E' morto Zygmunt Bauman, filosofo e
sociologo polacco che ha spiegato a tutti e tutte noi la post
modernità della società contemporanea. E' una grande perdita perché
la sua voce in questi ultimi anni si levava contro l'Europa e
l'Occidente dei muri e del razzismo. In questo triste giorno vi
riproponiamo la metafora del giardino, tratta dal libro Modernità e
Olocausto in cui Bauman ha spiegato che la discriminazione e infine
l'Olocausto non sono incidenti nel percorso secolare di crescita
dell'Occidente, ma sono inestricabilmente legati alla logica interna
della stessa modernità così come si è sviluppata nella nostra
società.
La cultura moderna è una cultura del
giardinaggio. Essa si definisce come il progetto di una vita ideale e
di un perfetto ordinamento della condizione umana. A ben guardare,
essa definisce se stessa e la natura, nonché la distinzione tra le
due cose, attraverso la propria radicata diffidenza verso la
spontaneità e la propria aspirazione a un ordine migliore,
necessariamente artificiale.
A prescindere dal progetto complessivo,
l'ordine artificiale del giardino richiede strumenti e materie prime.
Inoltre ha bisogno di essere difeso dal costante pericolo costituito,
ovviamente, dal disordine. L'ordine, concepito anzitutto come
progetto, determina poi quali debbano essere gli strumenti, quali le
materie prime, che cosa è inutile, che cosa è irrilevante, che cosa
è dannoso, quali sono le erbe infestanti o i parassiti. Esso
classifica tutti gli elementi dell'universo in rapporto a se stesso.
Questo rapporto è l'unico significato
che esso concede loro e che tollera, è l'unica giustificazione
dell'azione del giardiniere, differenziata in funzione di quel
rapporto. Dal punto di vista del progetto tutte le azioni sono
strumentali, mentre tutti gli oggetti dell'azione sono o mezzi o
impedimenti.
Il genocidio moderno, analogamente alla
cultura moderna in generale, può essere concepito come il lavoro di
un giardiniere. È semplicemente uno dei tanti compiti che devono
essere svolti da quanti trattano la società come un giardino. Se il
progetto di un giardino definisce le proprie erbe infestanti, allora
vi sono erbe infestanti dovunque vi sia un giardino. E le erbe
infestanti vanno sterminate. Sradicarle è un'attività creativa, non
distruttiva. Non differisce per sua natura da altre attività che
contribuiscono alla costruzione e alla conservazione del giardino
perfetto.
Tutte le immagini della società come
giardino definiscono alcune parti dell'ambiente sociale come erbe
infestanti umane. Analogamente alle altre erbe infestanti, esse
devono essere isolate, arginate, bloccate nella loro propagazione,
rimosse e tenute fuori dai confini della società; se tutti questi
mezzi si rivelano insufficienti, esse devono essere sterminate.
Zygmunt Bauman, Modernità e Olocausto,
Il Mulino, 1992, pagine 135 e 136
Foto del settembre 2012 al Festival Letteratura di Mantova
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