lunedì 7 novembre 2016

Milano, aggredito perché la moglie è una “zingara” che va in televisione

Il 4 novembre scorso a Milano è stato perpetrato un crimine d'odio contro Paolo Cagna Ninchi, Presidente dell'associazione Upre Roma. La Comunità sinta mantovana, Sucar Drom e l'Istituto di Cultura Sinta abbracciano Paolo e Dijana, chiedono alle Autorità di trovare il colpevole dell'aggressione razzista e di proteggere la famiglia Cagna Ninchi. Di seguito il comunicato stampa di Upre Roma

La sera del 4 novembre a Milano il presidente dell’associazione UPRE ROMA (impegnata in attività e progetti contro la discriminazione e per l’inclusione della comunità rom) Paolo Cagna Ninchi è stato aggredito sotto casa da una persona a lui sconosciuta che lo insultava perché sua moglie “è la zingara che va in televisione”. Si tratta di Dijana Pavlovic, nota attivista Rom che da tempo è minacciata e molestata sia sui social network, sia nel quartiere nel quale vive.

Il presidente di UPRE ROMA ha riportato una lesione al timpano dell’orecchio sinistro con conseguente intervento chirurgico e lungo decorso di guarigione.

Si tratta di un crimine d’odio come tanti altri che i rom e i non rom che “li difendono” (che nella classifica della mentalità razzista sono peggio dei rom stessi) subiscono. Una famiglia normale con un bambino di 7 anni che abita in una periferia di Milano è costretta da tempo a vivere nella paura di scendere sotto casa per portare fuori il cane o a fare la spesa nel supermercato per il solo fatto che è classificata come una famiglia zingara.


Denunciamo come associazione questo crimine a palese sfondo razziale attuato in un clima di odio e di insofferenza che sfoga il proprio malessere sulla fragilità altrui, immigrati o “zingari” che siano, chiediamo a UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale) che intervenga con decisione nel condannare i crimini d’odio e che si impegni per migliorare la legislazione che condanna questi crimini.

Infine sollecitiamo l’amministrazione di Milano, che ha speso grandi parole durante la campagna elettorale sulle periferie, a passare ai fatti. La zona viale Ungheria, luogo dell’aggressione e luogo di mescolanze umane, culturali, di condizioni materiali diverse è abbandonata a se stessa, mai una volante di polizia e di polizia locale (come viceversa nella vicina Santa Giulia, fiore all’occhiello dell’amministrazione e luogo socialmente omogeneo e super protetto), nessuna telecamera, nessun presidio sociale per giovani o anziani, nessun servizio socio-culturale (nello spazio di 100 metri ci sono si ben cinque bar, luoghi diciamo così di “aggregazione di bravi italiani” – macchinette mangiasoldi, risse tra ubriachi, eccetera - ma per comprare un libro o per andare a un cinema bisogna prendere il tram o la metro).

C’è bisogno non di costosi progetti di “riqualificazione urbana” intesi come interventi immobiliari, ma in meno costosi ma più rapidi ed efficaci interventi sulla vivibilità umana di posti che, come viale Ungheria, sono luoghi di solitudine spirituale, di vuoto sociale e culturale che producono esclusione, insofferenza e odio.

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