discriminazione territoriale, che oggi è stata riesumata dalla giustizia sportiva dopo la sterzata della UEFA di Platini.


L'UEFA con Platini alla sua guida ha rafforzato la sua presa di posizione contro il razzismo, e insieme all'associazione dei calciatori FIFPro, è attiva nel sostenere campagne che cercano di estirpare questa piaga dal calcio e dalla società

Il punto cruciale è il riconoscimento che il razzismo e la discriminazione sono piaghe nel calcio e nella società. Tale riconoscimento non è però ad oggi patrimonio in Italia. Si pensa che il razzismo non esista, per esempio Cannavaro parla di stupidità. C'è chi pensa che sia un affare di pochi esagitati, ecc... Un insieme di tante sfumature che però, questo è il dato, non riconoscono ciò che per la UEFA è un dato, il razzismo esiste.

Alcuni calciatori hanno iniziato a prenderne coscienza e lo denunciano. Ma le società e i gruppi organizzati dei tifosi sono molto lontani da una presa di coscienza. Anche tra i i politici e i giornalisti pochi ancora hanno preso coscienza del fenomeno. E impera nel nostro Paese il pensiero auto-assolutorio: “italiani brava gente”.

Il dato che però emerge da tutte le ricerche e i rapporti delle principali organizzazioni internazionali è che il razzismo e la discriminazione in Italia esistono. Il discorso pubblico è pieno di odio e violenza contro determinati gruppi di persone, in particolare: immigrati, rom e sinti, Lgtb (omofobia).

La posizione iniziale della FGCI sulla discriminazione territoriale è quella corretta. Purtroppo non è condivisa, in Italia dare del “terrone” ad un giocatore è considerato uno sfottò goliardico... In Irlanda del Nord non hanno la norma sulla discriminazione territoriale ma quella sulla discriminazione religiosa e non ci sono santi... In Italia è sempre stata presente la discriminazione territoriale anche se qualcuno forse si dimentica i cartelli: affittasi – no meridionali.

Il problema è complesso perchè mentre la FIFA punta sulle multe e le penalizzazioni alle società, la UEFA ha puntato il dito sulle tifoserie con la chiusura di un settore o dello stadio intero. Non so quale possa essere in Italia la strada migliore, ma sono convinto che chi è allo stadio e sente il coro razzista, dovrebbe reagire. E le società invece che impugnare i provvedimenti, dovrebbe lavorare con la tifoseria organizzata perchè ciò non accada più. Ma l'impressione è che siamo solo all'inizio di una battaglia che l'Italia non può perdere. di Carlo Berini

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