Campo di concentramento di Agnone |
Oggi, Il Giorno della Memoria,
in molte città italiane si commemora non solo la Shoah ma anche il
Porrajmos, la persecuzione su base razziale subita dalle persone
appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom. In questi anni
il Porrajmos (divoramento) o Samudaripen (tutti morti) sta uscendo
dall'oblio, grazie anche al lavoro che dalla fine degli Anni Novanta
l'Istituto di Cultura Sinta e l'Associazione Sucar Drom hanno portato
avanti con la pubblicazione di quattro libri, una mostra
fotografica/documentaria, diversi video, il museo virtuale e
tantissimi incontri divulgativi organizzati e tenuti sopratutto nel
Nord e nel Centro Italia.
Oggi sappiamo senza più nessun dubbio
che il fascismo, in Italia, e il nazismo, in Germania, hanno costruito
una propria “scienza razziale”, su base spirituale/biologica in
Italia (Renato Semizzi e Guido Landra) e su base
biologica (Ritter e Justin) in Germania. L'undici settembre 1940 il
Governo italiano ha ordinato a tutti i Prefetti del Regno d'Italia di
arrestare e internare in appositi campi di concentramento tutte le
famiglie sinte e rom, soluzione caldeggiata da Guido Landra
nell'articolo “Il problema dei meticci in Europa” pubblicato
sulla rivista “La difesa della razza”.
Le testimonianze raccolte in questi
anni, per esempio dai sinti sopravvissuti al campo di Prignano sulla
Secchia (MO), ci hanno fatto conoscere alcuni aspetti della vita nei
campi italiani. Si mangiava pochissimo e durante l'inverno si pativa
il freddo. A Prignano, per esempio, gli uomini venivano prelevati e
portati a spaccare pietre da usare per fare la manutenzione delle
strade. E sappiamo che sempre a Prignano i Carabinieri tutti i giorni
contavano le persone internate. A Prignano sulla Secchia non si era
al confino, ma in un campo di concentramento.
Dopo l'8 settembre 1943 si scappa dai
campi quando collassa il sistema concentrazionario fascista, dove
sono internate le famiglie sinte e rom. Ma nel Nord Italia con la
formazione della Repubblica di Salò iniziano i feroci rastrellamenti
che portarono sinti e rom nei campi nazisti. Grazie al progetto
Memors oggi sappiamo che sui convogli diretti dall’Italia verso
Dachau, Buchenwald, Mauthausen, Ravensbruck c’erano anche rom e
sinti come i Gabrielli, gli Held, i Brajdic, i Levakovich, i Pavan,
arrestati in Italia perché “zingari” e registrati nei campi
nazisti come “asociali”.
La ricerca sul Porrajmos in Italia non
è conclusa perché mancano ancora da ricostruire tante storie e
individuare tutti i luoghi di internamento, ma purtroppo ne i privati
ne il pubblico sono disposti a finanziare la ricerca. Nel frattempo
gli anni passano inesorabilmente e le memorie si perdono. In Italia,
per altro, non si è riusciti ancora a trovare i fondi per offrire
alle scuole una didattica sul Porrajmos.
Negli ultimi anni in Italia alcune
persone equiparano il Porrajmos alle discriminazioni che oggi
subiscono molte persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta
e rom. In particolare vengono accostati gli attuali “campi nomadi”
ai campi di concentramento fascisti e nazisti. Lo ritengo un grave
errore storico e politico, perché il Porrajmos è unico. La sua
unicità non deve mai essere messa in discussione.
Oggi in Italia le persone appartenenti
alla minoranza linguistica sinta e rom subiscono discriminazioni e in
alcune situazioni vi sono gravi violazioni dei diritti umani. Ma scrive
il Governo italiano: «[…]
è necessario superare l'approccio di tipo assistenzialista e/o
emergenziale ed attuare misure adeguate e specifiche, affinché siano
pienamente affermati l'uguaglianza, la parità di trattamento (art. 3
della Costituzione italiana) e la titolarità dei diritti
fondamentali e dei doveri inderogabili (art.2 della Costituzione
italiana). Il richiamo all'articolo 3 della Costituzione, che
riconosce la pari dignità sociale a tutti i cittadini, appare
essenziale per la condizione dei Rom, Sinti e Caminanti, popolazioni
spesso discriminate, emarginate e stigmatizzate»*.
E' però ineludibile interrogarsi sul
valore de Il Giorno della Memoria in Italia. E' giusto
commemorare il Porrajmos con quelle Istituzioni che non combattono le
discriminazioni che colpiscono ancora oggi le persone appartenenti alla
minoranza linguistica sinta e rom? Credo sia una domanda ineludibile da porsi e da porre ai politici, a chi guida le Istituzioni e
a tutta la società civile.
Primo Levi non si stancava di ripetere
“Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria. La
peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia: sarebbe sciocco
negarlo". Ecco, è compito di ognuna e di ognuno di noi
combattere l'infezione, ovvero la discriminazione che ancora colpisce
le persone appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom. di
Carlo Berini
* Strategia nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei camminanti
* Strategia nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei camminanti
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