mercoledì 27 novembre 2013

Milano, un altro sgombero di massa alla vigilia dell’inverno

Lunedì 25 novembre è stato sgomberato il “fortino” di via Montefeltro-Brunetti occupato da circa 700 rom rumeni, risultato della fallimentare chiusura del campo regolare di via Triboniano e degli ultimi sgomberi di questa amministrazione. 240 persone hanno accettato la proposta del Comune di essere accolti nei centri di accoglienza, per gli altri - oltre 400 tra uomini donne e soprattutto bambini - c’è solo la ricerca di un altro ricovero di fortuna in attesa del prossimo sgombero. Tutto si è svolto con ordine, quindi cosa c’è che non va?

Prima di tutto si rendono più gravi situazioni già difficili vista l’arrivo dell’emergenza freddo. Come ogni anno tutte le associazioni laiche, religiose, di rom hanno chiesto una moratoria di queste operazioni per l’inverno, perché le condizioni di queste comunità non diventino tragiche. Ma invano.


In secondo luogo è necessario riflettere sulla scelta di un meccanismo che è destinato a non portare risultati nonostante il costo elevato - sono previsti 4 milioni di euro in due anni – perché, ribadiamo, gli sgomberi senza soluzioni alternative non hanno risolto il problema con De Corato e non lo risolvono ora. I rom degli insediamenti spontanei sono più di 2000, i posti nei centri di accoglienza sono 120 in via Barzaghi e 148 nel nuovo centro di via Lombroso

In questi centri si può stare fino a 200 giorni durante i quali dovrebbero nelle intenzioni dell’amministrazione, essere avviati percorsi di inserimento abitativo, lavorativo e scolastico. Ma trascorsi i 200 giorni quelli di via Barzaghi vanno in via Novara (centro per rifugiati) per lasciare posto ai nuovi sgomberati in attesa che scadano i termini per quelli di via Lombroso, che a loro volta lasceranno il posto ad altri sgomberati in un carosello di gente che gira dal campo a un centro poi a un altro centro per tornare alla fine del giro al campo e magari ricominciare tutto da capo perché nonostante i numeri esigui non ci sono risultati per quanto riguarda casa e lavoro. Di fatto, oltre alla generale difficoltà per la crisi, se non si ha un lavoro certo (95% la percentuale di disoccupazione tra i rom) non si trova una casa e se non si ha una casa, cioè una residenza, non si trova lavoro.

Un altro carosello infernale che non si può alleviare con l’assistenza temporanea offerta, senza dimenticare il peso determinante che gioca la discriminazione e il pregiudizio nei confronti dei rom che li esclude a priori dal ricevere offerte di lavoro.


Ci vogliono quindi politiche diverse, strumenti diversi, sui quali convogliare le risorse disponibili ed è questo l’invito che la Consulta Rom e Sinti di Milano rivolge con urgenza all'amministrazione della nostra città. di Consulta Rom e Sinti di Milano

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