Le immagini (dal greco "typos") dure
(dal greco"stereos") assumono caratteristiche diverse, pur
nella loro equivalenza, nei diversi Paesi Occidentali perchè
elaborate e trasmesse attraverso strumenti culturali diversi,
influenzati dalle correnti culturali nazionali durante i secoli.
Il cinema e la musica popolare sono gli
strumenti culturali che hanno permesso nel Secolo scorso in Occidente
la globalizzazione di tali immagini dure, in parte sostituendo
strumenti quali la letteratura e il teatro. Il cinema e la musica
leggera sono stati quindi strumenti amplificanti che hanno di fatto
stratificato e massificato le immagini dure, create a partire dal
1400.
In Italia da secoli, in particolare, attorno
alle comunità e alle persone appartenenti alle minoranze
linguistiche sinte e rom, si sono diffusi e ripetuti pre-giudizi che
ne hanno alimentato un'immagine dura sia positiva che negativa nella
pubblica opinione.
Le immagini dure,
seppur ripetute e apparentemente immutabili,
non devono essere intese come fenomeni
impermeabili al cambiamento, ma sono presenti in forme varie e
complesse con qualità sfuggenti in particolari situazioni.
L'insieme degli stereotipi che colpiscono le
comunità e i singoli appartenenti alle minoranze linguistiche sinte
e rom creano
un'immagine
dura virtuale che ha in
predominanza un'accezione negativa, ma dove non mancano quelle
positive e/o in alcuni casi neutre.
L'immagine dura virtuale è un'entità
definibile nella cultura maggioritaria, attraverso quelle parole o
meglio quei termini, prodotti dalla
stessa. “Zingaro”, “gitano” e
“nomade” (vedi nota
ortografica), termini eteronimi
anche definiti «parole sporche», creano quell'immagine dura
virtuale che racchiude tutti i pregiudizi negativi e positivi che
colpiscono le comunità e i singoli appartenenti alle minoranze
linguistiche sinte e rom.
In Europa le immagini dure che colpiscono le
comunità e i singoli appartenenti alle minoranze linguistiche sinte
e rom, compaiono a partire dai primissimi secoli dell'anno Mille.
Immediatamente dopo l'arrivo in Europa, la cultura maggioritaria ha
iniziato a creare e sedimentare una serie di stereotipi che nel loro
complesso formano ancora oggi l'immagine dura virtuale delle comunità
e dei singoli appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom.
La letteratura, il teatro, la pittura e la
musica sono gli strumenti culturali utilizzati per creare e
sedimentare le immagini
dure, le quali, positive
e negative, hanno portato a creare in tre secoli l'immagine dura
virtuale su cui si sono fondate le forme collettive e istituzionali
di razzismo e intolleranza. Non
si può pensare che quelle positive
siano innocenti, tutt'altro, perchè sono appunto corresponsabili,
insieme alle immagini dure negative, della creazione di quella che
abbiamo definito l'immagine dura virtuale dello “zingaro”, del
“gitano” e del “nomade”.
E'
la letteratura lo strumento principale utilizzato in Europa per
creare le immagini dure,
attraverso: la
meraviglia e la curiosità da una parte e la paura e l'odio
dall'altra. La letteratura della meraviglia e della curiosità crea
le immagini dure positive inneggianti alla vita libera, alla
sensualità fiera delle loro donne e figure romantiche di bohémiens
e danzatrici, suonatori e poeti avvolti da un alone di seducente
mistero. La letteratura della paura e dell'odio,
invece, crea le immagini dure negative
in cui le figure sono ladri ed accattoni, fannulloni, rapitori di
bambini, sporchi e senza legge morale.
Analizzando
la letteratura, affiancata dal teatro, dalla pittura e dalla musica,
in poco meno di 300 anni si può tracciare la nascita e la
stratificazione nelle società europee dell'immagine dura virtuale
che perdura tutt'ora in Occidente anche nella musica e nel cinema.
Solo quando artisti sinti e rom hanno avuto spazio nella cultura
occidentale si sono aperte delle brecce nella musica popolare e nel
cinema capaci di de-costruire l'immagine dura virtuale. A questo
riguardo si pensi alla nascita del jazz manouche come raccontato
nell'intervista a Enrico Comaschi; alla creazione del flamenco anche
nella sua variante pop e ultimamente alla nascita del cosiddetto
gypsy rock; mentre nel cinema si pensi all'opera di cineasti quali
Charlie Chaplin e Toni Gatlif. Nella stragrande maggioranza dei casi
le minoranze sono state derubate della
loro arte per creare l'immagine dura virtuale dello “zingaro”,
del “gitano” e del “nomade”. In alcuni casi,in artisti sinti
e rom, osserviamo un fenomeno poco studiato e analizzato, ovvero la
«sudditanza
culturale»;
un fenomeno riconoscibile quando abbiamo lo stesso artista che
alimenta l'immagine dura virtuale per essere accettato dalla cultura
ufficiale.
Le limitate
immagini dure già presenti nell'800 che descrivono i sinti e rom
come sensuali, truffaldini, animaleschi e utilitaristi si sono
trasformate in virali e hanno permeato in maniera totalizzante la
cultura occidentale fino ai giorni nostri con un 'incremento,
sopratutto in Italia, negli ultimi dieci anni. In Italia la sfera
pubblica trasuda di immagini
dure virali.
Il testo integrale sarà pubblicato prossimamente.
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