venerdì 4 ottobre 2013

Le immagini dure

Le immagini dure, ovvero gli stereotipi che la cultura maggioritaria utilizza nei confronti delle comunità e delle persone appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom sono negativi e/o positivi, limitati, ripetitivi e permeano le società occidentali in maniera virale.

Le immagini (dal greco "typos") dure (dal greco"stereos") assumono caratteristiche diverse, pur nella loro equivalenza, nei diversi Paesi Occidentali perchè elaborate e trasmesse attraverso strumenti culturali diversi, influenzati dalle correnti culturali nazionali durante i secoli.

Il cinema e la musica popolare sono gli strumenti culturali che hanno permesso nel Secolo scorso in Occidente la globalizzazione di tali immagini dure, in parte sostituendo strumenti quali la letteratura e il teatro. Il cinema e la musica leggera sono stati quindi strumenti amplificanti che hanno di fatto stratificato e massificato le immagini dure, create a partire dal 1400.


In Italia da secoli, in particolare, attorno alle comunità e alle persone appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom, si sono diffusi e ripetuti pre-giudizi che ne hanno alimentato un'immagine dura sia positiva che negativa nella pubblica opinione.

Le immagini dure, seppur ripetute e apparentemente immutabili, non devono essere intese come fenomeni impermeabili al cambiamento, ma sono presenti in forme varie e complesse con qualità sfuggenti in particolari situazioni.

L'insieme degli stereotipi che colpiscono le comunità e i singoli appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom creano un'immagine dura virtuale che ha in predominanza un'accezione negativa, ma dove non mancano quelle positive e/o in alcuni casi neutre.

L'immagine dura virtuale è un'entità definibile nella cultura maggioritaria, attraverso quelle parole o meglio quei termini, prodotti dalla stessa. “Zingaro”, “gitano” e “nomade” (vedi nota ortografica), termini eteronimi anche definiti «parole sporche», creano quell'immagine dura virtuale che racchiude tutti i pregiudizi negativi e positivi che colpiscono le comunità e i singoli appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom.

In Europa le immagini dure che colpiscono le comunità e i singoli appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom, compaiono a partire dai primissimi secoli dell'anno Mille. Immediatamente dopo l'arrivo in Europa, la cultura maggioritaria ha iniziato a creare e sedimentare una serie di stereotipi che nel loro complesso formano ancora oggi l'immagine dura virtuale delle comunità e dei singoli appartenenti alle minoranze linguistiche sinte e rom.

La letteratura, il teatro, la pittura e la musica sono gli strumenti culturali utilizzati per creare e sedimentare le immagini dure, le quali, positive e negative, hanno portato a creare in tre secoli l'immagine dura virtuale su cui si sono fondate le forme collettive e istituzionali di razzismo e intolleranza. Non si può pensare che quelle positive siano innocenti, tutt'altro, perchè sono appunto corresponsabili, insieme alle immagini dure negative, della creazione di quella che abbiamo definito l'immagine dura virtuale dello “zingaro”, del “gitano” e del “nomade”.

E' la letteratura lo strumento principale utilizzato in Europa per creare le immagini dure, attraverso: la meraviglia e la curiosità da una parte e la paura e l'odio dall'altra. La letteratura della meraviglia e della curiosità crea le immagini dure positive inneggianti alla vita libera, alla sensualità fiera delle loro donne e figure romantiche di bohémiens e danzatrici, suonatori e poeti avvolti da un alone di seducente mistero. La letteratura della paura e dell'odio, invece, crea le immagini dure negative in cui le figure sono ladri ed accattoni, fannulloni, rapitori di bambini, sporchi e senza legge morale.

Analizzando la letteratura, affiancata dal teatro, dalla pittura e dalla musica, in poco meno di 300 anni si può tracciare la nascita e la stratificazione nelle società europee dell'immagine dura virtuale che perdura tutt'ora in Occidente anche nella musica e nel cinema. Solo quando artisti sinti e rom hanno avuto spazio nella cultura occidentale si sono aperte delle brecce nella musica popolare e nel cinema capaci di de-costruire l'immagine dura virtuale. A questo riguardo si pensi alla nascita del jazz manouche come raccontato nell'intervista a Enrico Comaschi; alla creazione del flamenco anche nella sua variante pop e ultimamente alla nascita del cosiddetto gypsy rock; mentre nel cinema si pensi all'opera di cineasti quali Charlie Chaplin e Toni Gatlif. Nella stragrande maggioranza dei casi le minoranze sono state derubate della loro arte per creare l'immagine dura virtuale dello “zingaro”, del “gitano” e del “nomade”. In alcuni casi,in artisti sinti e rom, osserviamo un fenomeno poco studiato e analizzato, ovvero la «sudditanza culturale»; un fenomeno riconoscibile quando abbiamo lo stesso artista che alimenta l'immagine dura virtuale per essere accettato dalla cultura ufficiale.

Le limitate immagini dure già presenti nell'800 che descrivono i sinti e rom come sensuali, truffaldini, animaleschi e utilitaristi si sono trasformate in virali e hanno permeato in maniera totalizzante la cultura occidentale fino ai giorni nostri con un 'incremento, sopratutto in Italia, negli ultimi dieci anni. In Italia la sfera pubblica trasuda di immagini dure virali.

Il testo integrale sarà pubblicato prossimamente.

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