Pubblicata da Feltrinelli la biografia
del fisarmonicista rom, scritta da Rovelli e Ovadia. Un documento
straordinario e utile. «Stai zitto che chiamo gli zingari». Oppure:
«Sei vestita come una zingara». Oppure: «Sei sporco come uno
zingaro». Alzi la mano chi non ha mai usato o sentito usare queste
espressioni. Fanno parte di una cultura condivisa, la stessa che usa
ebreo come sinonimo di tirchio, ragazzina come sinonimo di debole,
rumeno come sinonimo di straccione.
Entrate in una classe, medie o
superiori fa lo stesso. Parlate con i ragazzi e le ragazze e chiedete
loro se queste parole le usano con questo senso, e vi risponderanno
di sì, che è così. Perché lo fanno i loro genitori, perché lo
fanno tutti. In classe ci entra tutti i giorni anche Marco Rovelli,
insegnante, cantastorie, scrittore. E arriva sempre il momento in cui
affronta la questione dei pregiudizi diffusi sui Rom. Una mamma, dopo
una di queste lezioni, gli ha detto: «certo dovrebbe invitare in
classe anche chi la pensa diversamente». Come se il pregiudizio
avesse portavoce legittimi. Come se, ha risposto lui, per parlare
dell’antisemitismo invitassi in classe un nazista.
Ma i Rom sono tanti e diversi fra di
loro, come avviene per tutti i popoli. Per questo è importante dare
nome e cognome a qualcuno di loro, imprimere la sua biografia su
carta e raccontare, molto semplicemente, che i Rom hanno anche
mestieri, case, e la loro storia viene da lontano, molto lontano.
Marco Rovelli ha scritto una di queste storie, l’ha fatto insieme a
Moni Ovadia: il libro si intitola La meravigliosa vita di Jovica
Jovic (Feltrinelli, 15€).
Jovica Jovic è un musicista, nato il
24 luglio del 1953, vicino a Belgrado. Il padre caldaista, il nonno
partigiano. Una storia europea del Novecento. Una fra le tante. Unica
come ogni storia. Ricorda la prima volta che la madre l’ha portato
a chiedere l’elemosina in una fattoria poco distante da case. «Non
voglio zingari nella mia casa», dice il padrone, e poi, guardandolo
«Di chi sei figlio? Tu non puoi essere figlio di unaromnì. Sei
bello, ben vestito, non sei un rom».
Jovic ricorda l’umiliazione, la
vergogna, e la scelta fatta in quel momento: non mendicare più. Mai
più. Così ha imparato a suonare la fisarmonica. Così ha vissuto:
Olanda, Belgio, Germania, Inghilterra, Italia. Vivendo in case,
vivendo in baracche, campi ai margini delle città, perdendo un
figlio morto ammazzato o per disgrazia. Morto comunque
nell’indifferenza della legge italiana.
Da bambino anche sua madre gli ha
detto: «se non fai il bravo chiamo gli zingari». «E io dalla paura
restavo sotto al letto per ore. Vedevo arrivare le carovane di rom
con l’orso addestrato a ballare». Rom anche loro ma diversi. Più
poveri, nomadi. Costretti a migrazioni forzate da secoli: dall’India
verso ovest.
Alla fine del Trecento si fermano nel Peloponneso, in
una terra conosciuta come il piccolo Egitto, egiziani dunque, da cui
gypsy, gitani. In Italia dal Quattrocento. Maniscalchi, battitori di
ferro e di rame, allevatori di cavalli. Ma anche divinatori,
musicisti, danzatori. Invisi alle comunità cristiane. Perseguitati
dalla Chiesa romana. Perseguitati dagli stati nazionali per la loro
pelle scura, e l’irriducibile volontà di non annullare le loro
tradizioni, differenze, vite al punto che Massimiliano I d’Asburgo
emanò un editto secondo cui “ammazzare e bruciare gli zingari non
costituisce reato”.
Bruciati anche loro, come gli ebrei, nelle
camere a gas di Auschwitz: mezzo milione, anche se la cifra esatta è
impossibile da ricostruire per la mancanza di documenti di intere
comunità. Un olocausto contemporaneo, poco noto, spesso dimenticato.
Il racconto di Rovelli e Ovadia, la vita difficile e meravigliosa di
Jovica Jovic è dunque un importante contributo che restituisce voce
a soggetti tradizionalmente “giudicati senza essere conosciuti”.
Il fatto che l’abbia pubblicato un
editore come Feltrinelli lascia sperare in una sua diffusione ampia,
stupisce negativamente dunque che nelle librerie che portano lo
stesso nome sia nascosto negli scaffali dedicati alla musica. Quando
invece è una cronaca, una storia, un romanzo da tenere in vista,
bene in vista e a lungo. di Vanessa Roghi
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