Lunedì 25 novembre è stato sgomberato il
“fortino” di via Montefeltro-Brunetti occupato da circa 700 rom
rumeni, risultato della fallimentare chiusura del campo regolare di
via Triboniano e degli ultimi sgomberi di questa amministrazione. 240
persone hanno accettato la proposta del Comune di essere accolti nei
centri di accoglienza, per gli altri - oltre 400 tra uomini donne e
soprattutto bambini - c’è solo la ricerca di un altro ricovero di
fortuna in attesa del prossimo sgombero. Tutto si è svolto con
ordine, quindi cosa c’è che non va?
Prima di tutto si rendono più gravi
situazioni già difficili vista l’arrivo dell’emergenza freddo.
Come ogni anno tutte le associazioni laiche, religiose, di rom hanno
chiesto una moratoria di queste operazioni per l’inverno, perché
le condizioni di queste comunità non diventino tragiche. Ma invano.
In secondo luogo è necessario
riflettere sulla scelta di un meccanismo che è destinato a non
portare risultati nonostante il costo elevato - sono previsti 4
milioni di euro in due anni – perché, ribadiamo, gli sgomberi
senza soluzioni alternative non hanno risolto il problema con De
Corato e non lo risolvono ora. I rom degli insediamenti spontanei
sono più di 2000, i posti nei centri di accoglienza sono 120 in via
Barzaghi e 148 nel nuovo centro di via Lombroso
In questi centri si può stare fino a
200 giorni durante i quali dovrebbero nelle intenzioni
dell’amministrazione, essere avviati percorsi di inserimento
abitativo, lavorativo e scolastico. Ma trascorsi i 200 giorni quelli
di via Barzaghi vanno in via Novara (centro per rifugiati) per
lasciare posto ai nuovi sgomberati in attesa che scadano i termini
per quelli di via Lombroso, che a loro volta lasceranno il posto ad
altri sgomberati in un carosello di gente che gira dal campo a un
centro poi a un altro centro per tornare alla fine del giro al campo
e magari ricominciare tutto da capo perché nonostante i numeri
esigui non ci sono risultati per quanto riguarda casa e lavoro. Di
fatto, oltre alla generale difficoltà per la crisi, se non si ha un
lavoro certo (95% la percentuale di disoccupazione tra i rom) non si
trova una casa e se non si ha una casa, cioè una residenza, non si
trova lavoro.
Un altro carosello infernale che non si
può alleviare con l’assistenza temporanea offerta, senza
dimenticare il peso determinante che gioca la discriminazione e il
pregiudizio nei confronti dei rom che li esclude a priori dal
ricevere offerte di lavoro.
Ci vogliono quindi politiche diverse,
strumenti diversi, sui quali convogliare le risorse disponibili ed è
questo l’invito che la Consulta Rom e Sinti di Milano rivolge con
urgenza all'amministrazione della nostra città. di Consulta Rom e Sinti di Milano
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